
È la notte di Capodanno del 1753. In una losca taverna di Londra alcuni avventori commentano con accenti di colorito disappunto l’avvento del nuovo calendario gregoriano, che fa cadere la fine dell’anno undici giorni in anticipo rispetto al secolare calendario giuliano, creando confusione in tutto il paese. Tra essi, Harley l’Imbrattacarte, noto in città per i suoi resoconti giornalistici di processi e le popolarissime biografie di condannati a morte, nonché prolifico autore di opuscoli e di dotte traduzioni dal latino, benché il suo talento di scrittore non gli renda abbastanza da vivere. All’uscita della taverna, Harley scopre il cadavere di una donna elegantemente vestita e orribilmente sgozzata, abbandonato in mezzo alla neve, derubato dei suoi gioielli su un solo lato del corpo. Sarà stato il ladro a ucciderla, o altri misteri si celano dietro quella morte? La divorante curiosità di Harley e la sua compassione lo spingeranno a indagare, coinvolgendolo in un complicato intrigo in cui la Londra dei bassifondi e i salotti dell’alta società sono ugualmente popolati da personaggi ambigui, e persino la giustizia può essere indotta a compiere errori fatali. Con la consueta maestria nel ricostruire ambientazioni storiche, e senza mai perdere il tono ironico cui ha abituato i suoi lettori, Margaret Doody ci propone un eccentrico “investigatore” alle prese con omicidi misteriosi in una gelida Londra settecentesca.
Recensione
Il mio mestiere è informare, ed esprimere il mio pensiero in fatto di politica, pettegolezzi, timori, mode, balli e impiccagioni. E la mia fama è coronata da un numero prodigioso di Vere vite, Ultime parole e Rivelazioni in punto di morte di grande successo.
Ecco, quali parole migliori per descrivere chi è Harley l’Imbrattacarte, se non le sue?
Un uomo squattrinato, dai capelli ispidi e neri venati di grigio, alla perenne ricerca del modo di racimolare qualche scellino per andare avanti, scrive tutto ciò che può essere utile e traduce Virgilio con maestria, tanto da renderlo un protagonista colto, brillante ed eccentrico, che tanto cozza con la società che lo circonda, fatta di nobiltà corrotta e ignorante e di gente dei bassifondi pronta a tutto.
Un uomo, però, che ha molto più della necessità di una paga a spingerlo avanti, avvolto nel suo vecchio cappotto verde, ma anche curiosità e senso di giustizia. Difficile non lasciarsi trasportare dalla sua mente e dai percorsi che brillantemente crea, al fine di svelare il mistero che dalla prima gelida notte del nuovo anno gregoriano, 1753 , lo ha coinvolto, al punto da renderlo non solo un eccentrico detective ma anche un complice inconsapevole di questo mistero.
La trama risulta coinvolgente soprattutto dal punto di vista storico, la netta contrapposizione col nostro tempo salta subito all’occhio: oggi viviamo in un’epoca in cui la prova schiacciante deve essere scientifica, qui viene descritta una Londra in mano a giudici dalle facili impiccagioni, in cui una giustizia molto sommaria indaga in modo superficiale, ci si affida a testimoni e ricostruzioni dubbie e le condanne a morte sono spettacoli a cui la gente partecipa molto volentieri.
La Doody è bravissima ad esprimere la solitudine di chi vive questi momenti, a farci empatizzare con loro, racconta di una donna che accompagna il suo uomo al patibolo tenendogli la mano, mentre intorno sono sputi e insulti, o di un uomo che ride in faccia a quella corda bevendo il suo ultimo boccale di birra! Immagini vivide di un’epoca dura.
Altro punto di forza è la descrizione dei luoghi, il Dog and Manger, ad esempio, è un pub, nodo focale di tutta la vicenda, descritto magnificamente, sembra quasi di sentirne il puzzo di sporco e birra, di fumo e legno, di polvere e piscio, ed è proprio da qui che partirà la vicenda, per andare in giro per la città, con vivide descrizioni di aule di tribunale, di gioiellerie, di sponde umide e barche catramate.
Non solo gli omicidi avvolgono le freddi notti di Harley, ma anche le braccia di una donna, in un amore appena accennato che ci regala, oltre ad un momento di tenerezza in mezzo a efferati delitti, anche un aspetto in più sulla psicologia del nostro protagonista, che a fine lettura ci sembrerà di conoscere come un vecchio amico.
Raccontare un giallo senza svelare nulla sugli omicidi non è cosa facile, basti sapere però che in questo caso il protagonista dovrà misurarsi con ogni genere di uomo. L’autrice costruisce una trama a più livelli, intrecciando molte storie diverse, con persone dalle vite non semplici, che solo un temperamento arduo come quello di Harley riuscirà a districare.
Margaret Doody è riuscita a rendere vivida questa storia, proprio come un pittore con un quadro, in un giallo dai colori freddi e nebbiosi, in un concatenarsi di scene drammatiche e toni ironici, che merita di essere letto con attenzione, perché il colpevole è lì tra le righe, ma non è facile riconoscerlo.
Autrice
Margaret Doody, canadese, è stata docente di letteratura comparata, celebre per i suoi romanzi con protagonista Aristotele nei panni di detective, Sellerio editore. Con Mondadori ha pubblicato la raccolta L’impiccagione di Ann Ware e altre storie (2020) , in cui il protagonista di questa storia compare per la prima volta.
