Le origini del giallo italiano
Verso la fine degli anni ’30, lo scrittore e critico letterario Alberto Savinio, scriveva: “Il giallo italiano è assurdo per ipotesi. Prima di tutto è un’imitazione e porta addosso tutte le pene di questa condizione infelicissima. Oltre a ciò manca al “giallo italiano”, “et pour cause”, il romanticismo criminalesco del giallo anglosassone. Le nostre città tutt’altro che tentacolari e rinettate dal sole non “fanno quadro al giallo” né può “fargli ambiente” la nostra brava borghesia. Dove sono i mostri della criminalità, dove i re del delitto?”
Questa dichiarazione, letta oggi, fa sorridere. Quasi tutte le nostre città hanno “fatto quadro” a gialli, spesso ambientati nella “brava borghesia”, frequentati da mostri che non hanno nulla da invidiare agli affini anglosassoni. Dalla Milano di Tuzzi, Biondillo e Dazieri, La Torino di Pandiani e Oggero, Trieste di De Falco, il Veneto di Carlotto, Parma di Varesi, Bologna di Macchiavelli, la Versilia di Simi, Roma di Manzini, Bari di Carofiglio, Napoli di De Giovanni, la Sicilia di Camilleri, solo per citare alcuni degli scrittori contemporanei che ambientano con successo le loro narrazioni in città italiane, teatro perfetto di storie gialle, nere, spesso frequentate da mostri della criminalità forse più credibili di alcuni colleghi stranieri.
Vorrei accompagnarvi alla scoperta dei primi autori italiani che si sono cimentati nella scrittura di genere, partendo da Emilio De Marchi per poi proseguire con Augusto De Angelis, Leonardo Sciascia, Emilio Gadda, Giorgio Scerbanenco, per chiudere con il grande Loriano Macchiavelli.