
I grifoni della Maremma
Una saga familiare che racconta la parabola di due intere generazioni, seguendo le vicende di un’Italia dai mille volti, che cade ma sa rialzarsi.
1944, ultimi mesi prima della liberazione da parte degli Alleati. Mario Innocenti ha undici anni e vive con la madre Italia, il padre Beppe e il fratello maggiore Emireno nel cuore della Maremma. Conducono la vita semplice della gente povera durante il periodo di guerra.
La situazione, però, non è destinata a rimanere tranquilla, dato il passaggio delle truppe tedesche e i numerosi rastrellamenti a cui è sottoposta la zona. Anche la famiglia di Mario ne è vittima e Santa, sorella di Italia, improvvisamente scompare.
Quando la guerra finisce, la famiglia decide di trasferirsi in città, a Grosseto, per aprire un bar. Il desiderio di cambiamento è tanto, così come quello di ritornare a una vita piena che non sia solo sofferenza e sacrificio.
Gli anni passano e un’estate gli Innocenti conoscono i Coppola, una famiglia di Napoli in vacanza nella riviera maremmana con la figlia Rosa. Sono molto distanti a livello sociale, culturale e ideologico, ma questo non impedisce a Rosa e Mario di instaurare quella che da subito sembra ben più di una semplice amicizia.
Un romanzo vivido e profondo tratto da una storia vera.
Le vicissitudini di due famiglie agli antipodi che hanno lo stesso desiderio di rivalsa di un’Italia in pieno fermento politico e sociale.
RECENSIONE
E chi ci ferma più? Noi siamo un esercito. L’esercito dei Grifoni della Maremma.
Non è semplice recensire un romanzo come I grifoni della Maremma, per l’intensità della storia raccontata. O, meglio, “una, nessuna, centomila storie”.
Il libro di Francesco Falconi è certamente una saga familiare, con una forte vena autobiografica. Il manoscritto trovato dal giovane protagonista Federico Innocenti, in piena pandemia, nel marzo del 2020, non è frutto di totale invenzione: l’autore si è infatti lasciato ispirare da un quaderno di “frammenti di vita”, scritto dal padre Marcello, durante un periodo di degenza ospedaliera, in cui il genitore raccontava gli accadimenti della sua infanzia tra Istia e Grosseto.
Non stupisce quindi il realismo, la concretezza, la lucidità con cui Falconi racconta le vicende della famiglia Innocenti, tramite l’espediente narrativo del susseguirsi di due voci narranti, il padre Mario ed il figlio Federico.
Ci affezioniamo subito al piccolo Mario, costretto a crescere velocemente, durante i terribili anni della Seconda Guerra Mondiale.
Solo un bambino che fantasticava di “Una croce nera buona, che non faceva del male, come quella appesa nelle Chiese. E, da qualche parte, anche una svastica gentile”.
Seguiamo con interesse crescente (grazie alla fluidità della scrittura) le vicissitudini di Mario, dei fratelli, Emireno e Rodolfo, del padre “padrone” Beppe, della madre Italia e della zia Santa (due protagoniste femminili determinanti per i destini della famiglia), identificandoci nelle loro caratteristiche caratteriali (sempre ben definite) o nelle scelte di vita.
Accogliamo con curiosità l’arrivo di un’altra famiglia, quella dei Coppola, con il suo carico di “napoletanità”, che, grazie a Rosa (che diventa compagna prima, e poi moglie di Mario), s’intreccia con i maremmani Innocenti,
Due differenti modi di vivere e di ceto sociale, che sanno fondersi, e dare nuovi impulsi alla storia: colpi di scena, svolte repentine, altri frammenti di vita.
Ci immedesimiamo soprattutto nella fragilità di Federico, figlio di Mario, una vulnerabilità che ha accomunato tutti (chi più, chi meno), per la prima volta costretti a fare i conti con il nostro peggiore nemico, cioè noi stessi, davanti allo shock dei primi durissimi mesi della pandemia da Covid-19.
E’ vero che l’arte disturba la quiete. Sono la poesia, la musica e la letteratura e tutte le altre mille forme capaci di scuotere l’anima. Sono lettere, parole e frasi che bisbigliano tra le righe, che la sicurezza non esiste. Questa sicurezza che è stata la mia vita. E questa mia vita che è stata solo un’illusione.
I grifoni della Maremma è anche un poderoso romanzo storico, dove la dimensione intima delle vicende personali delle famiglie Innocenti e Coppola viene sapientemente mescolata dall’autore con gli eventi che hanno coinvolto l’Italia in quei decenni che vanno dal 1944 agli anni Ottanta.
Dal buio della Seconda Guerra Mondiale, passando per la Rivoluzione studentesca del 1968, che si trasforma in eversione di stampo terroristico, con le nefandezze delle Brigate Rosse e di Ordine Nero, fino all’attentato del primo papa “globale” della storia, Karol Wojtyla.
Attraverso il personaggio di Federico, poi, c’è spazio anche per le toccanti riflessioni di Falconi sull’evento straordinario più rilevante a livello internazionale del nostro tempo: la pandemia.
Eravamo uniti contro un nemico invisibile. E’ stato bello, sentirsi parte di un tutto. Ed è stato triste notare che è durato come rugiada al sole. La paura di ciò che non conosciamo ci rende ciechi. E nel vuoto, di fonte al diverso, non abbiamo scelta. DOBBIAMO MORDERE. Così siamo tornati alle finestre, ma stavolta non per cantare la libertà e il desiderio di volare. Ci siamo tornati per trovare il colpevole da sostituire a quel male che non riusciamo a vedere e toccare. CI AMIAMO E CI ODIAMO. CI CAREZZIAMO E CI SBRANIAMO.
Storia d’Italia, ma anche storia di Maremma, terra natale di Francesco Falconi, che l’ha visto crescere e che lo rivede comunque, puntualmente tornare.
La Maremma non è più la matrona prostrata. Non è più il bambino morente di malaria. E’ un popolo nuovo.
Già dal titolo, il romanzo si presenta come un inno all’indole fiera dei maremmani, che hanno sempre reagito con vigore, anche a drammi tremendi (a cui l’autore dà ampio spazio), come l’esplosione della miniera di Ribolla del 1954 (dove, in pochi istanti, 43 minatori persero la vita), o la piena del fiume Ombrone del 1966 (l’alluvione della povera gente, che fu presto dimenticata, perché la sfortuna volle che lo stesso giorno l’Arno esondasse, allagando Firenze).
Falconi omaggia tanto la Maremma amara, quanto la Maremma (forse meno nota ai più) ricca di fermento culturale, celebrando nelle sue pagine le figure di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola (autori de I minatori della Maremma), ma anche i grandi “maestri” della letteratura italiana, come Italo Calvino ed Umberto Eco.
Infine, I grifoni della Maremma l’ho trovato anche un romanzo a suo modo “intimista”.
Un inno ai moti dell’animo umano, ai sentimenti e le emozioni, in tutte le loro sfumature.
Quelli capaci di elevare l’uomo al sublime, come la solidarietà, l’impegno civile, l’affetto e la comunanza familiare.
E quelli più bestiali, feroci e irragionevoli, come l’invidia, la brama di denaro, il tradimento, la follia e l’odio.
Perché quando soffia il vento dell’odio, in molti innalzano muri, in pochi costruiscono mulini.
Al di là della saga familiare (intrigante) e della Storia (narrata magistralmente), il romanzo di Falconi ci coinvolge così profondamente perché racconta la quotidianità di ognuno di noi.
Perché la felicità si trova solo scovando quel granello di bene in un deserto di male, una goccia di gioia in un oceano di rancore, come risolvere il teorema dell’odio con una sola variabile: l’amore.
Editore: La Corte Editore
Pagine: 400
Anno pubblicazione: 2022
AUTORE
Francesco Falconi, grossetano di nascita, classe 1976. Laureatosi nel 2002 a Siena, in Ingegneria delle Telecomunicazioni, oggi risiede a Roma, dove lavora come consulente presso un operatore telefonico. Da sempre amante del fantasy, nel 2006 ha esordito nel mondo dell’editoria con la saga fantasy “Estasia”, un successo editoriale che ha venduto migliaia di copie. E non si è più fermato. Nel 2012, è uscito “Muses”, primo volume di una nuova saga edita Mondadori, di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici. Della scrittura dice: “Non è un mestiere. Non è un hobby, né una passione. E’ un’esigenza, di cui non si può fare a meno”.
