
Arwin J.Seaman
È lo pseudonimo di uno scrittore italiano di grande successo, che si cimenta in un noir nordico.
Viene usato per la prima volta in questo volume, che vuole essere l’inizio di una serie.
Gli amanti del giallo italiano si divertiranno a cercar d’indovinare chi si celi dietro a certe espressione, a certi verbi, a un uso a volte particolare della punteggiatura.
Questa è la prima indagine nordica di Arwin J.Seaman, capitolo iniziale di una serie ambientata sull’isola di Liten.
La caccia all’autore diventa il plus valore di questa storia mistery dalle sfumature nordiche, ma la soluzione non è affatto semplice…

Omicidio fuori stagione è il primo e convincente titolo di questa serie, pubblicato a Marzo 2023 da PIEMME:
“ Un primo volume assolutamente convincente, che regala ore molto piacevoli, a tratti proprio avvincenti, che divertirà gli amanti del genere giallo, che non potranno fare a meno di domandarsi chi si celi dietro questa penna così scorrevole.
Vi lascio un indizio: quale autore italiano usa spesso il verbo “chiosare”? ”
Dalla Recensione di Alessandro Quadri di Cardano per Thriller Life.
“ Un romanzo veramente avvincente, con una storia complessa e ben costruita, i cui tasselli si compongono poco alla volta, lasciando spazio perché il lettore possa indovinare l’esito finale, senza però che sia troppo evidente. ”
Arwin J.Seaman ha donato ai lettori un momento di piacevole evasione e un enigma da risolvere.
Thriller Life ha intervistato l’autore, che non ha rivelato il suo vero volto, ma ha gentilmente risposto alle nostre domande.
Avrà lasciato qualche indizio?
Buon divertimento!
1. La vicenda di Omicidio fuori stagione si svolge su un’isola immaginaria tra Svezia e Danimarca. L’essere isolati dal resto del mondo, crea un legame molto specifico tra gli abitanti, un intreccio di grande solidarietà, ma anche di invidie, meschinerie e gelosie. Al tempo stesso, c’è una generale indifferenza, se non proprio ostilità verso i forestieri. Che ruolo gioca questo elemento nella storia?
E’ un ruolo fondamentale, che assume carattere simbolico nel momento in cui lo si attribuisce a un’isola, ma che è facilissimo ritrovare in tutti i paesi montani, specie se isolati.
La comunità, ancorché ristretta, basta a se stessa e conta tutti gli elementi necessari per costituire un modello di società che possa veder ricoperti tutti i ruoli (la bella, l’attaccabrighe, il giudice, la malalingua).
Se il paese (o l’isola) sa di poter contare solo sulle proprie forze, diviene un ecosistema che protegge le sue componenti.
Di conseguenza, nel momento in cui non esistono necessità per la propria sopravvivenza, tutto ciò che viene da “fuori” è da considerarsi superfluo, invasivo se non addirittura minaccioso.
2. Il protagonista del romanzo, Henning Olsson, è un uomo al tempo stesso affascinante e antipatico. Brillante e intelligente, tende a guardare le persone dall’alto in basso, soprattutto gli isolani di Liten, visti come rozzi e incapaci. Ma anche le donne vengono bistrattate da questo eroe “bello e dannato”. Si può dire che Henning sia misantropo? E da dove deriva questo atteggiamento?
“Misantropo” è indubbiamente eccessivo.
Henning è un uomo che, partendo da una famiglia modesta, ha ottenuto sia il successo professionale che quello personale. Da qui il suo senso di superiorità, considerato che ha raggiunto i propri obiettivi solo con le sue forze.
Questo senso di onnipotenza gli viene strappato, insieme all’amore di Annelie, dall’isola. Liten diventa quindi, simbolicamente, il nemico.
Rappresenta il fato avverso, la sfortuna, un complotto ai suoi danni. Nel primo volume vediamo sia le persone che gli ambienti attraverso i suoi occhi, occhi malevoli che si rifiutano di vedere quel che di buono c’è.
Ma il suo non sarà l’unico sguardo, nei libri seguenti il punto di vista muterà man mano e con esso anche l’immagine di Liten.
3. Annelie Lindahl, quando conobbe Henning Olsson, era una giovane poliziotta brillante e carrierista. La storia d’amore con il poliziotto della scientifica sembrava destinata all’altare, invece un omicidio la porta a modificare la traiettoria del suo destino e a rifugiarsi proprio sull’isola di Liten. Ed è quando la morte torna a visitare quest’isola, che i due giovani si rincontrano. Cosa puoi dirci di questo personaggio femminile così complesso e sfuggente?
L’alone di mistero che circonda Annelie è una scelta ostinata della poliziotta.
Ciò che non vediamo è ciò che lei non vuole mostrarci, anche se con il procedere della serie si apriranno delle crepe nel suo strettissimo riserbo, sino ad arrivare al volume che la vedrà protagonista e che ci mostrerà le cose dal suo punto di vista.
Senza dubbio il richiamo della morte le è irresistibile, poiché, nonostante le sue scelte controverse, il suo istinto è quello della cacciatrice.
4. La natura, a certe altitudini, gioca un ruolo primario nell’esistenza delle persone. La vita e la morte possono dipendere da una tempesta, dallo spessore di uno strato di ghiaccio, da una barca che si ribalta. Quale ruolo gioca la natura in questa vicenda? Si può dire che sia un protagonista a pieno titolo di questo romanzo?
Certamente.
Tuttavia non dobbiamo lasciarci ingannare: Liten si trova in una zona protetta, tra Svezia e Danimarca, in un golfo alla stessa altezza di Edimburgo o Glasgow, quindi non avremo record di temperature basse.
Le differenze con il nostro clima sono comunque tangibili e soprattutto è la variazione della luce a farla da padrona, dato che certe giornate sono molto corte.
Muoversi al buio su di un’isola di origine vulcanica, la cui superficie è in gran parte boschiva, può essere molto difficile, se la natura non è dalla tua parte.
5. Omicidio Fuori Stagione è il primo di una serie di romanzi ambientati a Liten, ossia su una piccola isola. Non ha paura di ritrovarsi confrontato con il “complesso di Cabot Cove”? Ossia con il rischio che un’incidenza troppo elevata di omicidi in un piccolo centro possa diventare tragicomico, com’era per Jessica Fletcher, l’amatissima Signora in Giallo, che a un certo punto non si capiva come potesse avere ancora degli amici, visto il tasso di mortalità che la circondava?
Non azzarderei un paragone così ardito, ma per affrancarmi da qualsiasi fraintendimento, una grossa differenza sta proprio nel fatto che non tutte le storie della serie di Liten trattano di omicidi.
Esistono crimini altrettanto odiosi, sui quali è possibile costruire indagini efficaci e adrenaliniche. Mi interessa molto, in questo senso, il cambiamento di approccio delle figure investigative alle diverse forme di delinquenza, così come alle tante sfumature del lato oscuro dell’essere umano.
6. Hai scelto di ambientare il romanzo su un’isola immaginaria tra Svezia e Danimarca. È una scelta coraggiosa, perché spesso gli autori italiani vengono criticati se i loro personaggi escono dal Belpaese. Che significato ha questa tua scelta?
Certe limitazioni lasciano il tempo che trovano. Sarebbe come dire che un autore italiano non possa inserire in un proprio romanzo un personaggio straniero, eppure talvolta è necessario.
L’ambiente è un personaggio, i luoghi parlano, recitano, ciascuno con le proprie peculiarità. Un’isola mediterranea non sarebbe stata adatta al tipo di atmosfera che andavo cercando, Liten è nata così com’è perché la storia la richiedeva.
7. Con questo bel romanzo, proponi un giallo in stile nordico che fa subito pensare a grandi nomi, primo di tutti il magnifico Jo Nesbo. Che rapporto hai con i Paesi che descrivi in questo volume? Solo da lettore o hai vissuto in quelle terre?
Vissuto no, visitato sì, e non solo con la fantasia, attraverso i formidabili romanzi che le terre del Nord ci hanno regalato negli ultimi vent’anni.
La Danimarca in particolare mi ha regalato forti emozioni, venate di una strana malinconia, una specie di sospensione, come se tutto stesse per accadere e le persone vivessero in attesa.
Percezioni di un italiano all’estero, certamente, eppure ne ho fatto tesoro e mi sono sforzato di convogliarle in questa piccola terra di fantasia che emerge dal mare.
8. Hai deciso di scrivere un libro sotto pseudonimo, ma poi fai sapere che dietro a quel nome sconosciuto c’è una grande penna italiana. Il mistero si snoda su più piani e innesca un meccanismo psicologico davvero intrigante. È un modo di giocare con i tuoi lettori, per vedere se ti riconoscono dal tuo stile o la scelta è dettata da qualcos’altro?
Inizialmente la mia proposta era di pubblicare sotto pseudonimo e basta, senza rivelare che fosse tale.
Ho dovuto però tener conto anche delle esigenze dell’editore e sì, ammetto che il gioco con i miei lettori esiste, per quanto sinora nessuno mi abbia riconosciuto.
Quel che mi ha spinto a questa scelta è invece il bisogno di prendere le distanze da me stesso, da ciò che sono abituato a scrivere e dalle aspettative del mio pubblico.
Era intrigante l’idea di allontanarmi totalmente dal mio solito immaginario, ma sapevo che facendolo col mio nome avrei posto un freno alla mia libertà.
Da qui la nascita di Arwin J. Seaman.
9. A proposito di stile, negli ultimi anni si è vista un’evoluzione dell’espressività narrativa. La scrittura si è fatta più empatica, sinestetica, ogni frase mira a smuovere emozioni profonde, dettando così un modello al quale il lettore si sta abituando. Quanto è importante per un autore, in un mondo espressivo sempre più uniformante, trovare la propria voce, unica e riconoscibile?
La mia regola è che prima di guardarsi intorno è sempre necessario guardare in noi stessi.
Cercare la propria voce solo per distinguerla da quella altrui significa in realtà soffocarla, modellarla sulla base di parametri che non ci appartengono, mortificarla con i paragoni.
Io ho sempre avuto una voce, mi sono augurato che fosse riconoscibile ma non me ne sono fatto un cruccio.
In quanto alle emozioni, difficile aspettarsi di suscitarle, se non le si prova in prima persona. Quando scrivo, devo vivere emotivamente ciò che racconto, è da sempre il mio unico metodo di lavoro.
La voce e lo stile si sposano con le emozioni solo se tutti e tre si fondano su una base di verità.
10. Passando alle domande più leggere, vuoi raccontarti a noi con tre aggettivi che ti contraddistinguono?
Stakanovista, curioso, attento.
11. Se dovessi scegliere tre titoli da consigliarci, quali sarebbero? Magari tra questi c’è anche un tuo libro?
Tre titoli sono pochi per lasciare spazio all’autocompiacimento.
“1984” di George Orwell, “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson e “Il fuggiasco” di Massimo Carlotto.
12. Prima di salutarci quale messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
Fatevi un regalo: visitate le librerie in cerca di autori mai sentiti nominare, sconosciuti riposti negli scaffali, mettete in campo una vera e propria caccia al tesoro. Io posso perderci ore ogni volta e trovo delle vere perle.
E’ un arricchimento impagabile.
Thriller Life ringrazia Arwin J.Seaman per la disponibilità.
Avete scoperto chi si nasconde dietro queste frasi?
a cura di Alessandro Quadri di Cardano e Patty Pici