Intervista su “I fiori della morte”: Impegno, studio, dedizione e opportunità. La strada di Vittorio Colitta e del commissario Rinaldi

Vittorio Colitta

I fiori della morte

Domande a cura di : Redazione

Spazio a cura di: Sharon Lattanzi

I fiori della morte

Autore: Vittorio Colitta ha 25 anni, è laureato in lettere e ha conseguito da poco anche una laurea magistrale in filologia moderna. Scrive perché ama leggere e, infatti, la sua carriera da scrittore è nata grazie alla lettura di “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie.

ThrillerLife: ciao Vittorio! Grazie per aver accettato questa intervista. Sul web è quasi impossibile trovare informazioni su di te se non attraverso la tua pagina Instagram che risulta comunque molto sintetica. Hai voglia di raccontarci di più sull’autore che ha firmato “I fiori della morte”? Cosa ti ha portato a scrivere?

Vittorio Colitta: Innanzitutto permettimi di ringraziare ThrillerLife per quest’intervista e per l’affettuosa attenzione che state ponendo al mio romanzo. Sicuramente la storia di uno scrittore è decisamente meno interessante della vicenda che egli racconta, almeno per me. Come hai letto nella sintetica nota biografica posta nell’aletta posteriore del libro, ho 25 anni, sono laureato in lettere alla triennale e due settimane fa ho conseguito la laurea magistrale in filologia moderna. Per quanto riguarda il mio percorso da scrittore, tutto è nato dalla lettura.

Era un torrido agosto di tanti anni fa, una di quelle giornate afose dove è impossibile uscire se non di sera. Avevo trovato rifugio in una stanza adombrata e lì ho letto per la prima volta “Assassinio sull’Orient Express”. Da lì è nato il mio amore per i gialli. Poi, circa tre anni fa, un po’ per diletto e un po’ per curiosità, ho partecipato a un concorso per esordienti realizzato da Feltrinelli, ovvero Giallo in libreria che prevedeva la stesura di un breve racconto crime ambientato in una libreria Feltrinelli d’Italia. Scrissi e inviai il racconto.

Questo accadeva a settembre, mentre a novembre vennero resi noti i dieci vincitori nazionali e da lì è iniziato tutto. La Feltrinelli pubblicò il racconto in una sua antologia e vinsi una parte di borsa di studio per seguire un master di Crime factory a Milano, un corso diretto da Paolo Roversi, con delle lezioni tenute da prestigiose penne del giallo italiano, come De Giovanni, Carlotto, Teruzzi. Andare a scuola o a bottega è fondamentale. La scrittura è un lavoro artigianale e in quanto tale bisogna apprenderlo. Durante questo master ho avuto modo di conoscere e imparare le regole per la realizzazione di un romanzo crime e questo mi ha portato a comporre “I fiori della morte”.

ThrillerLife: tu sei di Bari, così come il commissario Alfredo Rinaldi, ma, nonostante ciò, hai scelto di ambientare la tua storia a Brunico: praticamente all’estremo opposto. Cosa ti ha spinto a scegliere questo sfondo per raccontare la storia e le indagini di Rinaldi?

Vittorio Colitta: La scelta è dovuta dall’esperienza personale. Frequento la cittadina di Brunico da quand’ero piccolo e da allora è diventata una casa per me, un luogo del cuore, dove far ritorno fisicamente e mentalmente. Mi piace dire che sono figlio del mare ma adottato dalle montagne. Da questo è nata l’idea di ambientare il romanzo a Brunico, sia per una scelta personale sia per una questione di trama. La storia necessitava di quel tipo di scenografia, con i monti, i boschi, il castello, così come la vicenda stessa di Rinaldi doveva vertere su questo estraniamento, sulla duplicità e scissione di opposti, il mare e la montagna appunto.

ThrillerLife: la scelta della narrazione a più voci è, a parer mio, sempre molto azzeccata. Permette di conoscere meglio i pensieri delle varie parti in causa. È un’idea che ha caratterizzato da subito la stesura del libro o è nata in un secondo momento?

Vittorio Colitta: Dopo l’idea del caso, dell’indagine, è nato il resto. Sin da subito ho scelto di dare spazio alle esistenze dei miei personaggi, dar corpo e forma al loro percorso. Questo è nato da una riflessione ben precisa: ognuno di noi, nonostante il lavoro, ha una vita con la quale confrontarsi, problemi più o meno grandi da fronteggiare. Da qui la volontà da parte mia di attribuire ferite o sfumature ai personaggi che abitano questa storia. Sicuramente nel prossimo romanzo avrò modo di dar loro più spazio.

ThrillerLife: ho trovato molto particolare il modo in cui hai deciso di caratterizzare l’ispettore Sorianello, partenopeo e “caciarone”, molto espansivo e quasi senza freni. Ti sei ispirato a qualcuno di tua conoscenza o è stato soltanto frutto della fantasia?

Vittorio Colitta: Ritenevo giusto dare al lettore dei momenti di pausa, di leggerezza e magari anche attimi di ilarità. Mi serviva un giullare e ho immaginato un agente con quelle caratteristiche fisiche e intellettive. Però no, non mi sono ispirato ad una persona in particolare, tuttavia è frutto di una serie di conoscenze raccolte.

ThrillerLife: senza svelare troppo al lettore, nel libro fai riferimento ad un quadro che, in qualche modo, si collega alle vicende che racconti. Sei anche appassionato d’arte? Hai qualche artista che prediligi?

Vittorio Colitta: I miei studi inevitabilmente mi influenzano e caratterizzano. Ritengo fortemente che la letteratura vada osservata in maniera sincronica insieme all’arte, alla Storia e anche alla musica. Questo mi porta ed essere un appassionato d’arte, ma non ci sono artisti che prediligo, perché è la bellezza, anche nelle sue paradossali forme oppositive di bruttezza, che mi affascina. Tutto può essere degno di nota, da Caravaggio a Kandinsky.

ThrillerLife: se dovessi citare qualche scrittore o scrittrice che ti ha ispirato nella stesura di questo giallo, che nomi faresti? Hai qualche titolo da suggerire ai lettori di Thriller Life che hanno apprezzato il tuo libro?

Vittorio Colitta: Sì assolutamente, tanti sono stati gli autori e le autrici che ho letto durante la stesura del romanzo e che mi hanno, a tratti, ispirato. In primis De Giovanni, il quale ha un modo unico di scrivere e di raccontare le sue storie, con le sfumature che caratterizzano i personaggi e i loro ambienti. Ma ancora Manzini con il meraviglioso Rocco Schiavone o Ilaria Tuti con l’ineguagliabile Teresa Battaglia e ovviamente il mio maestro, Roversi.

Ci sono stati anche libri non crime, come i romanzi della Ferrante o della Auci. Consiglierei la serie del commissario Ricciardi o, appunto quella di Teresa Battaglia, ma anche Scerbanenco che, con il suo Duca Lamberti, ha portato il giallo in Italia. Spostandoci invece nel panorama internazionale, sicuramente la Highsmith o i libri di Peter Swanson.

ThrillerLife: possiamo aspettarci un seguito per il commissario Rinaldi e per gli altri protagonisti del tuo libro? Hai in serbo qualcosa per il loro futuro? Dopotutto c’è ancora una questione in sospeso per il commissario…

Vittorio Colitta: Con questo romanzo Rinaldi inizia una partita a scacchi con un nemico che agisce nell’ombra. Ho iniziato a scrivere il romanzo successivo, una storia che darà maggiore spazio all’esistenza dei personaggi, in particolare a quella dello stesso protagonista, il quale dovrà fare i conti con il passato, un luogo abitato non solo dai suoi fantasmi, ma anche dai demoni che caratterizzeranno la prossima indagine. D’altronde il passato è sempre lì che ci osserva.

ThrillerLife: vuoi lasciare un messaggio per i lettori di Thriller Life?

Vittorio Colitta: Vorrei ringraziare tutte le lettrici e i lettori che hanno accolto con affetto e fiducia questa storia. Il messaggio per loro è il seguente: fate della lettura uno strumento di rivolta pacifica, lasciate che i libri diventino un mezzo di riscatto e di rivoluzione sociale. Leggere concede la possibilità di guardare il mondo con prospettive sempre nuove e migliori, sono finestre dalle quali affacciarsi e osservare quello che accade.

Grazie e a presto!

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