Marcello Simoni: La dama delle lagune

3.8
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Anno Domini 807, foce del fiume Po. In seguito a una violenta tempesta, le lagune di Comaclum restituiscono un antico sarcofago di piombo che custodisce il corpo incorrotto di una fanciulla. Un miracolo, secondo il vescovo Vitale. Un cattivo presagio, invece, per l’abate Smaragdo, che si troverà diviso tra l’obbligo morale di svelare il mistero e la necessità di proteggere un segreto legato alla sua famiglia. Il contrasto per il potere infiamma il castrum e sconvolge le vite dei suoi abitanti, come il magister piscatorum Bonizo e suo figlio, l’ambizioso Grimoaldo, il giovane orfano Eutichio, il falegname Gregorius dall’oscuro passato e Partecipazio, il viscido diacono della cattedrale, detto “Mano di Legno”. Proprio nel momento in cui le tensioni tra l’imperatore Carlo Magno e la lontana Bisanzio minacciano di attirare un vento di guerra sulla piccola Comaclum, tra le insulae dell’abitato inizierà ad aggirarsi l’ombra di una ragazza. Forse uno spirito inquieto, forse una fuggiasca in cerca di protezione.

RECENSIONE

Per leggere un thriller/romanzo storico deve piacere la storia, la sua essenza, i suoi personaggi, la storia dentro la storia. Per scrivere un racconto a cui la storia fa da cornice bisogna saper catturare l’attenzione del lettore perché la Storia, di per sé, già la cattura. E l’alto medioevo è uno dei periodi più belli e intriganti, per gli amanti della Storia.

Leggendo e avendo scritto io stessa di storia, sebbene molto più antica, ho sempre un approccio abbastanza critico, ma del resto con tutto, verso il racconto, la trama, l’ambientazione, i personaggi… verso la storia.

Marcello Simoni scrive un libro, un buon libro. Un racconto storico, misterioso o, forse, un tentativo di sfociare nel misterico.

La dama delle Lagune non è un thriller vero e proprio. Simoni non scrive un libro violento, non narra di indagini, non ci sono delitti oscuri, ci sono morti inspiegabili.

Simoni apre una finestra su quello che era la vita nell’alto medioevo, pochi anni dopo l’incoronazione di Carlo Magno. Comaclum (la piccola onda), che sorge su tredici isole, che risente della dominazione longobarda poi carolingia, è un fiorente centro commerciale e anche di potere. Il sale, la sua ricchezza più importante. E da lì lo scontro con Venezia, la rivale filobizantina, ma non del tutto. Uno scontro che si protrasse per molto tempo e che vide Comaclum saccheggiata e data alle fiamme. L’autore racconta fatti documentati. Un grande pregio.

Puntuale nei riferimenti, nella terminologia, nella descrizione. Favorito certo dal fatto di essere nato a Comacchio e di conoscerne bene la storia.

Sullo sfondo Simoni ci parla di un periodo di guerre, di lenta trasformazione, di grandi condottieri, di lotte per il potere. Non è sicuramente un’epoca oscura. Tutt’altro. È un’età affascinante, le abbazie che si stanno costruendo, i monasteri, i grandi condottieri e i grandi sovrani, la chiesa, il sapere. Transizione e cambiamento.

In un narrato preciso e attento, mai pesante, tutto ciò emerge; affiora, con autorità, il quadro storico descritto dal’autore, Comaclum, patria di Simone, la lotta contro Venezia, i longobardi, Bisanzio e Karolus (Carlo Magno), re dei Franchi, re dei Longobardi e da poco proclamato Imperatore del Sacro Romano Impero.

La Chiesa, l’altro grande potere, non solo spirituale. I vescovi, gli abati… non si pensava solo a confortare i deboli, a dare rifugio ai poveri, a convertire le anime…. No, erano dei veri centri di potere temporale. L’uomo vive dentro una comunità, che è rappresentata dalla corporazione, dalla chiesa. E i monasteri erano spesso in conflitto per questioni di confine, per la terra, per le rendite. Il monastero, l’abbazia raccoglie la ricchezza, si favorisce il culto dei santi e delle reliquie, sinonimo di ricchezza per l’abate o il vescovo di turno. Abbiamo la clericalizzazione del sapere, la cultura è il prodotto di uomini di chiesa.

In questo quadro abbiamo Comaclum, teatro del racconto. Tre abbazie, tre religiosi, un vescovo e due abati.

Tutti, come la storia vuole, devono rispondere al loro signore, al re a Karolus. Siamo nell’anno domini 807, e ancora Bisanzio fa sentire la sua voce.

Una teca. Un segreto.

In questo scenario si assiste al ritrovamento, fortuito, di una teca di piombo che custodisce le spoglie di una ragazza dai capelli rossi distesa su un letto di fiori. Forse origini nordiche, celtiche? Si ritorna ad un passato e credenze ancora più antiche, dure a morire e all’epoca, per molti, sconosciute. La teca è il motivo di uno scontro terreno e divino, fra il bene e il male. Sta di fatto che chi è venuto in diretto contatto con la dama muore (un vago ricordo della cosiddetta maledizione di Thuthankamon, il giovane faraone della XVIII dinastia, la cui tomba fu scoperta da H. Carter nel lontano 1922). Un quadro che ci riporta ai Druidi, alle sacerdotesse di Avalon e alla sua Signora, la dama del lago, alla Bradley e ai suoi meravigliosi racconti, che hanno incantato e stregano ancora oggi.

Ma se da una parte si pone l’accento sul non dar adito al carisma della dama, alla superstizione, al non attribuire ad essa poteri divini, dall’altra c’è chi maneggia e briga per appropriarsene e gridare al miracolo e alla beatificazione.

A Comaclum, infatti, ci sono tre abbazie e nessuna reliquia. Averne una significa ricchezza e si scatena la lotta per il possesso della teca. Da questa lotta interna, fra vescovi e abati, si entra in un conflitto più grande, quello per la stessa sopravvivenza di Comaclum.

E Simoni riesce a caratterizzare sufficientemente bene i personaggi.

Smaragdo, l’abate dell’Aula Regia, di origine longobarda, portamento e altezza lo contraddistinguono. Devoto e rigoroso, fedele all’imperatore, coraggioso. Guida i suoi monaci e il suo gregge con forza e determinazione. È un ex cavaliere che ha lasciato la spada per la fede, come spesso accadeva in quest’epoca di monaci e cavalieri.

Vitale, il vescovo. Lussurioso, brama ricchezza, la sete di potere lo governa. Commercio, pesca e le saline. Comaclum è ricca e lui vuole il potere. Non particolarmente scaltro, senza il suo cerchio fidato di consiglieri, particolari, poco sarebbe. Fa quasi pena nella sua indecisione. Vuole la teca per attirare i fedeli, per attirare ricchezza, costi quel che costi.

L’abate Teodoro, bizantino come tradisce il nome. Figura ambigua, e ben ci sta in questo contesto, sempre defilato, mai si espone. Forse Simoni doveva dar maggior spicco a questo personaggio, quantomeno per dare più peso ad una trama abbastanza leggera. Qual è la parte di Teodoro? Anche lui ambizioso, la sua abbazia è piena di libri, invidiata da Smaragdo che, contrariamente agli altri due, vive nell’umiltà. Dove lo porterà la sua ambizione?

E poi i cooprotagonisti, primo fra tutti Gregorius, il falegname di Comaclum. Lo è veramente? Una fibula tradisce il suo status e la sua origine, non certo umile. Stimato e nelle grazie di Smaragdo è un uomo saggio e leale, il suo aiutante, Eutichio, il guardiano di polli, per il quale si intravedono, come d’uopo, grandi progetti.

Tutti i personaggi in questo racconto nascondono qualcosa, tutti hanno un segreto, anche i monaci, anche Lupicino.

Seguono i cattivi. Bonizo, uno dei tredici milites, e suo figlio Grimoaldo, arrogante, stupido, vigliacco, rancoroso e vendicativo. Non assomiglia al padre per capacità, Romilda, astuta e calcolatrice, Partecipazio, viscido come una serpe.

Simoni scrive una novella piacevole, ci dà un breve scorcio, ma preciso, di un medioevo intrigante e violento, narrato in modo semplice, sebbene a tratti poco approfondito e fantasioso. La Vecchia strega, ad esempio, che vive nella foresta. Pratica la magia, anche quella nera, vendicativa (perché? Al lettore la risposta. Rimarrete sorpresi), descritta quasi in modo grottesco, capelli bianchi e volto pieno di verruche, un ritratto esilarante, ricorda la strega di Biancaneve.

La teca ricoperta di antichi simboli, che viene da tempi remoti, che riporta in vita arcaiche credenze, popoli più antichi. Custodisce il bene o imprigiona il male?

Questo è il racconto di Simoni. Mi è piaciuto? Sì e no. Ne La dama della laguna… manca un qualcosa.

Come già detto è un bel racconto, tutto è vero, l’attacco a Comaclum, alcuni dei personaggi nominati sono veramente esistiti. Una buona ricostruzione. Tuttavia, alcuni punti sono poco approfonditi. Per chi, come me, ama la Bradley e Follet, avrebbe voluto qualcosa in più. La teca? Quali sono le sue vere origini, perché quei simboli? Certo all’epoca non avevano le conoscenze storico-archeologiche e linguististiche per poter dare una risposta esaustiva o quanto meno credibile, ma qualche parola in più l’avrei spesa. Perché dopo tanto discutere viene abbandonata? Un gap temporale, così come le morti legate ad essa… un espediente in più avrebbe giovato alla trama e al mistero. Anche la figura di Teodoro, l’imperscrutabile, il mistero che lo avvolge, poteva avere più luce per creare qualche colpo di scena inaspettato.

Il finale è abbastanza prevedibile, si intravede già a metà del libro, come la storia richiede. Il mistero della teca rimane irrisolto, deve rimanere irrisolto, non ci sono alternative. La vicenda è la storia, i personaggi devono seguirne i passi. Non poteva essere, a mio avviso, diverso da quello che è. Ma in un’epoca così difficile e dura, di grandi cambiamenti, di trasformazioni, una buona novella, con semplicità e veridicità, getta luce sul passato di Comaclum, su un pezzo della nostra storia. Tuttavia, siamo ben lontani dal grande Umberto Eco, da Il Nome della Rosa, un magnifico libro, una pietra miliare del genere, dove la storia, il mistero, il misterico si incontrano in una trama perfetta e in personaggi incredibili. Guglielmo di Baskerville e Adso del Melk non possono certo essere paragonati ai protagonisti del romanzo di Simoni. Mancano le descrizioni suggestive di Eco dell’abbazia benedettina, dei suoi interni, dello scriptorium, il luogo effettivo della sapienza. Così come la morte misteriosa dei monaci, il manoscritto con le pagine avvelenate. Non dimentichiamo il grande K. Follet de I pilastri della terra e del suo prequel E fu sera e fu mattina. Tom il costruttore, gli accadimenti, un medioevo narrato intorno alla costruzione della cattedrale di Kingsbridge o, in tono minore, Ellis Peter con le indagini di Fratello Cadfael.

Ma Simoni, sicuramente, sa scrivere di storia e lo fa, con stile, eleganza e precisione, consegnandoci, non un capolavoro, ma un bel racconto, una lettura chiara e comprensibile.

Editore: La nave di Teseo
Pagine: 480
Anno pubblicazione: 2022

AUTORE

Marcello Simoni (Comacchio, 27 giugno 1975) è uno scrittore, bibliotecario e archeologo italiano.
Il suo primo romanzo è Il mercante di libri maledetti (2011), seguito da una prolifica serie di saghe e di thriller storici ambientati per la maggior parte nel Medioevo. È anche autore di alcuni saggi incentrati sempre sul Medioevo. È il vincitore del Premio Bancarella 2012.

Marcello Simoni: La dama delle lagune
Concludendo
Simoni ci racconta, con puntualità e leggerezza, storia e mistero
Pro
Scrittura scorrevole.
Contro
Trama semplice e prevedibile.
Alcuni aspetti da approfondire.
3.8
Lineare
Ordina