
Detective in cerca d’autore
Alle 11 di uno sfavillante mattino primaverile la signora Cowper, madre di un famoso attore, entra in un’agenzia di onoranze funebri per prendere accordi per il proprio funerale; verrà assassinata sei ore più tardi nel suo appartamento londinese, strangolata con il cordoncino di una tenda.
È una morte che Daniel Hawthorne, ex detective e oggi consulente esterno della squadra omicidi, non può derubricare a coincidenza.
Oltre ai modi bruschi, l’insulto facile e le tasche vuote, Hawthorne ha un fiuto eccezionale, utile alla polizia nei casi più spinosi.
Chiamato a investigare anche in questa occasione, vorrebbe che il celebre giallista Anthony Horowitz, sua vecchia conoscenza, scrivesse un libro sull’indagine in corso: sarebbe senz’altro un bestseller, i cui guadagni verrebbero divisi in parti uguali.
Ed è uno spunto di trama servito su un piatto d’argento a uno scrittore momentaneamente a corto di idee.
Quindi, sebbene Horowitz non abbia alcuna voglia di immischiarsi con un uomo a dir poco spigoloso, eccolo ritrovarsi, suo malgrado, coinvolto nel progetto.
Un produttore teatrale accusato di frode, una domestica dal passato discutibile, un figlio sregolato: sono solo alcuni degli indiziati che affollano un intrigo in cui tutti, Hawthorne compreso, sembrano nascondere qualcosa; una trama che parrebbe unire ai due capi dello stesso filo la morte della signora Cowper e un vecchio caso di cronaca, e che spinge Horowitz a posare la penna per vestire a sua volta i panni del detective.
RECENSIONE
Interessante, con atmosfere d’altri tempi raccontato ai giorni nostri, con un pizzico di British humor e lo scrittore, Anthony Horowitz che fa da narratore: queste sono le ottime premesse di Detective in cerca d’autore.
A prima vista sembra che faccia un po’ la parte di Watson, che segue fedele questo Sherlock Holmes sbucato dal nulla che gli ha chiesto, quasi implorato, di scrivere un libro giallo sull’omicidio della signora Cowper e dividere i profitti con lui al 50%.
A prima vista sembra un caso facile e, per uno scrittore che è a corto di idee creative, sarebbe una passeggiata scrivere un buon libro.
A prima vista sembra che l’autore sparisca, che si metta al servizio del detective Hawthorne e, in alcune occasioni, che lo finanzi dato che lui è a corto di soldi.
A prima vista, appunto!
In realtà Horowitz si prende quasi tutta la scena e scopriamo molto della sua vita personale e professionale, come crea, come pensa quando deve scrivere un libro, cosa aggiunge e cosa toglie al suo personaggio.
Gioca Horowitz con il suo nuovo detective, lo rende burbero, antipatico, quasi geniale, freddo e distaccato e, dulcis in fundo, anche omofobo!
Lo fa con stile e una buona dose di British humor che si legge volentieri e che in questo caso, dà quasi più spessore al suo detective, nonostante la sua, apparente, intenzione dell’opposto.
Lo fa, secondo me, prendendo un po’ spunto da Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, dove questi personaggi capitano a caso su un palcoscenico mentre si svolge una piece teatrale.
Con la stessa casualità ci presenta il detective Hawthrone e lo segue nelle sue indagini sulla morte della signora Cowper, prendendosi anche qualche dubbio su come finire il libro, nel caso in cui non fosse in grado di trovare il colpevole.
È un gioco continuo tra la sua realtà di scrittore, la quotidianità degli appuntamenti con l’agente, sul cosa e come scrivere, contrapposta al contrasto del giallo inventato e dal suo detective che intuisce dai piccoli dettagli, parti molto importanti di vita quotidiana dei protagonisti di questo romanzo.
È proprio l’attenzione ai piccoli dettagli che fa la differenza, sostenuta dalla sua scrittura elegante che riporta alla Golden-Age, condita da battute che, alternativamente, fa lui o il suo detective.
Non perde tempo nella descrizione del suo nuovo personaggio, te lo ritrovi scritto tra le righe del libro e, nonostante sia totalmente antipatico, per qualche strana alchimia è impossibile non amarlo.
All’inizio del giallo, mentre ancora è in dubbio se scrivere o meno il romanzo, Horowitz viene ripreso dal suo detective perché durante le prime scene del libro, troviamo la signora Cowper che va all’agenzia di pompe funebri; in queste pagine, lo scrittore ha inserito particolari come il campanello che suona sulla porta o la Montblanc, che non c’erano nella realtà, oppure nella finzione…
Sembra davvero di essere davanti ad un palcoscenico dove è in corso uno spettacolo; non solo, ti lancia indizi e sospetti riguardanti la trama del thriller anche nel bel mezzo di un’animata discussione tra i due personaggi.
Tant’è che a un certo punto, sono anche tornata sui miei passi, perché mi ha fatto credere di aver perso un indizio!
Assolutamente esilarante poi il passaggio dove Horowitz è in riunione con due grandi registi, Steven Spielberg e Peter Jackson per la realizzazione di un progetto ed improvvisamente arriva Hawthrone a disturbare il tutto e a concluderlo, facendogli perdere un’incredibile opportunità.
Un perfetto miscuglio di realtà e finzione, dove lo scrittore mostra una trama assolutamente ben congegnata di un giallo e, contemporaneamente, come ragiona uno scrittore per elaborare questa trama, renderla credibile e trovare il colpevole prima del suo detective!
O forse è solo un’illusione…
Traduzione: Francesca Campisi
Editore: Rizzoli
Pagine: 336
Anno pubblicazione:2023
AUTORE
Anthony Horowitz è uno degli scrittori più prolifici ed eclettici del Regno Unito.
Noto soprattutto per la serie bestseller di Alex Rider, è anche sceneggiatore per la televisione, e ha prodotto, tra le altre, la prima stagione dell’Ispettore Barnaby.
Nel 2014 ha ricevuto il titolo di Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per meriti in campo letterario.
Nel 2023 esce per Rizzoli, Detective in cerca d’autore, primo titolo del detective Daniel Hawthorne.
