
Il caso Colbert
Carlo Lefebvre è uno scrittore che gioca con il presente servendosi del genere giallo.
Lo fa con divertimento, con leggerezza, ma anche con il gusto di anticiparlo, quel presente, di usare l’intreccio e la trama per raccontarci la geografia e le contraddizioni di questa contemporaneità.
Al centro di questa mappa c’è Léonard Colbert, presidente di un’importante società di trading di tecnologie dell’informazione, che muore per collasso cardiaco in un garage della Défense, a Parigi.
La strana scomparsa del suo testamento inizialmente porta il commissario François Gerard a considerarla una bega di famiglia e una vicenda di scalata societaria.
Indaga sulla figlia di Colbert, Martine, bellissima trentaduenne amante dell’arte contemporanea, e sul figlio, Mathias.
Poi su due soci di Colbert: Marcel Lacroix, suo grande amico, e Ignacio Ortiz, un messicano.
Nulla riesce invece a sapere del terzo socio che si cela dietro una fiduciaria di Guernsey, Isole del Canale.
Qualcuno non vuole che Gerard scopra la verità su quella fiduciaria, ma neanche su una morte che potrebbe non essere naturale, né su un banale incidente domestico che potrebbe non rivelarsi tale.
Da questo momento l’intreccio del romanzo si infittisce; passando dalla Transnistria, in Moldavia, tocca la Nigeria e la Somalia con il traffico di armi e di rifiuti tecnologici.
Entrano nella storia una misteriosa donna ebrea di Olomouc, Repubblica Ceca, con un passato difficile.
Il capitano di un cargo affondato anni prima nel Golfo di Aden che ricompare all’improvviso a Odessa. Un killer che viene dall’Est, dalle molte facce, dai molti nomi, che parla molte lingue, che possiede un talento così eccezionale da uccidere in modo diverso cinque persone senza lasciare tracce.
E che conosce i segreti del tocco della morte dei monaci Shaolin.
Ma è compito del lettore seguire il filo Segreto di questo romanzo.
Fino al Ghetto di Venezia, luogo finale, simbolico, di una storia intensa e rocambolesca: talmente verosimile da turbare i nostri sonni.
RECENSIONE
È Interessante come parte questo giallo, in sordina, piano piano, per poi diventare un vero e proprio thriller con sviluppi a livelli internazionali.
Il caso Colbert Inizia con la morte, apparentemente per infarto, del magnate Léonard Colbert e la successiva scomparsa del suo testamento che aveva recentemente variato.
Il quadro iniziale si svolge a Parigi e viene chiesto al Commissario François Gerard di indagare, con discrezione, sulla sparizione del testamento, visto l’alto profilo delle persone coinvolte.
L’indagine riguarda i due figli di Colbert, Mathias, faccendiere che passa le giornate tra le spiagge delle isole del Canale ed i salotti bene di Parigi e la bellissima Martine, il cui unico interesse è organizzare un vernissage o una mostra d’arte.
Incontriamo inoltre la fedele segretaria Adenine e i due soci di “Geremia”, la società di cui Colbert era presidente e maggior azionista, ovvero Ignacio Ortiz e Marcel Lacroix.
Dopo pochi giorni, anche la segretaria muore per un incidente domestico: è da questo momento che l’intreccio s’infittisce, diventa un romanzo strutturato dove il commissario Gerard e tutta la sua squadra, iniziano a indagare, chiedendo il coinvolgimento anche dei servizi segreti francesi per avere notizie sul socio “occulto” della Società Geremia.
Si capisce che l’autore, Carlo Lefebvre è professore di geografia politico-economica perché spiega per bene al lettore come funziona il riciclaggio di rifiuti, partendo dalla Francia, passando dalla Transnistria, Moldavia, per arrivare fino in Nigeria e, successivamente in Somalia.
Penso che la Transnistria sia stata inserita nella trama per spiegare come sia possibile che tonnellate di rifiuti transitino per l’Europa e vengano poi imbarcati su navi con controlli pressoché inesistenti.
Questo stato si è autoproclamato indipendente nel 1990 dalla Moldavia, ma non è riconosciuto da alcun paese membro dell’Onu e, di conseguenza, terra fertile per i vari traffici malavitosi.
Non ha però uno sbocco sul mare, mentre la Moldavia sì, ed è per questo che Lefebvre l’ha aggiunta nella trama: è da qui che partono le navi cargo con i rifiuti pericolosi.
Questo romanzo non è un thriller d’azione, come Legittima Vendetta di Cosby, ma ricorda i bei gialli alla Miss Marple di Agatha Christie oppure il commissario Maigret di Simenon con un taglio, però, assolutamente contemporaneo.
L’altra grossa differenza con i gialli sopra citati è che lo spazio dell’indagine e di conseguenza del disegno malavitoso, compresi gli scambi ed i contatti fra di loro, dura oltre cinque mesi.
È un’indagine quindi basata per lo più sulle prove, avvistamenti e pedinamenti anche con l’aiuto di droni e l’indispensabile utilizzo delle “celluline grigie” del commissario Gerard, sebbene sia più giovane, affascinante e un po’ Dongiovanni rispetto a Maigret.
Seguendo la trama, a circa metà libro nel bel mezzo delle indagini sulle navi porta-container che nascondono i rifiuti e le armi, Lefebvre ci offre un collegamento con la morte della giornalista italiana Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin.
Un duplice omicidio avvenuto in Somalia, ad opera di un commando e mai risolto, uccisi perché si stavano avvicinando al cuore dei traffici d’armi, pagati col permesso di seppellire in Somalia le sostanze nocive; un traffico appunto che collega i paesi dell’Est con le Mafie di mezza Europa e la Somalia.
S’incastra alla perfezione nella trama, trova mandanti e colpevoli talmente bene e in linea con tutte le indagini fatte a suo tempo, che mi piacerebbe sapere se Lefebvre abbia costruito il libro attorno a questi omicidi, oppure è stato un modo per ricordare la memoria e acciuffare i colpevoli, almeno nella finzione.
L’omicidio della Alpi, avvenuto nel 1994, viene collegato nel libro con un affondamento di una nave per impedire alla polizia somala di perquisirla e trovare i rifiuti pericolosi.
Proseguendo nella lettura, il racconto si sviluppa e incontriamo diversi personaggi di stile mafioso provenienti dai paesi dell’Est Europa.
Una donna schiavizzata e utilizzata come prestanome ed un killer dalla “faccia di gomma”, in grado di assumere diverse identità che impiega modi molto fantasiosi per uccidere, alcuni sconosciuti anche ai lettori più assidui di gialli.
Mi è piaciuto lo sviluppo che Lefebvre dà alla protagonista, Martine, che passa dal cliché di bella ragazza ricca, impegnata a divertirsi, a donna che vuole capire cosa si cela dietro la società che ha ricevuto in eredità e che non esita a mettersi in gioco, rischiando anche la vita.
Il caso Colbert è un noir che dipana i suoi tentacoli come un polpo, all’inizio lo leggi e te lo immagini tranquillo, in attesa, tutto raccolto, ma poi, il polpo, inizia a distendere i suoi tentacoli, uno per volta, e devi leggere, non puoi fermarti, perché altrimenti non riusciresti a seguire questo spettacolo naturale che si sposta agilmente da un paese all’altro dell’Europa, per poi chiudere il tutto, rilasciando il suo inchiostro, in una bellissima villa nel cuore del Ghetto di Venezia.
Editore: BEAT
Pagine: 400
Anno pubblicazione:2023
AUTORE
Professore ordinario fuori ruolo di Geografia Economico-Politica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Project leader di programmi e progetti d’investimento, membro di Commissioni per la Presidenza del Consiglio.
Carlo Lefebvre è autore di numerosi saggi e monografie.
