
Il capro espiatorio
Il giovane avvocato Libotz è l’ultimo arrivato in una cittadina svedese sperduta tra le montagne, un tempo famosa stazione termale.
Ora è un luogo spettrale, rifugio di pensionati, vedove e infermi, che trascinano la loro vita tra le vestigia inerti di un romantico passato.
Timido e impacciato, Libotz ha difficoltà a trovare clienti per il suo studio, né riesce a evitare di rendersi ridicolo mentre tenta di allacciare una relazione con la giovane cameriera Karin.
Straniero in un luogo ostile, portato ad accollarsi colpe non sue e a farsi schiacciare dal senso del dovere, sembra destinato a incarnare perfettamente il ruolo della vittima sacrificale, che infatti gli abitanti non tardano ad assegnargli.
Scritto nel 1906, Il capro espiatorio è l’ultimo romanzo di August Strindberg, il terzo della ‘trilogia della solitudine’, iniziata con Solo e proseguita con La festa del coronamento: una potente indagine sulla natura umana, sulla tragica inutilità di qualsiasi tentativo di opporsi al destino, sull’inafferrabilità dell’esistenza, che lo sguardo maturo dell’autore può finalmente contemplare con ironia e senza più amarezza.
Recensione
Il capro espiatorio è un libro scritto agli inizi del secolo scorso e di quel periodo porta in dote lo stile riflessivo e l’attenzione ai dettagli, che permettono di immaginare bene l’atmosfera di un piccolo paese della provincia svedese.
A sottolineare la distanza temporale con la nostra epoca non è però il paesaggio, la struttura del paese, le istituzioni locali: a colpire l’immaginario moderno è piuttosto la pressione sociale, l’importanza attribuita alla forma, al giudizio degli altri che prevalgono sempre sulla possibilità di una felicità personale.
Il protagonista è un uomo comune, una figura Kafkiana che tuttavia non deve la sua dannazione ad una burocrazia alienante, ad un nemico esterno tanto astratto da essere inaffrontabile quanto alla propria natura.
Incline alla condiscendenza, incapace di affermarsi, assillato da ciò che la società può pensare di lui, Libotz è portato ad una infelicità che finisce per accettare come un destino, incapace di concepire un cambiamento in sé e quindi una volontà di affermazione della propria identità, che resta indefinita.
Quella accettazione che un secolo fa poteva apparire persino eroica, sembra oggi solo triste se non, addirittura, ridicola. Questo porta inevitabilmente ad una riflessione sulla differente scala valoriale con cui interpretiamo oggi il mondo e farci chiedere se l’individualismo e l’affermazione di sé non abbia forse portato eccessi opposti, finendo per divenire obbligo, tratto comune, maschera.
Traduttore: Franco Perrelli
Editore: Carbonio
Pagine: 150
Anno pubblicazione: 2023
Autore
Johan August Strindberg (Stoccolma, 22 gennaio 1849 – Stoccolma, 14 maggio 1912) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta svedese.
Per la vastità e la rilevanza della produzione (che ricopre praticamente tutti i generi letterari ed è raccolta in circa cinquanta volumi, a cui se ne aggiungono ventidue di corrispondenze), il suo nome affianca il norvegese Henrik Ibsen all’apice della tradizione letteraria scandinava e raggiunge per riconoscimento unanime un seggio tra i massimi artisti letterati del mondo.
Carbonio ha recentemente pubblicato Solo e La festa del coronamento.
