Il manipolatore
Recensione di Alessandra Boschini
TRAMA
Un serial killer. Un poliziotto. Due menti fuori dal comune. Dicembre, Santiago de Compostela. Yoel Garza, ispettore della polizia giudiziaria, riceve una chiamata d’emergenza. È stato ritrovato uno scheletro sepolto con un foro di proiettile nel cranio. Mancano tutti i denti tranne un incisivo d’oro.
A Yoel quella scena ricorda in modo impressionante la copertina di un romanzo pubblicato da un suo vecchio compagno di scuola, Antonio Servàn… Ma la cosa più inquietante è un’altra: accanto alle ossa è stato rinvenuto l’anello di fidanzamento perso dalla sua ragazza mesi prima. Chi lo ha messo lì e perché? Per l’ispettore Garza avrà inizio una battaglia psicologica dal ritmo vertiginoso, una lotta contro il tempo per scoprire l’identità di un macabro serial killer che ha tessuto un folle piano per anni.
RECENSIONE
Il vocabolario Devoto – Oli cita alla voce manipolatore: “orditore di trame o di raggiri”, mentre Wikipedia tratta la manipolazione come “un tipo di influenza sociale finalizzata a cambiare la percezione o il comportamento degli altri usando schemi e metodi subdoli e ingannevoli che possono anche sfociare nell’abuso sia psicologico che fisico”.
“Il manipolatore” di Francisco Lorenzo è tutto questo: un continuo gioco psicologico tra i due protagonisti, un’ossessione che li unisce, anche se in modo diverso.
Yoel Garza, ispettore di polizia giudiziaria a Santiago de Compostela, e Antonio Serván, autore di best seller, si conoscono fin dai tempi della scuola.
L’infanzia di Antonio, segnata dalle continue e ripetute percosse del padre sotto l’occhio indifferente della madre, è marchiata anche da episodi di bullismo.
L’unico a prendere le sue difese è Yoel, ma Antonio subisce in silenzio, lasciandosi apparentemente scivolare addosso tutto quanto, fino a quando la sua rabbia esplode provocandogli un grande piacere.
Sfoga i suoi sentimenti sulle pagine e una sua insegnante, accortasi delle sue doti, lo sprona e lo aiuta a migliorare sempre di più, contribuendo a creare “il più grande autore di best seller di tutto il paese”.
Dopo vent’anni, i due protagonisti vedono incrociare di nuovo i loro destini, anzi, scopriamo che non è certo il fato a riunirli, bensì la mente malata di un romanziere che usa la scrittura per coprire i suoi piani.
Piani già costruiti in precedenza, architettati nei minimi dettagli, progettati minuziosamente, segnati dai ricatti per ordire una vendetta covata per anni, secondo “il sano principio che il mondo sia un luogo migliore senza determinati individui che hanno il solo scopo di causare sofferenza agli altri”.
E’ un thriller atipico “Il manipolatore” perché, già dalle prime battute, sappiamo chi è la vittima e chi il carnefice: conosciamo, pagina dopo pagina, l’escalation di emozioni e la sete di vendetta che muovono la mano del serial killer.
L’autore ci indica subito quale sarà la vittima finale, designata da un malessere covato per anni.
Il continuo alternarsi tra presente e passato ci mostrano perché, come e dove l’assassino colpirà.
E’ il modo, la spinta, il movente, il rapporto causa – effetto quello che leggiamo: Antonio Serván è uno psicopatico narcisista, compone i suoi romanzi “la cui trama è già scritta dall’inizio alla fine”, perché lui ha già compiuto l’opera.
Attendiamo l’atto finale perché il dito è puntato contro Yoel: è lui che deve pagare, dopo vent’anni di attesa e dopo che i libri di Antonio sono diventati famosi, perché “chiunque volesse trasformare una storia di finzione in realtà dispone di un manuale che gli dice per filo e per segno come fare”.
Sembra di vedere il gatto che gioca col topo, un elastico che viene teso e poi allentato, la vittima che diventa colpevole per poi ribaltarne i ruoli.
Mentre leggiamo “Il manipolatore”, la nostra mente viene continuamente imbrogliata: nel momento in cui crediamo di aver intuito la mossa successiva, ecco che l’autore semina nuovi indizi.
Ne Il manipolatore c’è prima l’omicidio, l’atto criminale e poi il romanzo – cioè Serván scrive dei delitti che ha già commesso, ne trae ispirazione, ottenendo così una storia dettagliata e realistica?
Oppure c’è prima il romanzo e poi il crimine – ovvero l’autore ricrea la propria storia così come potrebbe fare un emulatore, un fan disturbato, scagionando così l’autore?
“Se sei capace di analizzarlo, l’essere umano è l’animale più prevedibile del mondo, gli esseri umani sono facilissimi da manipolare se sai come farlo”.
Così tra chi spia a suon di microtelecamere, intercettazioni telefoniche e pedinamenti, e chi viene spiato, “Il manipolatore” ci offre una lettura godibilissima, nonostante i ruoli siano ben chiari fin dall’inizio.
C’è una continua e palpabile tensione narrativa, l’autore è riuscito ad analizzare i personaggi nel loro divenire, nella loro iperbole di rabbia e inquietudine che sfocerà in un tragico, quanto prevedibile epilogo.
Manca un approfondimento dell’ambientazione: gli eventi narrativi si compiono in una Galizia che appare come un fondale nebuloso, appena accennato, per focalizzare meglio l’attenzione sui personaggi.
I numerosi dialoghi e i brevi capitoli contribuiscono a rendere la lettura veloce e scorrevole.
TRADUZIONE Micol Cerato
EDITORE: Newton Compton
PAGINE: 320
ANNO PUBBLICAZIONE: 2024
AUTORE
Francisco Lorenzo è nato a Santiago de Compostela nel 1986. Laureato in Pubblicità e Relazioni Pubbliche, ha sempre sentito il bisogno di creare storie. Nel 2021, con l’aiuto di un editore di giochi da tavolo, ha lanciato un’escape room narrativa da lui ideata. Tuttavia, il suo modo preferito di raccontare storie è sempre stato il romanzo. Il manipolatore è il suo libro d’esordio.