Ciao ciao commissario di Giacomo Faenza

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Ciao ciao commissario

“E allora lascia perdere, Pirrone, che te ne fotte?» «Ho promesso alla mano di renderle giustizia.» «A chi?!» strabuzzò gli occhi l’avvocato Cacace.

Pirrone svuotò il bicchiere di rosso tutto d’un fiato: «Alla mano che faceva ciao ciao». «Pirrone, tu sei tutto matto!».

Se la mano della vittima vi facesse ciao ciao e vi chiedesse di vendicarla, voi che fareste? Non so voi, ma il commissario Pirrone non ha esitato a entrare in azione.

Di servizio a Roma Nord, appassionato di storia e autori classici, Pirrone ha un modo tutto suo di risolvere i casi.

Sebbene sia un segreto che lui custodisce gelosamente, a voi possiamo rivelarlo: vogliamo chiamarla ispirazione?

Ma no, è molto di più!

Le dritte per risolvere i casi gli arrivano niente meno che da personaggi storici famosi come Cesare, Socrate, Edipo e Mussolini, solo per citarne alcuni.

Mi raccomando, acqua in bocca, nessuno deve saperlo, è un segreto!

Non è invece un segreto che Pirrone sia un idealista insoddisfatto di sé e che sogni un mondo migliore senza soprusi e assassinii in cui non ci sia bisogno di lui (come commissario, s’intende, come cittadino ci terrebbe eccome a vivere in un mondo sì fatto).

RECENSIONE

Ciao ciao Commissario Pirrone, finalmente sei arrivato, ti prego vendicami, trova il mio assassino! Ti prego, fa presto.

La mano si dimostra subito un osso duro per Pirrone, appassionato di storia e autori classici, che traduce le Satire di Orazio in pieno orario di ufficio.

Commissario cultore della lingua italiana, che spesso si rinchiude in un minuto di raccoglimento, “per onorare una così nobile lingua, massacrata con tanta ferocia”, anche dai suoi stessi collaboratori.

L’agente scelto Lo Cascio, trentanove anni vissuti senza infamia e senza lode, e l’agente semplice Esposito, ventottenne maschio alfa, bellimbusto sensibile alle femmine sensibili al fascino della divisa.

Collaboratori che alla fine, si riveleranno tutt’altro, in un ribaltamento di ruoli che … non voglio spoilerare!

La mano di una donna, il cui cadavere viene trovato seppellito in un bosco in Sabina, dà il via ad una lunga serie di incontri fantastici, che danno al commissario Pirrone (che, della sua “stranezza” investigativa, non ha mai fatto parola a nessuno, vista l’alta probabilità, anzi certezza, di essere preso per pazzo) le dritte giuste per risolvere i casi di omicidi.

Ma l’immaginazione è la sua? O la loro?

Visto che questi personaggi si presentano sempre e solo quando pare a loro.

Un fenomeno (o meglio “inscioglibile enigma”, alla Pirrone) assai curioso, che accompagna tutta la narrazione, o indagine, che dir si voglia, trascinando il lettore con umorismo ed esuberanza.

Così Mussolini, infilandosi nel suo ufficio per sfuggire alla cattura dei Carabinieri del Re, capeggiati dal gerarca fascista Dino Grandi, gli racconta a sommi capi dell’omicidio del deputato Matteotti, consigliandogli di cercare gli assassini tra i traditori, e che forse la donna non è la sola ad essere stata ammazzata da parte di forestieri, prima di dileguarsi sui tetti di Roma, tra antenne TV, camini fumanti e nidi di gabbiani.

E poi il divino Giulio Cesare, che gli suggerisce moderni assedi “social”, prima di ritrarsi lievitando in controluce come un dio senza qualità.

E molti altri personaggi classici, letterari, filosofici e storici: Allende, Sepulveda, Socrate …

Non può non piacere questo commissario fuori dai cliché abituali.

Lontanissimo dalla figura del poliziotto “bello e dannato”, Pirrone è un uomo “normale”, più un professore di italiano e latino prestato alla polizia, che un vero e proprio commissario.

Ho provato una forte empatia per quel suo cervello che “pareva ormai una magnifica fruttiera colma da cui traboccavano senza pausa concetti e significati astrusi che gli causavano ansia mista ad apprensione e mal di testa (e provateci voi a vivere così)”.

E ammirato la sua ossessione, ostinata, per il concetto di giustizia, a cui cerca di approdare sempre, senza indizi, senza prove, trovando la soluzione a modo suo.

Ad un commissario particolare, si accompagna una storia altrettanto singolare, con un io narrante, ironicamente onnisciente, parecchio fuori dagli schemi della narrativa di genere crime.

Ciao Ciao Commissario” è anche un giallo, ma non solo un giallo.

Una commedia, che svolta verso il nero, con tanti riferimenti classici e filosofici (il nome stesso del commissario, Pirrone, omaggia il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa), mai stucchevoli, che rendono la velocità narrativa godibile, non adrenalinica certo, ma piacevole.

Commisa’, è d’accordo con me che questo giallo delle escort, non sembrava un giallo fin dall’inizio? Che intendi? Un giallo senza indagine che giallo è?

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Oltre a Pirrone, ed i suoi strani “collaboratori”, protagonista del romanzo è Roma.

“Causa lavori di ogni tipo e bus in fiamme, la capitale si presentava ogni giorno allo stesso modo: sciatta, svogliata, rumorosa, lenta, esausta, senza speranza”.

Le macerie dell’Impero giacciono immobili e silenti da ormai troppo tempo, sostituite da cumuli di spazzatura che danno alla capitale un tocco malinconico di cinema neorealista.

Rifiuti e monumenti, “La sporca metafora di Roma” (peraltro titolo di un recente editoriale sul New York Times).

Giacomo Faenza lo racconta benissimo questo dualismo, quello di una città dalla storia splendente ma di una modernità irrisolta.

Che riflette perfettamente il dualismo del suo commissario Pirrone, uomo moderno, che parla con la storia.

Infine, e a margine, un plauso del tutto personale all’autore: grazie per tutta commozione che mi ha regalato citando il mio conterraneo De André, quel “Testamento di Tito” che, concordo pienamente con Giacomo Faenza, è un contributo all’umanità tutta.

 “Io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore”.

Editore: Ugo Murgia
Pagine: 368
Anno pubblicazione: 2022

AUTORE

Nato a Washington nel 1970, Giacomo Faenza è regista e sceneggiatore, vive attualmente a Roma.
Si è diplomato al liceo classico a Milano, si è laureato in legge a Bologna.

Ha lavorato a Milano per “Radio Popolare”.
Diretto e scritto due cortometraggi: “La donna che adottò suo figlio” e “Gadget Men”.

Collaborato alla sceneggiatura per la puntata unica sulla squadra di calcio del Chievo, e per due puntate sulla vita di Lorenzo il Magnifico.

Diretto spot televisivi a sfondo sociale per conto dell’Associazione Fiumara d’Arte.

Nel 2005 ha collaborato alla sceneggiatura del film “Alla luce del sole” di Roberto Faenza con lo pseudonimo Giacomo Maia.

Dal 2004 a oggi è consulente in Rai.

Ad oggi, non si sa quando morirà né per mano di chi.

Dopo “La mia dea” (2010), “Ciao Ciao Commissario”, appena pubblicato nella collana Giungla Gialla di Mursia, è il giallo d’esordio del regista.

Ciao ciao commissario di Giacomo Faenza
Concludendo
Un giallo alternativo, colto ed avvincente, in una Roma invasa da cinghiali e pattume, canovaccio perfetto per un film poliziesco fuori dagli schemi.
Pro
Ironico
Erudito
Molto "pop"
Contro
Un giallo, che giallo forse non è, a partire dal protagonista, questo commissario visionario che dialoga col “mondo classico” per stanare i colpevoli, penso potrebbe non soddisfare pienamente i “puristi” del thriller.
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