RISCOPRIAMO I CLASSICI

David John Moore Cornwell

Rubrica a cura di Katia Fortunato
Articolo a cura di A.E. Lorenz

John le Carré: il maestro della spy story moderna

Perché dedicare un approfondimento a John le Carrè?

Forse è sufficiente dire che è uno dei maggiori scrittori di spy story, e aggiungere che è anche uno dei principali scrittori britannici della seconda metà del Novecento, come affermato da Ian McEwan.

Oppure si potrebbe argomentare che è riuscito a conquistare il pubblico creando un universo narrativo in cui convivono intrighi e avventura, accostandoli a scenari ricchi di profondità umana e consapevolezza politica.

Ovvero che la sua attenzione e il suo interesse per i giochi di potere, per la manipolazione e la menzogna, sono parte di una riflessione più ampia sulla crisi della democrazia e sul senso di comunità.

I suoi romanzi, tradotti in molte lingue e letti in tutto il mondo, racchiudono e condensano elementi che hanno fatto storia, rivoluzionando una certa tipologia di letteratura.

Ha ispirato molti altri scrittori che hanno tentato di emularlo per la sua abilità nel creare personaggi memorabili, spesso figure solitarie, disincantate, sospese tra la fedeltà ai propri ideali e la coscienza delle contraddizioni del mondo in cui vivono.

Nelle sue opere non c’è mai una linea netta tra bene e male, tra giusto e sbagliato, ma una gamma sottile di sfumature.

Gli intrighi della politica internazionale, i conflitti tra stati, le guerre asimmetriche sono solo alcuni dei temi presenti nelle sue opere, ma non sono mai ridotti a semplici cliché o a schemi preconfezionati.

La sua solida conoscenza della letteratura gli ha permesso di realizzare una prosa elegante e articolata, che si caratterizza per la cura meticolosa dei dettagli e per la fondamentale grana umana dei personaggi, mentre la visione del mondo, profondamente critica e disillusa, propone validi strumenti di riflessione sulla società contemporanea.

La sua importanza come scrittore è stata riconosciuta anche dalla critica.

Ha vinto numerosi premi letterari, tra cui il Gold Dagger, l’ Edgar Award, il Mistery Writers of America, il Cartier Diamond Dagger, il Premio Malaparte, il Premio Raymond Candler e molti altri ancora.

La sua influenza e il suo impatto sulla letteratura di spionaggio sono evidenti: ha rivoluzionato il genere e creato una sfumatura narrativa originale, molti dei suoi romanzi sono diventati film di successo, ed è stato oggetto di numerosi studi accademici.

Tutte valide ragioni per dedicare proprio a questo autore un approfondimento.

John le Carré, all’anagrafe David John Moore Cornwell, nasce il 19 ottobre 1931 a Poole, Dorset, in Inghilterra, e muore a Truro, in Cornovaglia, il 12 dicembre 2020.

Figlio di Ronald Thomas Archibald Cornwell e Olive Glassy, David è vissuto in un’atmosfera familiare instabile, permeata dal segreto e dall’inganno.

Fin da bambino ha sperimentato sulla sua pelle le stravaganze del padre, descritto dai biografi come un truffatore professionista, un bugiardo compulsivo, più volte incarcerato, che ha costruito e perso la sua fortuna a causa di elaborati azzardi.

La madre ha abbandonato la famiglia quando il figlio aveva cinque anni e David l’ha rivista solo a 21, quando ha scoperto che non era morta, come invece gli era stato detto.

Sia i critici letterari che Cornwell stesso, ipotizzano che il climax familiare caratterizzato da segreti, menzogne e inganni abbia lasciato in lui un segno profondo, contribuendo a introdurlo nel fulcro della sua scrittura.

È lo stesso Cornwell che in alcune interviste racconta come fosse un imperativo fuggire dalla realtà, dissimulando i suoi stati d’animo e fantasticando storie funambolesche.

Da adulto ha poi utilizzato queste abilità come spia e come romanziere.

L’esperienza nel mondo dell’intelligence britannica e le caratterizzazioni della sua vita hanno quindi influito sulla sua scrittura, permettendogli di elaborare descrizioni realistiche e di introdurre una critica pungente al sistema stesso dei Servizi Segreti.

La formazione culturale di Cornwell poggia su solide basi: frequenta scuole di prestigio come la Sherborne School e, nel 1947, a soli sedici anni, l’Università di Berna, in Svizzera, per studiare il tedesco.

Forse è qui che per la prima volta viene avvicinato dall’intelligence di Sua maestà.

A Oxford si specializza in letteratura tedesca e probabilmente viene reclutato dai servizi segreti britannici per scoprire chi tra i suoi compagni di scuola lavori per i sovietici.

Si laurea a Oxford nel 1956 con il massimo dei voti e la lode.

Dal 1956 al 1958 insegna all’Eton College e successivamente entra a far parte del Foreign Office, inizialmente come secondo segretario presso l’ambasciata britannica a Bonn, dove lavora con continuità anche per i servizi segreti e, successivamente, come console politico ad Amburgo.

David Cornwell ha sempre avuto molto rispetto e interesse per i grandi della letteratura, e forse è anche grazie a ciò che le sue opere possiedono una profondità e una ricchezza che pochi altri scrittori di spy story possono rivendicare.

Fin da ragazzo leggeva Hermann Hesse e Joseph Conrad, autore, quest’ultimo, del romanzo L’agente segreto.

Inoltre, si è ispirato ad altri grandi autori britannici, ex agenti del Servizio segreto di Sua Maestà, come Somerset Maugham e Graham Greene, che hanno scritto di spionaggio.

In particolare, Cornwell ha ammesso di avere un grande rispetto per Greene e di essersi riferito al famoso romanzo Il nostro agente all’Avana per il suo Il Sarto di Panama.

È possibile rintracciare nelle opere di le Carrè una sorta di pessimismo e di visione cupa tipica di Somerset Maugham; ha posto anche una particolare attenzione a una certa doppia morale che imperversa nella politica, riproponendo una visione alla Green.

Il risultato è una narrazione che si sviluppa attraverso una serie di stratificazioni che rendono i suoi romanzi interessanti anche per chi non ama i libri di spionaggio.

Nel 1961 David Cornwell pubblica il suo primo romanzo con lo pseudonimo di John le Carrè, un nome che lo accompagnerà per il resto della sua professione di scrittore.

Chiamata per il morto (Call for the Dead), introduce subito il personaggio di George Smiley, che forse diventerà il soggetto più iconico della sua produzione letteraria, a cui segue nel 1962 Un omicidio di qualità (A Murder of Quality).

Il successo globale arriva nel 1963 con La spia che venne dal freddo (The Spy Who Came in from the Cold).

In questo romanzo, Alec Leamas, un agente dei servizi segreti britannici, rimane intrappolato in un vortice di inganni e tradimenti nella Berlino della Guerra Fredda.

Ma ciò che rende il romanzo speciale è l’intensa riflessione sul carattere cupo e grigio della politica internazionale dell’epoca, oltre alla tridimensionalità dei personaggi fortemente veritieri. Le Carrè traduce con maestria la disillusione e l’oscurità del periodo, trasformando il romanzo in una sorta di “ritratto storico”.

Nel 1964 le Carrè lascia il servizio –  lo stesso anno in cui vince il Somerset Maugham Award – e si dedica completamente alla scrittura.

Dopo alcuni romanzi di moderato successo arriva nel 1974 una delle sue opere più celebrate: La Talpa (Tinker Tailor Soldier Spy), primo romanzo della cosiddetta Trilogia di Karla, composta, inoltre, da L’onorevole scolaro (The Honourable Schoolboye) e da Tutti gli uomini di Smiley (Smiley’s People).

La serie propone una sfida continua tra i servizi segreti sovietici e britannici, rappresentata dal duello tra il capo dei servizi segreti sovietici, Karla, e il protagonista, Smiley.

Nel primo romanzo, La Talpa, viene scoperto un infiltrato del KGB che occupa una posizione di rilievo all’interno dell’intelligence britannica.

Smiley, che ha appena lasciato il servizio, viene richiamato per risolvere la questione.

Nel corso della storia, Smiley si trova costretto a camminare su una corda sottile tra la lealtà verso il suo Paese e la ricerca della verità.

Il finale è sorprendente e lascia il lettore con la voglia di continuare a leggere la sfida tra i due rivali.

Nel secondo romanzo, L’onorevole scolaro, il dialogo tra i due giocatori è più serrato, e anche in questa occasione le Carré mette in evidenza la complessità del gioco della spia, dove la verità e la menzogna si intrecciano continuamente, facendo emergere una serie di personaggi ambigui e contradditori.

Tutti gli uomini di Smiley, è un concentrato di tensione e adrenalina.

Smiley deve affrontare il suo avversario Karla, cercando di capire quale sia il suo gioco.

In questa sfida, Smiley si trova spesso costretto ad usare metodi sordidi che in qualche modo lo avvicinano al rivale sovietico.

Solo alla fine, Karla si consegna sconfitto, ma Smiley sarà costretto a fare i conti con le sue azioni riprovevoli.

Pubblicato nel 1986, La spia perfetta (A Perfect Spy), è uno dei capolavori dell’autore.

Il romanzo è ambientato alla fine degli anni della cortina di ferro ed è la conclusione perfetta della prima parte dell’avventura letteraria dell’autore, quella della contrapposizione Est-Ovest.

La spia perfetta racconta la storia di Magnus Pym, un uomo che ha trascorso tutta la sua vita a mentire, che ha costruito una carriera nell’intelligence britannica e che un giorno scompare nel nulla. Ciò che era inizialmente una caccia all’uomo si trasforma presto in un gioco mortale e i protagonisti del romanzo si ritrovano sempre più coinvolti in una rete di menzogne e intrighi. Il romanzo è un capolavoro di spy story, ma è anche molto altro. È una riflessione sull’identità, sulla verità e sulla finzione, e mette in luce la fragilità dell’essere umano.

Tra le sue numerose opere sono inoltre da segnalare:

La Tamburina (The Little Drummer Girl), ambientato in Medio Oriente dove una giovane attrice britannica, Charlie, viene reclutata dal Mossad per infiltrarsi in una cellula terroristica palestinese.

Il piano è complesso e richiede tecnica, esperienza e resistenza psicologica.

Charlie deve fingere di essere una terrorista a tutti gli effetti, entrare nell’organizzazione, guadagnarsi la loro fiducia e ottenere informazioni preziose che possano impedire attentati terroristici nei paesi occidentali.

La ricerca dei dettagli e l’atmosfera del Medio Oriente negli anni ’80 è curata e realistica.

Il romanzo affronta temi importanti come la guerra tra Israele e Palestina, svelando una giustizia trasversale e privata, i personaggi dimostrano i loro lati fragili e l’umanità emerge alla luce del sole quando gli ideali si scontrano con la morale.

Il sarto di Panama (The Tailor of Panama). In questo romanzo a farla da padrona è la satira verso i servizi di intelligence e il potere dei paesi occidentali.

Le Carrè sottolinea anche la questione della responsabilità individuale, il modo in cui ogni singolo individuo, anche il più piccolo e insignificante, può avere un impatto sulla situazione mondiale.

Il protagonista è Harry Pendel, un sarto a Panama City che si vanta di aver creato abiti per presidenti e dittatori.

Ma Harry è anche qualcosa di molto diverso e viene a trovarsi al centro di un’attività di spionaggio internazionale.

La narrazione ci conduce attraverso un mondo di bugie, nel cuore di una città tropicale in tumulto, e presenta una gamma di personaggi ben sviluppati e caratterizzati.

Il giardiniere tenace (Absolute Friends), è il suo miglior romanzo post-Guerra Fredda .

Ambientato a Nairobi, in Kenya, il romanzo è un’accusa fulminante per i crimini di Big Pharma in Africa.

Si assiste alla ricostruzione, da parte di un diplomatico in lutto, di un complotto che sfocia nell’omicidio raccapricciante di sua moglie, ma anche allo smascheramento di raggelanti sperimentazioni compiute su ignari esseri umani.

Il talento di John le Carrè nel creare romanzi di spionaggio coinvolgenti ha ispirato una moltitudine di altri scrittori.

Uno dei più famosi è senza dubbio Daniel Silva.

Silva è noto per la sua serie di romanzi incentrati sul personaggio di Gabriel Allon, un agente dell’Intelligence israeliana.

La serie di Silva è stata paragonata più volte alla produzione di le Carrè per la sua attenzione al dettaglio e per la costruzione dei personaggi.

Proprio come le Carrè, Silva riesce a creare rapporti complessi tra i personaggi, scavando nelle loro vite, nel loro passato e nei loro segreti.

La serie di romanzi di Alan Furst, ambientata nella Prima Guerra Mondiale, segue le vicende di spie e uomini d’affari coinvolti nella guerra.

Furst è noto per le sue atmosfere cupe e intriganti che richiamano i romanzi di le Carrè.

Come lui è in grado di creare un mondo realistico in cui i personaggi sono inseriti in situazioni estreme e ogni singola scelta può implicare la vita o la morte.

Un’altra autrice che ha tratto ispirazione da le Carrè è Stella Rimington, ex direttrice del MI5 e ammiratrice di le Carrè per la capacità di creare dialoghi, personaggi e situazioni realistiche.

Grazie alla sua esperienza nella sicurezza nazionale, Rimington è stata in grado di creare storie di spionaggio che, come quelle di le Carrè, sono improntate sulla veridicità dei dettagli situazionali e tecnici.

Mick Herron, autore della serie di romanzi incentrati sul personaggio di Jackson Lamb, è stato accostata ai romanzi di le Carrè per lo stile cupo e introspettivo, la capacità di creare rapporti complessi tra personaggi e, soprattutto, per l’attenzione ai dettagli.

Per concludere… John le Carrè, grazie alla sua esperienza come agente del MI5 e del MI6, ha scritto alcuni dei romanzi più realistici e affascinanti sulle dinamiche dello spionaggio, mettendo al contempo in luce le contraddizioni della politica internazionale.

Ha plasmato personaggi sfaccettati e coraggiosamente autentici, descrivendone i conflitti emotivi e morali e mostrando come ogni spia possa essere un traditore o un doppiogiochista, capace di tradire in qualsiasi momento.

Ha disseminato le sue opere di tensione costante, in cui il protagonista, spesso un agente segreto, non è rappresentato come un supereroe che si dispone a salvare il mondo, ma come una persona con difetti e problemi personali, immerso in un preciso momento storico internazionale.

Grazie a John le Carrè per averci regalato delle letture indimenticabili.

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