
Omicidio a Chernobyl
Ci sono posti peggiori di altri dove morire.
E posti peggiori di altri dove essere spediti al primo incarico in polizia: l’agente Galina Novak ha solo una ventina d’anni, eppure deve aver fatto qualcosa di molto brutto per essere finita a lavorare lì, in piena zona contaminata, a un passo dai reattori che quarant’anni fa fecero tremare il mondo.
Almeno così s’immagina l’ispettore Melnyk, che in quei luoghi ci vive e lavora da anni.
La scena del crimine che tra non molto si troveranno di fronte non è di quelle usuali: un uomo, orribilmente mutilato, è stato trovato appeso a un edificio.
Il vento fa oscillare il suo corpo senza vita, deve aver subito torture indicibili.
L’indagine è appena cominciata, quando per l’ispettore Melnyk si profila un ostacolo inaspettato: Aleksandr Rybalko, ex poliziotto russo, cui resta poco da vivere, ma a cui il padre della vittima ha affidato l’incarico di scoprire chi ha ucciso suo figlio.
I due poliziotti si ritroveranno così fianco a fianco in un’indagine piena di insidie.
Non solo: ben presto, si scoprirà che anche la madre della vittima era stata uccisa in circostanze misteriose, insieme a un’altra donna, in una data impossibile da dimenticare: il 26 aprile 1986.
RECENSIONE
Sono rimasta piacevolmente sorpresa da questo thriller perché, da quanto riportato nella sinossi, mi aspettavo due poliziotti che collaborano per scoprire killer; il tutto ambientato a Chernobyl.
Ma è solo la punta dell’iceberg, lo specchietto per le allodole.
Fin dalle primissime pagine, il contesto e l’ambiente non fanno da sfondo ma sono i veri protagonisti di questo thriller, serratissimo ed efficace.
È Il 26 aprile 1986.
A Chernobyl scoppia il reattore n.4 della centrale nucleare: è la più grave catastrofe di questo genere dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki.
In questo clima da guerra fredda tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, con le due superpotenze che facevano a gara per primeggiare su qualsiasi cosa, le notizie arrivano in ritardo, frammentate, con valori, circa l’accaduto, sottostimati.
I primi ad intervenire dopo il disastro sono i vigili del fuoco che cercano come possono di spegnere l’incendio, ma nessuno ha un’idea precisa degli effetti che avrà sulla popolazione; ciò nonostante, le città confinanti nel raggio di 30 km vengono fatte evacuare, prima fra tutte la città di Pripyat, costruita negli anni ’70 per i dipendenti della centrale nucleare.
Non ci sono numeri precisi sui morti per gli effetti delle radiazioni; i figli degli ex residenti ne pagano ancora le conseguenze con leucemie e tumori, senza parlare del disastro ambientale.
A tutt’oggi non si può vivere in quelle zone, né tantomeno coltivare oppure utilizzare materiale proveniente da quelle città, dove le radiazioni sono altissime.
L’economia in questi posti è inesistente, ci sono contrabbandieri di rottami di metallo radioattivo che lo estraggono di notte:
veniva fuso nelle fonderie del Donbass, poi inviato in Cina o India per essere trasformato in cofani di macchine, scale a pioli o monopattini che venivano rivenduti sul mercato europeo
Nella zona intorno a Chernobyl, in questo contesto apocalittico, è possibile incontrare abitanti clandestini e, per quanto assurdo possa sembrare, turisti da tutto il mondo: sono i pullmini autorizzati del cosiddetto “turismo macabro”.
Turisti che vogliono scattare foto o selfie nei luoghi contaminati dalle radiazioni:
un pulmino Toyota in fondo alla via Lenin aveva grossi adesivi sulle portiere che pubblicizzavano lo slogan “Il viaggio che farà ingelosire tutti i vostri amici”
Questo è il clima cupo, nero e denso che aleggia sul thriller per tutta la durata del libro: ogni cosa è causata direttamente o indirettamente dal disastro nucleare.
I primi poliziotti che incontriamo sono la giovane agente Galina Novak, fresca di accademia e l’ispettore Melnyk, che ha pagato la sua integrità con il trasferimento nella zona radioattiva; sì perché per essere spedito a lavorare in queste zone, vuol dire che hai combinato guai grossi.
Integerrimo, tutto d’un pezzo, non si lascia corrompere, Melnyk è costretto dalla moglie a spogliarsi tutti i giorni sullo zerbino, perché lei non vuole rischiare di avere la benché minima traccia radioattiva in casa.
Dall’altra parte troviamo Alexander Rybalko, il cui padre era un pompiere che morì nel tentativo di spegnere le fiamme allo scoppio del reattore; rimasto orfano si trasferì in Russia.
In questo thriller lui riassume tutto l’immaginario collettivo del peggior tipo di poliziotto: corrotto, ubriacone, drogato, insomma totalmente inaffidabile; anche se, durante il racconto, cerca il riscatto personale.
Viene arruolato dal padre della prima vittima, Viktor Sokołów ex ministro russo ricco ed influente, per trovare il killer del figlio Leonid dietro un enorme compenso, di cui Rybalko ha bisogno per operare sua figlia.
La morte di Leonid Sokolow è raccapricciante, così come i successivi omicidi che mi ricordano per le modalità e dovizie di particolari Il silenzio degli innocenti.
È chiaro fin dalle prime indagini che questi omicidi sono collegati all’assassinio di due donne, una di queste è proprio la madre di Leonid, accadute la sera del disastro nucleare e rimasti impuniti.
Non so se Audic sia andato a Chernobyl prima di scrivere questo romanzo, ma mentre leggi ti senti come trasportato lì.
Le descrizioni sono così credibili che mentre leggi questo romanzo ti sembra davvero di percorrere le strade di una città colpita dall’apocalisse.
La trama del romanzo è ben costruita, ma trovo alcune sottolineature di troppo.
Per esempio, quando cita “i cavalli di razza Przanalski, una specie in via di estinzione, portata li per permettere la riproduzione e tenere sotto controllo la crescita della vegetazione attorno a Chernobyl”; oppure “ai tempi dell’Unione Sovietica tutto il paese si era riempito di quelle verruche di cemento a buon mercato”. Secondo la mia opinione non c’entrano con il thriller e appesantiscono il racconto.
I suoi eroi sono personaggi drammatici segnati dall’impronta di quegli eventi e traspare evidente l’antipatia reciproca tra le due popolazioni, così come la presa di parte dell’autore:
la lingua degli usignoli era il nomignolo che gli Ucraini davano alla loro lingua per via della musicalità…
Avevo già letto libri che trattavano l’argomento del disastro di Chernobyl, ma in questo romanzo Audic sottolinea molto bene, attraverso i suoi personaggi, quale disastro di proporzioni enormi avrebbe subìto una buona parte della popolazione europea se quei pompieri non avessero sacrificato la propria vita per spegnere l’incendio del reattore.
Traduzione: Gaia Cangioli
Editore: Piemme
Pagine: 480
Anno pubblicazione:2023
AUTORE
Nato a Saint-Malo nel 1980, Morgan Audic è uno dei più apprezzati autori di polizieschi in Francia.
Omicidio a Chernobyl, il suo secondo thriller, ha venduto più di 70.000 copie e ha vinto l’Étoile du meilleur polar del quotidiano Le Parisien, il Prix Découverte Polars Pourpres e il Prix des lecteurs Le Livre de Poche Polar. Vive a Rennes, dove insegna storia in un liceo.
