Diego Collaveri e i torbidi misteri del passato Livornese

Diego Collaveri

Diego Collaveri

Sono Diego Collaveri, livornese doc, classe 1976 (un’ottima annata, per citare Bilbo Baggins).

L’attitudine a raccontare storie si manifestò da bambino, quando i miei genitori mi regalarono un set di timbrini raffiguranti i supereroi Marvel, con cui imbrattai album e album di deliranti avventure a fumetti.

L’adolescenza portò con sé due grandi interessi, di cui il secondo era la musica.

Suonare la chitarra su di un palco e scrivere canzoni mi ha sempre regalato una sensazione di libertà, anche se ben presto si trasformò in lavoro.

La vita mi ha poi sballottato fino a portarmi a trasformare la scrittura musicale in poesia e narrativa, ma dato che i percorsi lineari non sono una mia caratteristica, mi ritrovai inaspettatamente a lavorare in campo cinematografico come sceneggiatore.

Dopo diversi anni in questo settore, che ho approfondito studiandone tecnica e storia, ho sentito il bisogno di dare un taglio diverso alla mia scrittura e mi sono dedicato alla narrativa.

Sono seguite sedici pubblicazioni, di cui la maggior parte di stampo crime più alcune incursioni in altri generi, con diverse case editrici.

Ad oggi, nonostante i numerosi riconoscimenti ottenuti, proseguo imperterrito la mia carriera di autore costantemente affetto dalla sindrome dell’impostore.

Diego Collaveri è un’artista a tutto tondo.

I delitti di Livorno di Diego Collaveri

Scrittore affermato di Noir, sceneggiatore, musicista, regista di cortometraggi e videoclip e docente di tecniche di scrittura editoriale.

La serie dedicata al Commissario Botteghi ha riscosso l’apprezzamento da parte dei lettori e della critica, valendogli numerosi riconoscimenti.

I delitti di Livorno. Il Commissario Botteghi e l’omicidio del barone Corridi è il recente romanzo che Diego Collaveri pubblica con i Fratelli Frilli Editori.

I delitti di Livorno è un Noir caldo, avvolgente, attraversato dalla tipica ironia della gente labronica e avvincente come un buon giallo classico.

Thriller Life ha letto e recensito il romanzo di Collaveri QUI

Thriller Life ha intervistato Diego Collaveri, che ha gentilmente risposto alle nostre domande.

1. Con I delitti di Livorno – Il commissario Botteghi e l’omicidio del barone Corridi siamo al sesto episodio della serie dedicata al tuo personaggio più famoso. Mario Botteghi mostra le cicatrici di un passato difficile e attraverserà tutte le pagine del libro a cercare di tacitare i suoi tormenti. Quanto è cambiato dai primi libri ad oggi? La sua evoluzione percorre tappe che ti appartengono?

Botteghi è molto cambiato dal primo libro.

Il personaggio ha avuto una sua evoluzione lungo la serie, al di là della singola storia autoconclusiva in ogni romanzo; una rinascita crescente che lo ha portato pian piano a ritrovare un fragile equilibrio di normalità tra tutti i problemi che si porta dietro(morte della moglie, rapporto con la figlia).

Al suo esordio ne L’Odore Salmastro dei Fossi era un uomo allo sbando, solo e ferito, con addosso un peso incofessabile e poca voglia di fidarsi.

Con il susseguirsi delle avventure, si è creato un microcosmo di personaggi che l’accompagnano e che, con la loro presenza e i legami indissolubili intrecciati con il commissario, hanno creato una sorta di pseudo famiglia, riportandolo a una dimensione più vivibile.

Alla fine del romanzo precendete (Il Passato ha un Prezzo) ho voluto creare una battuta di arresto in questo processo, portandolo a sprofondare in una situazione simile a quella in cui si trovava quando l’abbiamo conosciuto.

Metterlo di fronte a una terribile scelta, che si sarebbe potuta ritorcere proprio contro le persone a lui divenute care, l’avrebbe portato a scontrarsi con un conflitto morale. Ecco perché, all’inizio di questo nuovo romanzo, troviamo Botteghi con di nuovo sulle spalle il fardello di dover rinnegare la sua brama di giustizia per salvaguardare gli affetti, e questo lo sta distruggendo.

La depressione nata da una simile frustrazione, lo ha scarventato di nuovo in un abisso autodistruttivo, da cui però sarà proprio la sua consolidata passione per il lavoro che riuscirà a riportarlo a galla.

In questo sta il cambiamento dal personaggio iniziale: la sua capacità di reagire.

Questo mi ha fornito la possibilità di approfondire delle sfaccettature psicologiche che ancora non aveva mostrato ed è stato uno stimolo sia per me, sia (spero) anche per il lettore.

Questa sua evoluzione penso appartenga un po’ a tutti, in fondo solo chi è consapevole dell’abisso in cui cade può risorgerne.

2. Peculiarità di questa serie è la rivincita di eventi passati e nel tempo dimenticati. « Le radici sono importanti » Riportare a galla fatti avvenuti in altre epoche ci ricorda da dove veniamo e quanto il tempo abbia trasformato le dinamiche sociali. Le tue storie donano luce e importanza alle nostre radici; uno sguardo rispettoso il tuo Diego. Segnato sicuramente da uno studio accurato e anche da testimonianze dirette?

La fase di studio è essenziale e non ti nascondo essere anche la mia preferita.

Spero di riuscire a trasmettere la curiosità che provo nell’approfondire e scoprire fatti, personaggi e accadimenti, sepolti in un passato anche relativamente recente, che permettono di vedere luoghi del nostro quotidiano, forse dati per scontati, sotto un’ottica diversa.

Le nostre città si evolvono, mutano e si trasformano senza che ce ne rendiamo conto, anche in archi temporali relativamente brevi.

Per esempio, l’incipit del primo libro L’Odore Salmastro dei Fossi è ambientato nel retro di una chiesa diroccata in una piazza del quartiere “La Venezia” di Livorno; in questa ultima avventura, Botteghi cammina nello stesso luogo, dove oggi sorge il Museo della Città, la chiesa è stata riparata, e numerosi ristoranti sono stati aperti lungo una parte del canale (fosso alla livornese) che è stata ricostruito lungo il tracciato originale, trasformando la zona nel centro della movida notturna cittadina.

3. Si parla spesso dell’indifferenza che noi italiani abbiamo nei confronti del patrimonio artistico e architettonico del nostro Paese. Assuefatti da ciò che ci circonda. Botteghi e il suo girovagare per strade, palazzi antichi e quartieri illustri ci mostra quanto di bello ci sia da vedere nella sua Livorno. Trasmettere la bellezza del tuo territorio è uno degli obiettivi che ti sei prefissato dall’inizio oppure lo è diventato man mano ?

Diciamo che l’embrione di questa idea era già all’interno del primo libro, ma ammetto che è stato nel secondo che questa è diventata preponderante, caratterizzando da lì in poi tutta la serie.

Questa sua originalità ha creato un sottogenere nuovo nel noir metropolitano, in cui la componente storica si intreccia con l’architettura investigativa ambientata ai tempi nostri.

È sicuramente un mezzo per riportare alla luce fatti storici dimenticati, un modo per riappropriarsi di una parte di storia perduta.

Confesso che l’input a seguire questa strada è arrivato soprattutto dai lettori, che alle presentazioni mi raccontavano fatti più o meno noti legati a luoghi della città da utilizzare per le successive avventure di Botteghi.

Non parlerei di indifferenza o assuefazione nei confronti del nostro patrimonio artistico, ma piuttosto troppo spesso di ignoranza dovuta alla mancanza di valorizzazione.

Non si nasce imparati, quindi la storia deve trovare un modo per raggiungerci, altrimenti se ne perdono pezzi. Al contempo dobbiamo anche fare i conti con un patrimonio culturale talmente smisurato, in cui davvero ogni angolo è storia, impossibile da sostenere economicamente da un punto di salvaguardia e valorizzazione.

Un piccolo passo potrebbe essere dedicare un’ora alla settimana a scuola alla storia della propria città, in modo da gettare il seme dell’interesse nelle nuove generazioni.

4. Mariella è un personaggio chiave, trave portante dell’universo emotivo di Botteghi. Ad ogni fumante piatto di tagliatelle ci sorprende con frasi sagge e consolatorie. È la voce della coscienza o ispirata ad una persona reale? 

Diciamo che è la voce amica che tutti vorremo in certi momenti, quella persona cara che, cascasse il mondo, resterà sempre dalla tua parte.

Direi che incarna per me il significato di amicizia.

A questo bisogno del commissario, ho dato le fattezze di una persona reale, una delle zie di mio padre che lavorava come cuoca nel ristorante gestito da alcuni parenti.

La cosa che più mi fa sorridere è che Mariella e il ristorante La Boa hanno creato un altissimo seguito a Livorno, tanto che in tanti vanno alla loro ricerca tra i numerosi locali che ci sono in città.

Quindi, quando deciderò di cambiare attività, mi basterà aprire un ristorante e dargli quel nome in modo da ritrovarmi da subito una clientela affezionata.

5. « Seguire le nostre emozioni è l’unico modo per accettare senza rimpianti qualsiasi conseguenza queste ci porteranno, nel bene e nel male ». È un consiglio, questo di Mariella, che hai applicato anche nella tua vita? Mario Botteghi è un personaggio che sa ascoltare?

Direi che è un consiglio che dovremmo ascoltare tutti, dato che ci lasciamo condizionare troppo spesso dal bisogno di adeguamento sociale o dal giudizio degli altri.

Tendiamo ad avere atteggiamenti o a fare scelte etichettandoli come razionali, ma che in realtà servono solo a proteggerci, o peggio nasconderci.

Preferiamo limitare i danni invece di affrontare ciò che comporterebbe seguire la pancia ed essere noi stessi.

Ho sempre ritenuto che la vita, essendo una e con data di scadenza ignota, debba essere vissuta (per quanto possibile) seguendo la nostra attitudine, il nostro modo di essere.

I did it my way, citando la famosa canzone cantata da Sinatra.

In realtà il senso è proprio tutto lì: guardarsi indietro e non avere rimpianti, almeno riguardo le nostre scelte.

È l’unica libertà che abbiamo, l’unico controllo che la vita ci concede.

Anche Botteghi lo sa, è conscio dei consigli di Mariella, ma è ingabbiato in sovrastrutture che lui stesso si è creato, specie in campo affettivo.

Può capitare per mille ragioni che l’insieme delle scelte fatte, seppur prese in totale libertà/volontà, ci abbia creato intorno delle strutture che finiscono inevitabilmente per limitarci. Non si può parlare di costrizione se siamo stati coscienti e convinti delle scelte che hanno condotto a tale status, ma la sua accettazione (o meno) resta nuovamente subordinata soltanto alla nostra volontà.

6. Ettore Marchetti, giornalista appassionato di storia labronica è la persona che tutti gli scrittori vorrebbero poter consultare. Hai anche tu un amico reale che riveste questo ruolo?

Questo personaggio nasce come omaggio a un illustre scomparso che, a mio avviso, ha lasciato un’impronta indelebile nella perpetrazione di usi, costumi e vernacolo livornesi.

Si tratta di Giorgio Marchetti, giornalista, scrittore e satirista livornese, che con lo pseudonimo di Ettore Borzacchini ci ha regalato opere ineguagliabili, recuperando e così tramandando detti e costumi livornesi, andandone alle radici sempre con quella punta divertente/irriverente che ci caratterizza.

Per quanto riguarda me invece, ho qualcuno che mi aiuta e mi indirizza nelle ricerche, ma soprattutto che mi salva dallo scrivere degli sfondoni, oltre ad avere la pazienza di accompagnarmi alle presentazioni, imbastendo vere e proprie lezioni di storia su Livorno: Fabrizio Ottone, presidente delle Guide Labroniche, ormai diventato un caro amico.

7. Il fermento della narrativa nera e gialla degli ultimi anni ha portato sugli scaffali delle librerie tanti titoli intriganti e tanti commissari ed investigatori divenuti seriali. Farsi spazio tra le varie copertine patinate non deve essere facile. Cosa offre Mario Botteghi al lettore, quale sua caratteristica pensi che lo renda unico?

Credo che l’originalità di Botteghi sia nel profondo legame con Livorno e la sua storia, che quindi divengono protagonisti quanto il commissario.

Lui guarda la sua città allo stesso modo in cui lo facciamo noi, con quella punta di malinconia di un passato che inevitabilmente cede il passo alla trasformazione, sociale ma anche urbanistica.

8. Continuando a ragionare in questo senso, mi viene da chiedere quanto tempo uno scrittore italiano debba investire per far arrivare il più possibile, alla platea dei lettori, il suo prodotto creativo. Dopo la realizzazione del libro, passato dalle mani dei correttori e degli editors, il libro ha bisogno di essere conosciuto. In questa fase quanto è importante la figura dell’editore e quanto quella dello scrittore?

Purtroppo oggi nell’editoria italiana la maggior parte della promozione grava sulle spalle dell’autore e lo ritengo da sempre una grossa mancanza, perché un lavoro in sinergia, adeguatamente supportato, non solo con la casa editrice ma anche con le agenzie e gli uffici stampa, porterebbe a una maggiore valorizzazione del lavoro.

Soprattutto servirebbe anche a dare finalmente luce a un sottobosco di autori che purtroppo fa molta fatica a guadagnarsi una ribalta che sempre più, al tempo stesso, è faticosa da mantenere anche per autori che hanno già superato quello scalino.

9. Nel tuo palmarès si possono elencare premi e riconoscimenti di ogni genere, più o meno prestigiosi. Dal  Festival Giallo Garda – menzione speciale della giuria, al Premio Garfagnana in Giallo – Premio della Giuria, dal Premio Internazionale d’arte e cultura Accademia G.G. Belli, all’Oscar livornese, premio assegnato alle eccellenze che con il proprio lavoro si sono distinti nei diversi settori, divenendo un valore aggiunto per la città di Livorno che gli ha dato i natali; solo per citarne qualcuno. Quale di questi ti ha segnato di più?

Non ti nascondo che ho vissuto con molta emozione ognuno dei riconoscimenti assegnatomi, anche se la stima e l’affetto dei lettori vengono prima nel mio cuore.

Se devo essere sincero però, un posto speciale ce l’ha proprio l’Oscar livornese, unico premio ricevuto nella mia città.

Ho cominciato molto giovane e l’anno scorso ho tagliato il traguardo dei 30 anni di carriera come autore/scrittore (i primi 30, come mi piace dire), un’attività professionale nata con la musica, proseguita attraverso il cinema e giunta infine alla narrativa.

Questo premio, anche se arrivato pochi anni prima, è stato un po’ come il coronamento del percorso fatto.

È stata una bellissima emozione, anche se non l’ho vissuto come un punto di arrivo, bensì di partenza verso altri traguardi.

10. Passando alle domande più leggere, vuoi raccontarti a noi con tre aggettivi che ti contraddistinguono? 

Curioso, coriaceo, spietatamente sincero.

Spesso purtroppo la sincerità è sia un pregio che un difetto: ti rende schietto e vero, ma ti priva dei filtri e in alcune occasioni può ferire.

11. Se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti mai fare a meno, ovviamente escludendo la scrittura, quali sarebbero?

Tre sole?

Sono decisamente troppo poche.

Sono da sempre in primis un appassionato di storie, sotto ogni forma, quindi non potrei mai rinunciare a esserne fruitore, sia attraverso un libro, un film, una serie tv, una graphic novel, un manga, un anime o un videogioco.

Quindi non potrei far a meno di tutte queste cose.

Per imparare a raccontare una storia bisogna prima capire “come” e “perché” le storie ci arrivano, solo così, a nostra volta, possiamo apprendere il modo per far raggiungere le persone dai nostri racconti.

Come si evince poi dai romanzi di Botteghi, amo la cucina e mangiare, quindi non potrei farne a meno, specie della pizza (rigorosamente margherita poiché vero banco di prova sulla qualità/bravura di prodotto/pizzaiolo) di cui non mi stancherei mai.

12. Prima di salutarci quale messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?

Vorrei, come sempre, dire loro “grazie” per tutto l’affetto e il sostegno che mostrano nei confronti dei miei personaggi e del mio lavoro.

Medesimo ringraziamento va a tutti quelli che, attraverso blog, portali, trasmissioni, eventi in libreria, contribuiscono quotidianamente a fare in modo che ciò che faccio raggiunga sempre più persone.

Lungo questo strano viaggio che è la scrittura ho avuto la fortuna di incontrare persone meravigliose, con cui ho stretto un rapporto che è andato al di là di quello autore-lettore.

Certo, ce ne sono state anche di pessime, ma quelle preferisco buttarle alle spalle e renderle parte del passato.

L’augurio è quello di ritrovarci ancora e ancora, sempre con nuove storie che ci appassionano e ci arricchiscono.

Grazie mille per la disponibilità Diego 🙂

a cura di Patty Pici