In forma di essere umano di Riccardo Gazzaniga

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In forma di essere umano

Argentina, 1960. Sono passati quindici anni dalla caduta del nazismo e Adolf Eichmann, ex tenente delle SS scampato al processo di Norimberga, si è rifatto una vita sotto falso nome.

Niente in lui conserva i segni dell’ufficiale del Reich che ha contribuito a rendere possibile la soluzione finale.

Adesso si chiama Ricardo Klement e vive in un sobborgo di Buenos Aires insieme alla moglie Vera e ai figli. Abita in una casupola senza acqua corrente né elettricità e lavora in una fabbrica della Mercedes.

Ancora non sa, Eichmann, che i suoi giorni sono contati e incombe su di lui il momento in cui dovrà affrontare il passato.

L’agente del Mossad Zvi Aharoni è sulle sue tracce, pronto a tutto pur di consegnarlo alla giustizia israeliana.

Quella che ci viene raccontata in queste pagine dalla viva voce dei suoi due protagonisti, di cui Riccardo Gazzaniga ha magistralmente interpretato pensieri, paure e turbamenti, è una delle vicende di spionaggio più incredibili del Ventesimo secolo: una storia potente e appassionante, che scandaglia gli abissi insondabili dell’animo umano.

In una narrazione che ha il ritmo della spy story e la profondità dei romanzi di realtà, Gazzaniga si spinge all’origine del Male, componendo i ritratti sconvolgenti di due esistenze che hanno segnato in modo indelebile il Novecento

RECENSIONE

Inizio a pensare che non sempre è una buona idea leggere le sinossi dei libri, perché tendi ad escludere un libro in favore di un altro, oppure cominci a leggere prevenuta.

Questo è il caso di “In forma di essere umano” perché quando leggi il riassunto, parti subito con l’idea della super spia che arriva in Argentina per catturare il criminale nazista.

Ed è così, ma ti perdi il viaggio.
Il gusto della caccia, la motivazione, il percorso, tutti quegli elementi che nei gialli ti tengono in sospeso finché intuisci chi è il colpevole, il gusto di capire quanto pessimo è, fino a che punto può arrivare il criminale, fino a che punto condiziona quelli attorno a lui.

Insomma ti perdi troppe cose.

Ed è per questo che ho deciso di leggere il romanzo come se fosse un qualsiasi thriller, cercando, nei limiti del possibile, di non farmi condizionare dalla storia, che c’è, è presente, enormemente complessa, ma credo sia giusto per dare una visione che vada oltre la realtà del romanzo.

Il romanzo – In forma di essere umano – è suddiviso in paragrafi alternati tra i due protagonisti del romanzo, con più spazio dedicato al ricercato, per ben tre quarti del libro:

Il ricercato:
Adolf Eichmann sotto il falso nome di Ricardo Klement vive da oltre dieci anni indisturbato in Argentina, ma è sempre all’erta, siede in fondo all’autobus per controllare chi sale e chi scende, legge le notizie che arrivano dall’Europa, del processo di Norimberga e si indigna quando scrivono cose sbagliate su di lui.

Ha sempre ragione lui:

In famiglia non odiavamo gli ebrei, anche se erano vergognosamente ricchi. Di fatto gli ebrei erano un problema: prosperavano mentre tutto andava a rotoli in Austria e in Germania.


Ma soprattutto non è dispiaciuto o pentito per quello che ha fatto:

Avessi avuto più tempo, gli ebrei non sarebbero al mondo per inseguirmi

Si crede superiore a tutti

Mengele era fissato con gli esperimenti sui nani, i deformi, i gemelli. C’è qualcosa che mi fa impressione… E comunque lui era solo un dottore in mezzo a tanti, io no. Io, in quello che facevo, non avevo rivali


Tronfio perché

ho fatto arrivare l’arte e la musica a Theresienstadt, era l’unico campo sotto la mia diretta supervisione, destinata a quei deportati che potevano crearci problemi con l’opinione pubblica…quelli che era meglio tenere vivi. Almeno per un po’


Trova sempre una giustificazione, eppure, anche davanti alle prime fosse comuni, dove famiglie intere venivano fatte scendere per essere giustiziate, davanti a “quell’ebrea che sollevava il bambino (un bimbo biondo) e supplicava con gli occhi…”non ha fatto niente “avrei potuto ordinare di tirare fuori quel bambino” ma non lo ha fatto.

Dall’altra parte, il cacciatore:
Hermann Aronheim, nato in Germania, diventato Zvi Aharoni una volta fuggito in Palestina, agente segreto.
Pragmatico, ebreo credente ma non praticante, è convinto che proprio in Argentina si nasconda “lo Zar degli ebrei” il terribile Adolf Eichmann.

Si apposta, controlla, domanda, chiede aiuto a giovani ragazzi che aiutano nell’ambasciata Israeliana di Buenos Aires, vuole essere assolutamente sicuro di non sbagliare, perché una volta allertato, sa che sarà difficile riuscire a prenderlo.

Leggere alternando questi due punti di vista, per forza di cose diametralmente opposti, è stato interessante per capire le due ideologie che stanno dietro ai protagonisti.

Dietro alla solita scusa “eseguivo solo ordini, ero un recipiente…”(credo per questo Gazzaniga lo abbia intitolato ‘in forma di essere umano’), c’è di contrappeso anche l’amara riflessione di Aharoni “E’ solo un uomo. E questo significa che in un’altra parte del mondo, in un altro tempo…succederà ancora

Un romanzo – In forma di essere umano – che ti porta a scoprire, come con un puzzle, una tessera alla volta, la fuga di Eichmann, partito dal porto di Genova grazie ai favoreggiatori Italiani, fino in Argentina.

Purtroppo è così, molti sacerdoti e fiancheggiatori, nonostante la caduta del nazi-fascismo hanno aiutato la maggior parte dei criminali di guerra a fuggire in Sud-America; trovo questo fatto vergognoso, che mi infastidisce enormemente e non riesco a capire perché anche loro non abbiano pagato il debito con la giustizia.

Il lavoro imponente di ricostruzione storica fatto da Gazzaniga è spiegato alla fine, dove dichiara le piccole parti ‘inventate’ per dare struttura al romanzo.

Non voglio commentare le azioni di Eichmann, le trovate ampiamente descritte nei libri di storia, oppure la bravura degli agenti israeliani che lo hanno catturato; voglio però evidenziare lo stile scorrevole ed avvincente dell’autore, come sia riuscito a far combaciare storia e fantasia, di come riesce a trasportare il lettore nella mente dei due protagonisti, tanto che ti sembra di essere lì accanto ad Eichmann, quando, seduto nel suo capanno, scrive quelle che saranno le sue memorie.

Di come soffri, sudi e ti preoccupi con Zvi per preparare la trappola, di come insegna ad un collega, lui che è un poliglotta, “un momentito señor” per fermare Eichmann quella manciata di secondi necessari a catturarlo.

Il romanzo, ambientato a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, descrive una Buenos Aires in espansione, con le periferie in costruzione ma abbandonate a sé stesse, senza corrente, acqua, con abitazioni fatiscenti oppure nuove ma costruite a caso; racconta di un paese alla deriva dopo la fuga del presidente Peròn e la morte della moglie Evita.

Un paese particolarmente adatto per nascondersi in quel momento ed in quel contesto, con pochi o niente controlli e nessun tipo di anagrafe aggiornata, neanche quella catastale.

Ed è con il sottofondo di “Don’t cry for me Argentina” che mi accompagna un po’ di malinconia per la fine del romanzo, riscattata però dal colloquio di chiusura avvenuto decenni dopo gli avvenimenti descritti, tra Zvi e il figlio minore del protagonista, Ricardo Eichmann, che ha delle domande importanti da fare all’agente segreto, per spiegare ai suoi figli chi era e cosa ha fatto il nonno, così da non ripetere l’errore e l’orrore.

Traduzione: //
Editore: Nero Rizzoli
Pagine: 516
Anno pubblicazione: 2022

AUTORE

Riccardo Gazzaniga è nato nel 1976 a Genova, dove vive. Sovrintendente della Polizia di Stato, lavora nella caserma di Bolzaneto.

Ha vinto la XXV edizione del Premio Italo Calvino con A viso coperto (Einaudi 2013); è fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi 2015) e ha pubblicato Non devi dirlo a nessuno (Einaudi 2016), Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli 2018), Colpo su colpo (Rizzoli 2019)

In forma di essere umano di Riccardo Gazzaniga
Concludendo
giallo psicologico che ti accompagna nella mente di uno dei peggiori tra i criminali nazisti che sono riusciti a fuggire dopo la fine della guerra e, per contro, in quella del suo ‘cacciatore’, un agente segreto israeliano che è riuscito a catturarlo.
Pro
Molto interessanti i capitoli conclusivi, con la somma dei pensieri dei due protagonisti ed il colloquio tra il figlio minore di Eichmann e Zvi, l’agente segreto.
Contro
Avrei diminuito un poco la parte dei pensieri di Eichmann e aumentato, per controparte, quelli dell’agente israeliano.
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