Un tranquillo weekend di scrittura
Recensione di: Eleonora Francesca Grotto
TRAMA:
Il 30 maggio 1999, sotto una pioggia torrenziale, un gruppo di amici si incontra in un’elegante dimora del Wiltshire. Anatol, il proprietario della casa, ha da poco perso il padre in circostanze sospette, ma, come sempre, ha riunito tutti per festeggiare il suo compleanno. Agli invitati propone un gioco: ognuno dovrà scrivere un racconto giallo, in cui vittime e assassini siano loro stessi, e il testo verrà battuto su un paio di vecchie macchine da scrivere, in modo che l’autore non venga svelato.
Anatol può contare sulla perfetta organizzazione di Phoebe, insegnante rigorosa, che si occupa che tutto proceda per il meglio. E su Dean, il suo affascinante migliore amico, che ha altro per la testa, ma decide comunque di non boicottare il desiderio di Anatol.
Maya, l’artista del gruppo, ha un’attrazione morbosa per la morte e accetta di buon grado, alla ricerca di uno stimolo che possa smuovere la sua proverbiale apatia. Marcin, milionario malinconico, è critico nei confronti della proposta, ma pensieri ben più drammatici sembrano offuscare il suo orizzonte. E poi c’è Janika, appena rientrata da un viaggio in Australia, che raggiunge il gruppo all’ultimo momento e avverte fin da subito che qualcosa non sta andando nel verso giusto.
Perché quando si affida un compito del genere a persone che si conoscono da una vita, è naturale che attingano a ciò che hanno a disposizione: segreti, rancori, tradimenti. Così, per ogni omicidio immaginario, qualcuno ricava un movente per un omicidio reale, mentre i piani si confondono, la realtà si intreccia ai racconti e nella mente del lettore si fa largo il quesito più importante: se ci sarà un vero omicidio, sarò in grado di riconoscerlo? “Un tranquillo weekend di scrittura” è un gioco di scatole cinesi in cui il lettore è chiamato in prima persona a partecipare alla risoluzione del caso.
RECENSIONE:
“Un tranquillo weekend di scrittura” di Alex Pavesi si presenta come un thriller potenzialmente ricco di sfaccettature, un’opera che promette di giocare con le aspettative del lettore e di offrire una trama intricata e sorprendente. Sulla carta, gli ingredienti per un successo ci sono tutti: un’ambientazione suggestiva, un gruppo di personaggi con segreti inconfessabili e un meccanismo narrativo originale. Tuttavia, il romanzo fatica a decollare, rimanendo intrappolato in una serie di indecisioni narrative e in una gestione dei personaggi che lascia più di qualche perplessità.
La storia si apre con un gruppo di amici che si riuniscono in una casa di campagna inglese per festeggiare il trentesimo compleanno di uno di loro, Anatol, il proprietario della tenuta. L’atmosfera è carica di tensione, poiché il padre di Anatol è morto di recente in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé una scia di dubbi e sospetti. Per movimentare il weekend, viene proposto un gioco di scrittura: ogni partecipante deve scrivere un racconto con un omicidio, utilizzando i nomi degli altri invitati come vittima e assassino.
L’idea di base è indubbiamente intrigante e offre terreno fertile per sviluppare una narrazione a più livelli, in cui realtà e finzione si mescolano continuamente. Il lettore viene immediatamente catapultato in un labirinto di specchi, dove è difficile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è frutto dell’immaginazione dei personaggi. Questa ambiguità, che potrebbe essere uno dei punti di forza del romanzo, si rivela invece un’arma a doppio taglio.
Se da un lato l’escamotage narrativo incuriosisce e stimola la partecipazione attiva del lettore, invitandolo a decifrare gli indizi e a formulare le proprie ipotesi, dall’altro l’eccessiva frammentazione della narrazione finisce per disorientare e frustrare. La trama si sviluppa in modo discontinuo, saltando da un personaggio all’altro senza un apparente filo conduttore. I racconti scritti dai protagonisti si alternano a squarci di realtà, creando una sensazione di caos e confusione che rende difficile seguire il corso degli eventi.
A questo si aggiunge una gestione dei personaggi a dir poco problematica. Pavesi sembra incapace di approfondire le loro psicologie, limitandosi a tratteggiarli in modo superficiale e stereotipato. Le loro motivazioni rimangono oscure, le loro azioni appaiono spesso immotivate e il lettore non riesce a stabilire un legame empatico con loro. Di conseguenza, la suspense e il coinvolgimento emotivo vengono meno, lasciando spazio a un senso di distacco e indifferenza.
Il romanzo soffre anche di una mancanza di ritmo. La narrazione procede a rilento, con dialoghi prolissi e ripetitivi che non contribuiscono ad arricchire la trama. L’accumulo di dettagli e informazioni non fa che aumentare la confusione, anziché chiarire i punti oscuri della vicenda. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a un puzzle incompleto, in cui i pezzi non combaciano e l’immagine finale rimane sfocata.
Nonostante questi difetti, “Un tranquillo weekend di scrittura” non è privo di elementi positivi. La scrittura di Pavesi è scorrevole e piacevole da leggere, e qua e là si possono apprezzare alcune intuizioni narrative interessanti. Tuttavia, questi spunti rimangono isolati e non riescono a risollevare le sorti di un romanzo che, nel complesso, risulta confuso e poco coinvolgente.
In definitiva, “Un tranquillo weekend di scrittura” è un’occasione mancata. L’idea di base era promettente, ma l’esecuzione lascia a desiderare. Il romanzo si perde in un labirinto di trame secondarie e personaggi poco sviluppati, senza riuscire a creare un’atmosfera di suspense e mistero degna di un thriller. Un vero peccato, perché con una maggiore cura nella gestione della trama e dei personaggi, questo libro avrebbe potuto essere una piacevole sorpresa.
Traduzione: Alessandra Petrelli
Editore: Mondadori
Pagine: 360
Anno di pubblicazione: 2025
AUTORE:

Alex Pavesi è un autore inglese di grande successo. Prima di diventare uno scrittore a tempo pieno, ha lavorato come ingegnere informatico e ha studiato matematica, facendo il libraio part-time.