La stagione del pipistrello
Recensione di Monica Pedretti
“Nella Bologna di un anno che verrà, il mio questurino continua a fare il suo mestiere. Meglio che può. Anche se la città non somiglia neppure da lontano a quella dove ha cominciato la carriera.” Non è più un’isola felice della cultura, è una città sporca e violenta, in cui si vive una quotidianità miserabile. A sancire un prima e un dopo, in città e nel resto del Paese, è stata La stagione del pipistrello, come molti hanno soprannominato il periodo del Coronavirus. È in questa Bologna in preda agli estremismi di destra e alle nuove droghe sintetiche che una notte Sarti Antonio e il suo compare Rosas rinvengono il cadavere di un uomo in mezzo ai cumuli di rifiuti. Ma nulla è come sembra, e quando all’ospedale Sarti si ritrova di fronte la vittima, scopre che si tratta di una donna, e dietro il volto gonfio e livido riconosce un’amica di lunga data, la Biondina: una prostituta che esercita nel suo appartamento del centro storico, dove il questurino è di casa. Mentre lei lotta tra la vita e la morte, Sarti, turbato come raramente l’abbiamo visto, si mette a indagare insieme al resto della “Compagnia della Malora”, partendo da un dettaglio che non gli torna: sul fondoschiena della donna c’è un tatuaggio appena eseguito, un cerchio che contiene una croce nera e una sigla… Macchiavelli mette alla prova il suo questurino con un caso che gli sta più a cuore della sua stessa vita, calandolo in un futuro imminente in cui, con la visionarietà che appartiene ai grandi narratori, proietta le tendenze più inquietanti del nostro presente.
Recensione
In un’intervista rilasciata a Repubblica qualche settimana fa, Loriano Macchiavelli ha dichiarato che il noir non serve più a nulla, che il genere, nato per denunciare e destabilizzare, ha fallito nell’intento diventando consolatorio. Questo romanzo smentisce nettamente questa amara riflessione, più volte ribadita in interviste e articoli seguiti alla sua uscita. Macchiavelli racconta una Bologna del futuro, a metà aprile di un anno che verrà, un aprile che sembra agosto, una città segnata dai cambiamenti climatici, dalla pandemia che l’ha lasciata “ai legittimi proprietari: topi e gatti inselvatichiti dalla fame e della sporcizia. E ai disperati che si illudono di essere ancora vivi.” Persino la memoria va mutando, le immagini di com’è ora stanno gradualmente sostituendo le fotografie di com’era, nella memoria degli abitanti. Una Bologna trasformata nello spirito solidale e antifascista, ospita in Piazza Maggiore una fiera neonazista, è sede di un’ambigua multinazionale del farmaco per la quale aveva iniziato a lavorare la Biondina, prostituta legata al questurino Sarti Antonio da un profondo affetto, ora in fin di vita in ospedale, massacrata di botte. Sarti Antonio indaga sull’aggressione con l’aiuto dei colleghi della “Compagnia della Malora” e di Rosas il Talpone, imbattendosi in verità scomode, ostacolato dall’ispettore capo Raimondi Cesare altrimenti detto è vero come si dice, mettendo a rischio non solo la carriera ma anche la vita e la libertà. Come ho scritto in apertura, questo romanzo prova che il noir non ha smesso di essere strumento di denuncia, di scuotere le coscienze. Attraverso la narrazione di un futuro desolante, inframezzata da frequenti rimandi al passato anche riportando episodi di romanzi precedenti, l’autore mette in guardia nei confronti di una deriva autoritaria e di un impoverimento etico e morale. “C’è sempre un momento nel quale i tempi peggiorano. Per migliorare ci vuole molto tempo, molto più di un momento.” Una visione priva di disincanto che porta l’autore a dire che “I miti non erediteranno mai la terra che calpestano”. Un romanzo arricchito da una prosa riconoscibile, che mischia bolognesità a una scrittura ricercata, ricca di citazioni colte e richiami storici, con descrizioni di Bologna che incantano i cittadini e invogliano i forestieri, come direbbe Sarti, a visitare la città. L’utilizzo del narratore onnisciente consente all’autore di usare la prima persona pur raccontando la storia sotto il punto di vista di tutti i personaggi. È un espediente narrativo insidioso, che rischia di confondere il lettore ma che Macchiavelli usa con grande abilità. La stessa abilità che gli consente di dare vita a personaggi insoliti senza farli diventare macchiette. Tra tutti, il mio preferito, l’eccentrico Settepaltò, è reale e non frutto di invenzione narrativa, a dimostrazione che la verità spesso supera la fantasia.
Il pipistrello del titolo è un riferimento alla pandemia, battezzata “carogna virus” da Settepaltò, ma anche alla destra eversiva e autoritaria che si appresta a conquistare il potere.
Macchiavelli ha detto che questa sarà l’ultima indagine di Sarti Antonio, ma cambiare idea è una prerogativa delle persone intelligenti e chissà, forse lo ritroveremo, magari partigiano in una nuova Resistenza oppure interprete di un episodio del passato.
Editore: Mondadori
Pagine: 392
Anno pubblicazione: 2022
Loriano Macchiavelli (Vergato, 12 marzo 1934) è uno scrittore, drammaturgo e sceneggiatore italiano, autore di pièces teatrali, racconti e romanzi polizieschi.
Nel 1997 ha iniziato una collaborazione letteraria con Francesco Guccini.