
Hulda, «la donna nascosta», cela un segreto già nel nome. Ruvida e ribelle, è tra i migliori investigatori della polizia di Reykjavík: a sessantaquattro anni, però, competenza e abnegazione non sono sufficienti, visto che ai piani alti c’è chi è ansioso di mandarla in pensione. Ma Hulda ha dato tutto alla carriera e la prospettiva di dover lasciare il lavoro a cui ha dedicato la sua vita la fa infuriare. Quanto si farà sentire la solitudine? Inevitabilmente, la porta si spalancherà ai vecchi demoni che lei ha sempre ridotto al silenzio. E allora le sue fughe tra le aspre montagne dell’Islanda, per respirare a pieni polmoni la durezza della sua isola, non basteranno più. Ottenuto il permesso di dedicarsi a un’ultima indagine, un cold case a sua scelta, Hulda sa perfettamente qual è il caso che vuole riaprire. Dieci anni prima, una giovane donna, arrivata dalla Russia con la richiesta di asilo politico, era stata trovata morta in una baia non lontana dalla capitale. Le indagini, ingarbugliate e chiuse sbrigativamente da un collega, non avevano portato a una vera soluzione, e ora Hulda vuole dare voce a chi è stato dimenticato troppo in fretta. Vuole la verità. E ha quindici giorni di tempo per trovarla.
RECENSIONE
Hulda ha sessantaquattro anni, sa che tra pochi mesi sarà costretta ad andare in pensione e preferisce non starci a rimuginare troppo. Quando il capo la convoca nel suo ufficio e le comunica che entro due settimane dovrà lasciare il posto a un collega più giovane non la prende affatto bene. Intanto, però, ha la possibilità di dedicarsi a un ultimo caso ed è su quello che si concentra.
Elena era una ragazza russa richiedente asilo politico ed è stata trovata annegata in una baia isolata dal nome impronunciabile un anno prima. Il caso è stato archiviato come suicidio, ma l’ispettrice capisce presto che le indagini sul caso sono state frettolose e superficiali e decide che scoprirà chi l’ha uccisa.
Hulda non mette mai in dubbio il fatto che riuscirà a trovare l’assassino di Elena perché crede in modo totale e assoluto nella giustizia; quella umana che poco ha a che vedere con la legge.
Man mano che la protagonista indaga, il lettore impara a conoscere questa donna solitaria, a tratti spigolosa, a volte impulsiva e di sicuro poco simpatica. Hulda ne ha passate tante e custodisce un segreto inconfessabile, eppure rimane positiva e riesce ancora a guardare con ottimismo al futuro. È una poliziotta esperta, vecchio stampo, tenace al punto di rimanere attaccata all’indagine perfino quando, a causa di alcuni errori, i giorni a sua disposizione scendono a tre.
Accanto alla narrazione principale, l’autore inserisce dei flashback riferiti all’infanzia della protagonista, il che permette di avere una visione completa delle sue debolezze. Ci sono poi alcuni capitoli in corsivo che raccontano al lettore che cosa sia successo veramente a Elena, prima ancora che la stessa Hulda lo scopra.
Di grandissimo fascino l’ambientazione islandese. Le vicende sono sempre strettamente legate a una natura spoglia e selvaggia di incomparabile bellezza.
Alla fine, una sorpresa: il finale si discosta dal filone classico e sorprende il lettore come un pugno nello stomaco, con un tocco di amarezza che costringe a una riflessione profonda sulla vita umana.
Traduzione: Valeria Raimondi
Editore: Marsilio
Pagine: 240
Anno pubblicazione: 2022
AUTORE
Autore tradotto in ventuno lingue e pubblicato in trentadue paesi, Ragnar Jónasson (1976) è uno dei fenomeni del poliziesco più sorprendenti degli ultimi anni, con milioni di lettori nel mondo e un successo che non si ferma. Avvocato e docente di diritto d’autore all’Università di Reykjavík, è membro della UK Crime Writers’ Association e cofondatore di Iceland Noir, festival del giallo nordico. Ha scritto la serie Misteri d’Islanda, pubblicata nella UE Marsilio, e la Trilogia di Hulda, di cui La signora di Reykjavík è il primo episodio, un successo internazionale che la Warner Bros. porterà presto sul grande schermo.
