Rosa Mogliasso: il noir e la ricerca dell’identità

Rosa Mogliasso

Rosa Mogliasso

Scrittrice italiana nata a Susa e vive a Torino.

Laureata in storia e critica del cinema, da alcuni anni si dedica al teatro delle ombre e alla scrittura.

Ha esordito nel 2010 con il giallo ironico L’assassino qualcosa lascia (Premio Selezione Bancarella).

Sono poi seguiti L’amore si nutre di amore (finalista Premio Scerbanenco), La felicità è un muscolo volontarioChi bacia e chi viene baciato e 1791. Mozart e il violino di Lucifero, tutti editi da Salani.

Nel 2015 è uscito per NN Editore Bella era bella, morta era morta, finalista Prix meilleur Polar Points selection 2018 e Prix Paul Valéry 2021.

Rosa Mogliasso - Uccidere, qualche volta

Per Guanda, nel 2015, scrive il racconto Ho sempre chinato il capo, dedicato a Lucrezia Borgia, inserito nell’Antologia Il cuore nero delle donne curata da Luca Crovi.

L’irresistibile simmetria della vendetta pubblicato nel 2021 da Salani le Stanze raccoglie l’entusiasmo della critica: «Un talento che va oltre l’etichetta del giallo, e si consolida nella letteratura.» La Stampa.

Uccidere, qualche volta – edito SEM – è il suo recente Noir dalle tinte erotiche: un romanzo sagace, in grado di smuovere il fango sotto i piedi.

«Con una scrittura vivace, capace di profonde riflessioni, la Mogliasso spinge il lettore ad osservare una realtà disturbante in cui l’omosessualità latente o negata è la metafora di tutte quelle vite in cui ci si scopre intrappolati a distanza siderale dalla propria vera essenza, qualunque essa sia »

Andrea Martina ha letto e recensito QUI il libro per Thriller Life.

Rosa Mogliasso ha gentilmente risposto alle nostre domande

1. Uccidere, qualche volta – il  tuo nuovo romanzo racchiude in sé una domanda. Puoi spiegarci il significato del titolo? 

Un titolo provocatorio: “uccidere” è parola forte, mentre: “qualche volta” è locuzione debole, quasi che l’uccidere, nel mondo che andrò a descrivere, possa essere azione da compiersi una o più volte, in leggerezza, dimenticandosi il numero di volte come ci si può dimenticare quello che si è mangiato a pranzo il giorno precedente.

Un mondo dove l’uccidere è previsto come ipotesi normalmente praticabile e non moralmente devastante per chi la deve compiere.

Dopodiché ATTENZIONE SPOILER: in questo libro succedono tante cose moralmente discutibili, ma nessuno viene ucciso.

2. La caratterizzazione dei personaggi, con il progressivo approfondimento delle dinamiche interiori, delle pulsioni sopite e dei desideri repressi sono estremamente curate. In che modo sei riuscita ad ottenere questo risultato?

Come ho scritto in un mio libro precedente “L’irresistibile simmetria della vendetta”: i personaggi sono mele, agenti di vita, hanno potenzialità impreviste, un personaggio inizialmente pensato per sostenere lo spazio di poche battute può rivelarsi così interessante da reggere uno o più capitoli.

Dobbiamo lasciarci sorprendere dai nostri personaggi, sono frutti che maturano su un albero, all’inizio abbiamo innumerevoli piccoli pomi dal colore incerto, poi alcuni di loro migliorano, diventano di un bel rosso brillante, mentre altri non hanno potenzialità di vita, abdicano, rinsecchiscono.

I personaggi sono mele: nascono, maturano, cadono dall’albero e, solo a quel punto, noi li possiamo raccogliere.

Quindi la risposta alla tua domanda(In che modo sei riuscita ad ottenere questo risultato?)è: fidandomi dei personaggi, lasciandoli fare.

3. In questo romanzo – Uccidere, qualche volta – non sembrano esserci buoni, ma solo cattivi (o pessimi cattivi, perché incapaci di esserlo davvero fino in fondo). E’ solo una scelta narrativa o riflette in qualche modo la tua personale visione del mondo?

È una scelta narrativa, i buoni ci sono, eccome, solo che non fanno notizia, nel negativo c’è più narrazione, se ci fai caso anche la nostra mente se lasciata a briglia sciolta tende a pensare “male”.

4. Leggendo il libro sembra di cogliere una netta distinzione tra uomini e donne, dove i primi sono i deboli, mentre le figure femminili appaiono estremamente forti, sebbene vittime delle proprie scelte e di quelle operare dai maschi con cui hanno a che fare. Pensi che oggi i personaggi femminili abbiano assunto questa dimensione per rispecchiare la realtà o è il tuo modo per offrire loro una rivalsa in un mondo ancora profondamente maschilista?

Non penso che il mondo sia maschilista, anzi, penso che i maschi contemporanei siano indeboliti.

Sono incerti, confusi, non capiscono bene cosa si voglia da loro.

Da questo punto di vista il personaggio di Beppe Pinardi è quello che spiega meglio questo cortocircuito del maschile, in un capitolo che si intitola “Siamo macchine” durante un bagno caldo tra gli effluvi di lavanda – in una sorta di monologo interiore – Beppe rievoca la sua vita di maschio e si interroga sulle ragioni del suo fallimento, del suo disagio.

Ma la risposta non arriva.

Ci sono solo le domande, per le risposte bisogna ancora lavorarci e ci dobbiamo lavorare tutti.

5. Anche il mondo adolescenziale mi pare abbia la sua importanza nella trama del romanzo. Totò è un quasi diciottenne certamente complesso ma anche maturo, consapevole delle proprie scelte e delle conseguenze che ne derivano. Sembra un osservatore del mondo in cerca delle giuste ragioni per vivere davvero la propria esistenza, più saggio degli adulti che gli stanno attorno. Anche questo è uno specchio dei tempi?

Sì, è esatto, i nostri giovani stanno “navigando a vista”, e solo quelli evoluti spiritualmente, tipicamente i giovani che hanno sofferto di più, si interrogano sul senso della vita, Totò è uno di questi.

Anche qui le domande imperversano, mentre le risposte latitano.

6. Il romanzo può essere legittimamente iscritto nella categoria dei noir, storie forti che non offrono compromessi al lettore ma solo la nuda verità dell’esistenza. E’ una definizione che condividi? Cos’è (e cosa dovrebbe essere) per te il noir o, se preferisci, il giallo contemporaneo?

Le storie a trama criminale sono per certi aspetti molti semplici: colpevoli e innocenti e, alla fine, la giustizia dovrebbe trionfare.

Nel noir non è detto che si arrivi al risultato, ovvero all’attribuzione di colpa, mentre nel giallo il colpevole deve essere stanato e possibilmente punito.

Io preferisco il noir, mi sembra più aderente alla realtà delle cose umane.

Ma il noir è complesso, meno ortogonale del giallo, quindi più difficile da scrivere nelle sue sfumature.

7. Il tema dell’omosessualità rinnegata, temuta e infine abbracciata è un altro tema forte del romanzo. La racconti dal punto di vista dei vari personaggi, ciascuno secondo la rispettiva declinazione culturale ed emotiva. E’ giusto dire che si tratta di un aspetto che ti interessava affrontare ancora più della trama prettamente crime?

Il tema del libro è la ricerca dell’identità, in certi casi questa ha anche a che fare con le scelte sessuali, ma è solo un aspetto della ricerca. 

8. Nel libro non mancano descrizioni sessualmente esplicite. Perché hai scelto  un linguaggio così diretto? Volevi spingere il lettore verso il confronto con dinamiche sessuali anche molto diverse dalle proprie o è stata una scelta narrativa maturata durante la stesura del libro?

Il libro, per certi aspetti, è un “porno comico”, nel senso che vi sono descrizioni esplicite, sì, ma tutte mediate da un registro ironico che cerca complicità tra chi scrive e chi legge a scapito dei personaggi.

Questo crea distanza tra il lettore e i fatti descritti, non c’è – almeno mi auguro- un coinvolgimento dei sensi, un tentativo di eccitare, ma semmai un invito alla risata. 

9. Chiusa l’ultima pagina, cosa vorresti che si pensasse di questo libro? Quali emozioni dovrebbe aver maturato al termine della lettura?

Simpatia!

Per i miei personaggi e per me che sono come loro: cerco di arrangiarmi, e nelle difficoltà della vita mi arrabatto, cercando di togliermi dall’impaccio quotidiano.

10. Passando alle domande più leggere, vuoi raccontarti a noi con tre aggettivi che ti contraddistinguono?

      Alta, indolente, cinica (ma su quest’ultima caratteristica ci sto lavorando).

11. Se dovessi scegliere tre titoli da consigliarci, quali sarebbero?

“Guardami” Jennifer Egan, “Anomalia” Hervé le Tellier, “Figli della furia” Chris Kraus

12. Prima di salutarci quale messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?

Forza e coraggio

Thriller Life ringrazia Rosa Mogliasso per la gentilezza 🙂

a cura di Andrea Martina