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Luca Ongaro: Un’altra storia

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L’Italia non ha perso la battaglia di Adua, e la Storia ha preso un corso differente. Durante la Grande Guerra il Paese è rimasto neutrale, Matteotti è stato primo ministro per molti anni, Mussolini è ormai solo un vecchio e patetico ministro del governo Pella-Fanfani. Siamo nel 1956. A Macallè, capitale della provincia meridionale della Colonia Eritrea, il commissario Francesco Campani si trova alle prese con un delitto avvenuto cinquant’anni prima. Tra chiese rupestri, paesaggi sconfinati e primi fermenti di indipendenza degli eritrei, l’indagine di Campani arriva alla soluzione anche grazie all’aiuto di una brillante ricercatrice dell’Istituto Agricolo Coloniale. Nel frattempo, la Fiorentina vince il suo primo scudetto…

Recensione

L’Etiopia è una terra arsa dal Sole. La polvere sembra insinuarsi ovunque e il paesaggio tremolante che si dipana come un miraggio disegna picchi montuosi che fanno da contrasto alle infinite distese aride, sulle quali l’uomo tenta con coraggio e fatica di costruire il proprio futuro, edificando piccole città, agglomerati urbani che fanno da contraltare alle ancestrali chiese rupestri. Un tentativo di vita moderna sorte cominciata agli inizi del ‘900 e proseguita fino agli anni Sessanta. A dominare sono gli italiani, colonizzatori e vincitori di una delle battaglie più violente di sempre, incisa nella memoria dei patrioti con un nome divenuto epico: Adua, in quell’angolo di Etiopia conosciuto come Abissinia.

Accanto a loro ci sono vinti, i figli stessi dell’Etiopia, stranieri in casa propria in lotta contro la crescente xenofobia che in Italia sembra destinata a prendere il sopravvento sulla politica coloniale.

In questo clima doppiamente incandescente, tanto per il corpo quanto per i destini dei suoi protagonisti, un giovane Commissario di Polizia affronta la vita di tutti i giorni con la serafica pazienza dell’innamorato della propria terra, quella cui sente di appartenere, più etiope degli etiopi potremmo dire. Il suo nome è Francesco Campani ed è la creatura letteraria a cui ha dato vita Luca Ongaro nel suo primo romanzo Un’altra storia.

Un titolo perfetto perché, date le premesse di cui sopra, quella raccontata da Ongaro non è la Storia che conosciamo tutti, ma una versione alternativa che trasporta il lettore in una realtà immaginata ma credibile. Il Commissario Campani è a sua volta una figura concreta, alla quale il lettore si affeziona fin da subito, con le sue caratteristiche così tipicamente italiane, come la passione per la buona cucina e soprattutto l’attenzione per i più deboli, che lo rende un poliziotto empatico e generoso.

Campani crede nella giustizia prima ancora che nelle regole, specie quando queste sono dettate dalla politica. Lo dimostra nell’indagine che sceglie di seguire nonostante i suoi superiori non gradiscano: un possibile omicidio, una vittima senza volto, una colpa che affonda le proprie radici in quel passato distopico costruito dall’autore.

Forte delle proprie convinzioni, Campani si getta a capofitto nella ricerca della verità, sepolta tanto nella polvere dell’Etiopia quanto nei cuori di chi sa e non vuole parlare. Lo fa perché un delitto è anzitutto una richiesta di giustizia, un richiamo al quale non sa né vuole resistere. Ad aiutarlo un assistente etiope, un simbolo di quell’integrazione culturale, sociale ed umana che è lo scopo narrativo più alto del romanzo.

Tuttavia Ongaro non viene meno al rispetto della regole tipiche del giallo investigativo e costruisce una trama solida, fatta di sospetti, indizi, interrogatori, ipotesi e indagini sul campo. Soprattutto, col progredire della vicenda definisce con sempre nuovi dettagli la figura del protagonista, intessendone la personalità di valori, ma anche di paure e debolezze, sviluppando così empatia tra il lettore e il personaggio.

La lettura è estremamente scorrevole ma mai banale, merito anche dei dialoghi connotati da una sorta di impostazione cinematografica, ideali per una futura riduzione televisiva. La rivisitazione della Storia canonica è, come detto, estremamente credibile, evidente frutto di studi approfonditi condotti dall’autore, che mette in campo anche le proprie cognizioni professionali in tema di agraria e geologia, oltre che quelle specifiche del territorio dove la vicenda è ambientata.

Al termine della lettura resta la piacevole sensazione di essere stati in compagnia di un personaggio umanissimo, ma anche la certezza che il giallo all’italiana ha trovato in Luca Ongaro un degno rappresentante di cui, lo speriamo vivamente, avremo modo di leggere ancora tante storie.

Autore

Luca Ongaro, agronomo di formazione, informatico di deformazione, ha lavorato a lungo nella cooperazione internazionale, il che gli ha consentito di vedere un bel po’ di mondo. È anche stato professore universitario e ora vive in campagna vicino a Firenze.

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