Fede di Dror Mishani

Fede
Non c’è nulla di banale nella normalità di un crimine.

Fede

Recensione di: Alessandro Quadri di Cardano

TRAMA:

Il protagonista del libro è Avraham Avraham, capo ispettore del distretto di polizia di Holon, una città a sud di Tel Aviv. Desideroso di affrontare casi più interessanti, Avraham si imbatte nella scomparsa di un turista svizzero e nel ritrovamento di una neonata abbandonata. Durante le indagini, sospetta che il turista sia un agente del Mossad e che la sua morte sia legata a una relazione con una giornalista libanese.

Parallelamente, la detective Esti Wahaba conduce un’indagine sull’abbandono della neonata, che porta a rivelazioni familiari complesse. Mentre Avraham cerca di scoprire la verità dietro la morte del turista, si scontrano interessi politici e segreti di stato. Con una trama ben strutturata e ricca di sfumature psicologiche, il romanzo affronta temi di giustizia, identità e relazioni familiari, offrendo un’avvincente storia di indagini e rivelazioni.

RECENSIONE:

Emunah, ossia “fede”, è il nome che viene dato a una neonata trovata abbandonata all’interno di una borsa nei pressi di un centro commerciale. Ma il titolo del romanzo fa anche riferimento alla fede del protagonista, Avraham Avraham, un uomo che, nonostante tutto, continua ad avere fiducia nella giustizia. Non in quella divina, ma nella terrena, quella a cui ogni persona dovrebbe aspirare, soprattutto se è un poliziotto.

Il maestro del giallo israeliano, Dror Mishani, ci regala un’indagine talmente normale da apparire insolita rispetto al panorama letterario italiano.

Siamo a Tel Aviv, e l’ispettore capo Avraham, dopo anni passati a risolvere delle indagini banali, sogna di fare il grande passo e salire di categoria. Vorrebbe raggiungere un servizio di sicurezza dello stato, magari lo Shin Bet.

Dopo aver informato il suo capo della decisione di lasciare i “piani bassi” della polizia, viene mandato in un hotel di terza categoria dove un cliente sembra essersi volatilizzato nel nulla. Ma ecco che una denuncia banale si trasforma in qualcosa d’intrigante, perché dei “parenti” sono venuti a svuotare la camera d’albergo e a pagare il conto. Il tutto, neanche a dirlo, senza mostrare un documento d’identità e senza lasciare un recapito.

L’istinto da sbirro di Avraham lo porta subito a identificare degli elementi sospetti e più il poliziotto scava, maggiore è la consapevolezza che non c’è nulla di banale nella normalità di un crimine. Soprattutto quando Annette, la figlia dell’uomo scomparso, lo informa che il padre lavorava per il Mossad.

Ci sono due elementi in particolare che colpiscono in Fede di Dror Mishani. In primo luogo, lo stile, perché la vicenda è narrata in terza persona da parte di una voce onnisciente, che ci racconta l’indagine dal punto di vista del protagonista, avendo pieno accesso ai suoi pensieri e sentimenti. Una scelta stilistica che in Italia viene fatta sempre meno, preferendo, invece, una narrazione più immersiva, che dovrebbe facilitare la connessione tra lettore e personaggio. Ciononostante, Avraham è un protagonista con cui è facile empatizzare, di cui si intuiscono sia la fragilità che la frustrazione di vivere una realtà diversa da quella sognata in gioventù.

Sì, perché l’Ispettore Capo è un grande sognatore, che ha passato la giovinezza a leggere romanzi polizieschi. Così, quando l’indagine lo porta a Parigi e lui si ritrova a collaborare con i colleghi francesi, Avraham si emoziona, come se stesse discutendo con il commissario Maigret in persona. Proprio questo aspetto, ossia che il suo cuore sia rimasto indomito, incapace di abbandonare i sogni infantili, lo rende fragile e sincero. Ciò permette al lettore di affezionarsi subito a lui e di comprendere le sue frustrazioni.

Il secondo elemento degno di nota è dato dalla trama a prima vista banale. Abbiamo, infatti, una doppia indagine: da un lato Avraham che cerca di trovare il turista scomparso e dall’altro la sua collega, Esti Wahaba, che deve scoprire chi ha abbandonato la neonata al centro commerciale. Fatti di cronaca minori, roba che non terrebbe più di un paio di giorni sui giornali, ma che permettono, invece, di creare due indagini avvincenti, in cui il male non è rappresentato da efferati serial killer, ma da persone all’apparenza normali.

Sullo sfondo della doppia indagine, i cui casi ad un certo momento confluiscono, abbiamo uno spaccato della società israeliana di oggi e la questione della difficile convivenza con la comunità araba, dovuta alla diffidenza che esiste tra questi due gruppi etnici.

La presenza dei diversi elementi permette al lettore di seguire la vicenda lungo un percorso prestabilito che riesce, grazie a un protagonista accattivante e a una prosa pulita e snella, a non annoiare e a mantenere alto l’interesse del lettore.

Il risultato finale è un giallo piacevolmente diverso.

Traduzione: Alessandra Shomroni

Editore: E/O

Pagine: 264

Anno di pubblicazione: 2024

AUTORE:

Fede

Dror Mishani è nato nel 1975 a Holon, nel distretto di Tel Aviv. È diventato noto a livello internazionale grazie ai suoi romanzi gialli con protagonista l’ispettore Avraham Avraham: Un caso di scomparsa (Guanda 2013, diventato un film con Vincent Cassel), Un’ipotesi di violenza (Guanda 2015) e ora Fede, E/O edizioni. Ex giornalista delle pagine culturali di Haaretz, Mishani è docente di letteratura poliziesca all’Università di Tel Aviv e si è specializzato in storia del romanzo giallo. Tre (Edizioni E/O 2020) ha segnato per lui un punto di svolta: in Israele il romanzo è diventato un fenomeno letterario da decine di migliaia di copie. Dror Mishani vive con la sua famiglia a Tel Aviv.

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