
Gian Andrea Cerone, circondato dalle possenti volte della fortezza settecentesca di Santa Tecla, ci introduce nei meandri narrativi del suo recente romanzo noir – Il trattamento del silenzio – edito Ugo Guanda Editore.
Le antiche Carceri di Sanremo sono la cornice perfetta per addentrarsi nella profondità del Male, nelle pieghe misteriche che ci sprofondano nel buio dei riti medioevali e le mura richiamano prepotentemente alla memoria le pagine del Conte di Montecristo.
Gian Andrea Cerone ci svela le prime mosse di questo romanzo, che a partire dal titolo, Il trattamento del silenzio, traccia orme oscure, pesanti, dai forti risvolti psicologici.
Il trattamento del silenzio è una vera e propria pratica manipolativa e coercitiva, un abuso emotivo praticato già dai più subdoli inquisitori e diventa per il nostro autore, la chiave di volta di questo nuovo romanzo.
Tutto ha inizio da una vicenda vera, segnalata alle forze di Polizia: il silenzio astioso e totale di un marito nei confronti della moglie incinta, per la durata dei nove mesi di gestazione.
Questa vicenda ha dato lo spunto iniziale della storia narrata ne Il trattamento del silenzio e scatenato un periodo di “studio matto e disperatissimo” per arrivare alle origini meno note di questa violenza silente.
Esperto di tecniche comunicative, Gian Andrea Cerone ha narrato gli effetti del silenzio punitivo con grande afflato empatico componendo un mosaico narrativo policromatico accattivante.

Protagonisti di questa nuova indagine investigativa, che incrocia vendetta, malavita ed esoterismo, sono Mandelli e Casalegno, coppia collaudata e già conosciuta ne Le notti senza sonno.
La carta vincente di questo duo sta nella differenza e nella complementarietà dei personaggi. Tutti i loro difetti si attenuano alla presenza dell’altro; meccanismo relazionale che il lettore percepisce in tutta la sua forza positiva.
Sopra tutte le vicende, sopra ogni dolore e ogni lacrima, c’è Lei: Milano.
Una Milano multiforme, umana, acquatica e screziata di nero.
Giocando con le assonanze, Gian Andrea ci ricorda che «sotto lo strato di cerone, Milano nasconde tante anime» ed è proprio questo “difetto d’identità”che la rende così aperta e multietnica.
Milano, in tutte le sue possibilità romanzesche, si fa protagonista di molte storie italiane. Dal grande Scerbanenco ai contemporanei Paolo Roversi, Luca Crovi, Jacopo de Michelis, Alessandro Robecchi…
La città di Gian Andrea Cerone è inclusiva, spazio ideale per raccontare le varie anime italiche, ben rappresentate da tutti i membri della squadra investigativa.
Altamente cinematografica la scelta di affidare il ritmo narrativo all’elemento acquatico in sospensione: La Pioggia.
L’acqua, che ne Le notti senza sonno era l’elemento di verticalità, qui è in superficie e accompagna le dinamiche del racconto in tutta la sua interezza, scandendo il tempo e i battiti del cuore in egual misura.
Da perfetto ” Uomo del Novecento ” come si definisce Gian Andrea, la struttura narrativa dei suoi romanzi segue la metrica dei feuilleton , utilizzando tematiche tipiche del tessuto culturale del romanzo d’appendice.
Mistero ed esoterismo intrecciato alle pulsioni più bieche ed universali dell’uomo, diventano i grandi temi narrativi di romanzi come Il conte di Montecristo, «forse il più «oppiaceo» dei romanzi popolari » come dice Gramsci.
Le notti senza sonno, Il trattamento del silenzio e il terzo titolo che si svolgerà in un torrido Agosto e vedrà la potenza del Male declinata nella sua componente fanatica religiosa, sono pensati infatti come una serie, esattamente come i romanzi d’appendice.

Cifra stilistica di Gian Andrea Cerone è il respiro ampio tipico dei grandi libri di narrativa contemporanea, quella ricercatezza espressiva che pone i suoi romanzi al di là del genere Noir o giallo.
La scelta di una prosa così lirica risiede infatti nell’intento di recuperare un tipo di struttura letteraria propria del feuilleton.
Inserirsi poi nell’alveo del genere giallo e noir ha dato modo all’autore di affrontare varie tematiche: dalle dinamiche familiari, allo sguardo sulla società. Ne Il trattamento del silenzio fotografa con lucidità il mondo dei giovani restituendo un quadro privo di giudizi sulle nuove generazioni.
Il trattamento del silenzio contiene molte cose e soprattutto contiene l’interazione umana con lo sfondo della metropoli, che è uno dei temi centrali che mi stanno molto a cuore.
Riguardo alla scelta narrativa di ampio respiro: «Guanda Editore è stata la casa editoriale più giusta che io potessi trovare proprio per la grande libertà concessa all’autore, soprattutto per chi come me è un esordiente»
La grande scommessa del nostro “esordiente” era replicare il grande successo del primo romanzo: perché il primo può essere fortuna, oppure vi hai messo tutto quello che avevi e poi ti manca il fiato, a me invece interessa correre la maratona.
In questo romanzo corale, ricco di personaggi ben delineati, c’è un personaggio in particolare che si gestisce autonomamente?
Marika Ambrosio si sta prendendo i suoi spazi, soprattutto nel secondo romanzo. Mentre la gestione di Mandelli, Casalegno e la loro interazione va via fluida e con loro gioco di più. Marika invece ha sempre un modo di evolvere molto naturale. Altri personaggi hanno una funzione più strutturale, come i membri della scientifica. Marisa, come Caterina, hanno invece una solidità manifesta.
Declinando i nomi dei suoi personaggi è evidente quanto questi siano presenze vive e tangibili, tanto da immaginarli in una trasposizione cinematografica.
Ci sono autori, soprattutto americani, che trasformano i loro romanzi in base alla sceneggiatura, potrebbe essere una soluzione anche per i tuoi?
La casa di produzione con cui sto lavorando ( a cui ha venduto i diritti cinematografici per realizzare una serie basata sui suoi romanzi ) è molto disponibile e sto ragionando su alcune aggiunte, elementi strutturali che possono essere più utili per la televisione.
Intervistando Davide Longo mi è rimasta impressa una sua frase: Non si può scrivere per tutti. Si può scrivere per pochi, per tanti, ma mai per tutti . Tu per chi scrivi?
In realtà se dovessi rispondere in modo egoistico ti direi: Per me.
Non è una boutade o una sciocchezza, per me nel senso che io sono il mio primo lettore.
Quindi la cura della parola, l’estetica, la ritmica della narrazione, proprio la bellezza di una pagina deve soddisfare prima di tutto me stesso. Anche perché sono sempre stato un grande lettore, ho maturato un’esperienza di vita di un certo tipo, quindi la prima risposta che mi viene da dare è quella.
Poi in realtà è vero che ad un certo punto tu scrivi per servire la storia, non scrivi per farla piacere a qualcuno. Almeno a me succede quello.
Sto scrivendo il terzo libro e te ne parlo a ragion veduta. Ieri ho scritto capitolo e ho detto questo capitolo funziona, è bello! guardo soprattutto a non perdere il ritmo narrativo, all’estetica , alla profondità umana dei personaggi.
Quindi quando questo mix funziona mi dico: a qualcuno piacerà!
Penso soprattutto alla storia e questo può essere a volte spiazzante, perché mi sono ripromesso di muovere le storie, cercando sempre di dare situazioni che non siano statiche. In una serie di questo tipo è facile lavorare, ma la difficoltà è regalare delle storie che sorprendano il lettore, anche in una dinamica di serie; quindi con degli ancoraggi emotivi come quelli di Mandelli, di Marisa, di Casalegno, ma anche loro devono evolvere in qualche modo.
Non a caso ho fatto un cambio della guardia all’interno dei personaggi femminili ( senza fare spoiler!) perché mi serviva uno shock emotivo.
Non scrivo per un pubblico di riferimento, scrivo per la storia.
I lettori di gialli, noir e thriller, che sia cosy crime, hard boiled o noir più impegnato, sono comunque sempre tantissimi. Inutile negare che sia il genere narrativo più letto, perché secondo te?
Perché parla del bene e del male, un po’ perché parla dell‘amore e dell’odio, un po’ perché è comunque la rottura dello status quo e poi per il Canone.
Io credo che i grandi lettori di gialli e noir siano abituati ad avere un canone di riferimento, proprio un canone strutturale della narrazione.
Faccio sempre l’esempio delle tragedie greche che avevano una struttura molto precisa, dal coro, alle voci singole, tutto era preciso. Se tu a quel pubblico toglievi un elemento strutturale non si riconosceva più in quella cosa.
È quindi una struttura narrativa di riferimento dentro la quale ci sono poi tantissime soggettive. Quindi il lettore ama i gialli perché si riconosce in quei meccanismi.
Per esempio il giallo classico alla Agatha Christie, la grande tradizione della narrativa gialla in cui il lettore è invitato a risolvere il caso. Tradizione rinnovata e rinvigorita dai nuovi autori del calibro di Janice Hallett, Richard Osman o S. J. Bennett.
Poi ci sono le nuove soggettive del Noir italiano, il racconto dell’antropologia. Abbinato alla qualità scrittura. Ci sono bravissimi scrittori, prima di essere giallisti.
Prima il giallo era un canone semplice, da Camilleri in poi c’è una sfida anche tecnica e di letteratura narrativa. Ha alzato l’asticella. Infatti ho scelto di scrivere un giallo perché m’interessava scrivere romanzi. Potevo scrivere una saga familiare, ma in una saga non ho tutti quegli elementi di involving, di sviluppo.
Tra l’altro la narrativa italiana propone titoli molto differenti l’uno dall’altro, nonostante facciano parte del genere altamente omologante come il giallo. Robecchi, Manzini, Vichi, scrivono benissimo e hanno delle ambizioni narrative interessanti.
È anche molto bella l’unione che c’è tra gli scrittori italiani, anche perché siamo pochi e ci sentiamo spesso e ci confrontiamo.
Dai l’ultima domanda e ti lascio libero! quali libri stai leggendo?
Sto leggendo Stalingrado di Grossman, che trovo bellissimo
poi I cani abbaiano di Truman Capote, una raccolta di racconti straordinaria e sto rileggendo Un amore di Buzzati.
Ovviamente Morlupi ( Formule mortali – La prima indagine dei cinque di Monteverde ) che presenterò con piacere
È stato un piacere assistere alla presentazione del Il trattamento del silenzio, organizzata dalla libreria Ubik di Sanremo, nella splendida location del Forte di Santa Tecla.
Così come è stata piacevole l’amichevole chiacchierata che Gian Andrea Cerone ha concesso a Thriller Life.
Grazie mille
a cura di Patty Pici