Cristina Rava: Dalla parte del ragno

Cristina Rava

Intervista a Cristina Rava

Spazio a cura di: Claudia Pieri e Samuela Moro

Intervista di: Francesca Cattini e Samuela Moro

Cristina Rava è la graditissima ospite di oggi nel nostro spazio dedicato alle interviste.

L’autrice vive ad Albenga, sulla Riviera di Ponente, dove sono ambientati i suoi libri. Già autrice di due raccolte di racconti e di una memoria storica, tutte legate al territorio ligure, dal 2007 ha intrapreso la via del noir con la pubblicazione delle fortunate serie con protagonisti il Commissario Rebaudengo e il medico legale Ardelia Spinola.

Il suo ultimo libro, Dalla parte del ragno, edito da Rizzoli è stato letto e recensito qui per Thriller Life da Francesca Cattini.

Copertina di Dalla parte del ragno di Cristina Rava

In Dalla parte del ragno il commissario Rebaudengo ed il medico legale Spinola tornano ad “indagare sul lato malato di gente apparentemente normale” in seguito ad alcuni fatti stravaganti avvenuti ad Albenga. Nella piccola cittadina, infatti, un noto avvocato impazzisce correndo nudo in piazza, un prestigioso medico si suicida, il titolare di una famosa gelateria scompare senza lasciare tracce ed infine viene ritrovato il cadavere di una ragazza, intrappolato tra i rami di un albero, trascinato dalla corrente all’ultima piena.

L’autrice ha accettato di parlarci del suo libro, ma anche un po’ di sé, in una gradevolissima chiacchierata telefonica con Samuela Moro, di cui abbiamo racchiuso i punti salienti in questa piacevole intervista.

Thriller Life: come è nato questo libro? Ha iniziato avendo già in mente storia e finale oppure lo ha costruito pian piano partendo dai già ben consolidati personaggi di Spinola e Rebaudengo?

Cristina Rava: in genere, i libri mi nascono mentre sto finendo il precedente

Mi piace “soffriggere” il lettore e chiudere il romanzo con un anticipo di quello successivo, lasciando sempre uno spiraglio,

pur non avendo ancora del tutto bene in mente cosa scrivere, o avendone comunque un’idea nebulosa, evanescente diciamo. Rimango per un periodo in pausa, mi costruisco la storia mentalmente e non inizio a scrivere finche’ non ho un’idea chiara di come costruire il caso nel complesso. Se poi nella scrittura incontro degli inconvenienti ho dei consulenti, che sono in realtà degli amici che mi supportano, che mi consigliano in modo da non cadere in qualche tranello, sia in campo medico che in campo tecnologico.

Thriller Life : L’ambientazione è senza dubbio una delle protagoniste del romanzo. L’importanza rivestita dalla Natura e dai luoghi è tale che umori ed emozioni dei personaggi spesso sono rispecchiati dalla natura e dal clima del luogo, intrecciandosi. Quanto è importante per lei questo legame con la terra e perché ha scelto di trasmetterlo attraverso i suoi scritti?

Cristina Rava: Innanzitutto, perché’ ho imparato ad apprezzarlo nei romanzi degli altri, come in Simenon ad esempio il quale, conoscendo realtà umane e sociali di culture diverse riesce nei suoi libri a farti sentire come se ti trovassi davvero a Parigi o nella provincia desolata francese o a New York.

La descrizione dei luoghi che preferisco è sempre più psicologico-lirica, perché fornisce uno spunto per amplificare le emozioni dei personaggi portandoci dentro il lettore, che è facilitato a provare e comprendere quelle emozioni.

Poi in Italia abbiamo dei territori splendidi e variegati meravigliosi, tra cui la Liguria, che per me è la Liguria di Montale, quella invernale e silenziosa, delle mareggiate, dell’entroterra. Ma anche il Piemonte, di cui è originario Rebaudengo, un personaggio che esula, nonostante il suo lavoro, dall’ambito strettamente giudiziario e diventa poetico, descrivendo una sua “piemontesitudine” un po’ fuori dai luoghi comuni.

Personalmente non riuscirei mai a scrivere un romanzo ambientato in città, perderei completamente di spontaneità e dovrei scrivere in maniera didattica o didascalica cercando di trasmettere un’esperienza che in realtà non ho.

T.L.: Uno dei fili conduttori del romanzo è costituito dai legami di amicizia che si instaurano tra i diversi personaggi: Norma con Rebaudengo, Ardelia e Doina e infine quella tra Dorotea ed Isidoro. Che valore attribuisce all’amicizia che nasce tra persone anche di età differenti?

Cristina Rava:

Il legame tra gli adulti del romanzo lo riassumerei con il concetto di “Famiglia elettiva”, cioè la famiglia che ti scegli, con persone di cui ti fidi. Le famiglie spesso sono eredi di sentimenti che appartengono al passato e con evoluzioni diverse, spesso con sfere di amore e potere di uno sull’altro.

Diversamente, la famiglia d’elezione spesso è una questione di destino, di strade che nel bene o nel male si incrociano, qualcosa che ti capita nel corso della vita spesso creando legami molto tenaci, liberamente scelti. Anche il legame tra Dorotea ed Isidoro allo stesso modo diventa la condivisione di un pezzo di vita, in cui entrambi si trovano in un momento di difficoltà, l’una per un lutto e l’altro per un trauma importante, ma proprio per questo si legano in una maniera molto forte.

T.L.: Una reazione che mi ha colpito molto per come è stata approfondita è stato il dolore straziante di Norma per la fine della sua relazione sentimentale e per la scoperta dell’inganno di cui era stata vittima. Al tempo stesso però questo dolore viene bilanciato e in qualche modo lenito da un altro tipo di affetto, dall’amicizia e dal legame instaurato con Ardelia e Bartolomeo. Quanto contano relazioni come queste nei momenti difficili? Possono essere risolutivi per uscire da un periodo buio?

C.R.: La perdita di una persona amata con la scoperta di un inganno o tradimento rappresentano un doppio lutto, ed in quanto tali vanno elaborati. Gli amici di certo servono, ma non sono sostituivi di tale elaborazione. Gli amici possono starti vicino, ma parlo per esperienza personale avendo subito la perdita di mio marito tre anni fa, la sera vai a dormire sola con un’assenza.

C’è un modo di dire ebraico che dice che devi “godere il lutto”, sembra un ossimoro, ma ognuno di noi ha il proprio ascensore verso gli inferi, non sappiamo quanti piani siano nella discesa ma vanno percorsi tutti, inevitabilmente, prima di poter risalire.

Comunque, senza dubbio avere degli amici su cui contare e poter fare una telefonata, magari una cena, anche quando non hai voglia e non te la senti è certamente un enorme aiuto e di importanza vitale.

T.L.: I personaggi, con i loro pregi e difetti, risultano estremamente realistici. Nella loro ideazione si è ispirata a persone conosciute, mi riferisco in particolare ad Ardelia e Bartolomeo?

Cristina Rava: In passato c’era un personaggio, Gabriel Steiner per il quale più che ispirata mi sono fatta aiutare da un amico, un medico anestesista adesso in pensione, che è israeliano. Da grande appassionata di spy stories quale sono avevo inserito nei precedenti libri questo personaggio, un agente dei servizi segreti israeliani, che si occupa di Humint, cioè di intelligence sul valore umano. Ho sostituito poi questo Gabriel con il personaggio di Gabriele Innocenti che ogni tanto parte per qualche oscura missione all’estero, un personaggio che posso descrivere grazie all’aiuto di persone che “fanno quel lavoro lì” e mi aiutano a scrivere correttamente di questi ambiti. 

T.L.: Lei comunque ha una preparazione medica, di base, come la sua protagonista Ardelia.

Cristina Rava: Si, avevo iniziato a studiare medicina, poi per delle vicissitudini famigliari non sono riuscita ad andare avanti e me ne sono pentita molto.

Allora mi sono detta “perché non ti crei un personaggio medico legale e tagli la testa al toro”, quindi sì in Ardelia Spinola c’è un po’ di me. Ma anche per il fatto che sia una persona un po’ fumantina, eccessivamente curiosa anche al di là delle proprie competenze.

Spero che chi mi legge lo confermerà, ma Ardelia è davvero una brava persona, caratterizzata da un grande senso etico.

Thriller Life: Uno dei temi che emerge nel libro, grazie di nuovo al personaggio di Dorotea, è la difficoltà di comunicazione tra adolescenti e adulti, anche all’interno del nucleo famigliare, tra figli e genitori. Ritiene sia una questione “figlia del nostro tempo” o piuttosto pensa che sia una tematica ricorrente tra le generazioni? Come possiamo tentare di colmare questo divario? La lettura ed i libri possono essere un modo per avvicinare le generazioni?

C.R.: Il divario generazionale e la difficoltà comunicativa tra adulti e adolescenti, è dovuto innanzitutto al fatto che nell’adolescenza non si è ancora del tutto formata la corteccia prefrontale, che è la parte della corteccia adibita alla costruzione logica, al pensiero razionale; dunque, il giovane si trova in balia della parte più primitiva del cervello, ha quindi un fondo di irrazionalità. Tale irrazionalità è sacrosanta, purché venga contenuta e non degeneri in bullismo, aggressività ingiustificata ecc. Diventa quindi difficile comunicare a livelli evolutivi così diversi, ma questa è una cosa vecchia, che esiste da sempre.

Nella società attuale la difficoltà maggiore è piuttosto il fatto che si sia operata una sostituzione: l’affetto, l’amore, il calore umano sono stati sostituiti dai beni materiali; quindi, i ragazzi sono cresciuti e educati alla superficialità. Inoltre, c’è attualmente un’incapacità di riconoscere l’autorevolezza di chi ne sa più di te.

Sono però un po’ pessimista riguardo ad un miglioramento, perché temo che non ci sia contezza ne’ consapevolezza in coloro che devono “insegnare” la società, del fatto che questo sistema non funzioni. I miracoli possono però sempre accadere: i ragazzi che hanno un “Io” definito ed un progetto di vita a cui tenere, possono riuscire ad emergere e non essere sommersi dalla mediocrità.  

T.L.: Altre tematiche trattate nel libro sono quelle della malattia mentale e dello stigma che ne deriva, nonché il suicidio. Quanto ritiene sia centrale in un noir la funzione conoscitiva e di confronto su temi di questo spessore?

Cristina Rava: Le problematiche mentali sono estremamente diffuse nella popolazione, c’è davvero tantissima sofferenza mentale. Il disagio nell’affrontare la realtà può derivare da componenti endogene, quindi genetiche, oppure da cause esogene, generate da famiglia e/o traumi, che non sempre sono traumi come ad es. un fatto gravissimo come uno stupro, ma spesso sono delle moderate violenze quotidiane, che senza approccio terapeutico dunque non emergono.

Per uno scrittore di noir è fondamentale affrontare questi temi, che sono presenti nella quotidianità e spesso purtroppo sono all’origine di reazioni estreme come l’omicidio.

Per me è importante scrivere prima di tutto dei libri, non dei gialli, o dei noir.

Mi piace chiamarli “libri col morto”, perche’ mi piace che creino quella sfida competitiva e di logica con il lettore, ma allo stesso tempo mi piace prendere il lettore per mano e portarlo a riflettere su qualcos’altro.

Ecco perche’ si trovano tutte queste tematiche nei miei romanzi.

T.L.: In un mondo come quello attuale in cui il connubio libro/film o libro/serie tv viene utilizzato sempre più di frequente, ha mai pensato di poter vedere i suoi personaggi prendere vita sul piccolo o grande schermo? Oppure è diffidente verso questo tipo di trasposizione perché preferisce lasciare alla fantasia del lettore determinate caratteristiche dei personaggi? Se a favore, chi immaginerebbe come attore nei panni di Spinola e Rebaudengo?

Cristina Rava: Non sta a me immaginare serie trasponibili in sceneggiatura televisiva o cinematografica perché è un lavoro destinato agli agenti. Il fatto che non sia ancora accaduto può essere, tra le altre cose, legato all’ambientazione dei miei libri, una terra di confine, aspra e che potrebbe creare delle difficoltà di ripresa. Però sicuramente c’è anche una difficoltà di tematica ed infatti mi è stato fatto presente in varie occasioni che, pur essendo donna, io non scrivo “al femminile”. Intendo dire che pur parlando di molte tematiche sociali, non lo faccio in maniera dogmatica mettendo ad esempio i buoni da una parte ed i cattivi da un’altra, ma mescolo le carte e spesso cerco fonti per interpretare la realtà diversamente.

Inoltre, per me nel noir l’aspetto “tipicamente rosa” è marginale, è proprio nella mia mentalità: erotismo e sentimento fanno parte di una sfera privata; quindi, certamente nei miei romanzi è presente un aspetto emozionale, ma manca quell’aspetto erotico e relazionale che tanto piace nelle trasposizioni cinematografiche al pubblico, soprattutto femminile. 

Thriller Life: Prima di salutarci, quale messaggio o augurio vorrebbe lasciare ai suoi e ai nostri lettori?

Cristina Rava: Ai lettori lascio l’augurio di trovare sempre il tempo per potersi staccare dai propri calvari, leggere aiuta.

Ai giovani auguro di avere sempre dei sogni per cui combattere, a prescindere che li ritrovino nella letteratura o nella musica,

ma come diceva Steve Jobs auguro loro di avere la determinazione per lottare per i propri sogni, ma anche la volontà di affrontare le amarezze che inevitabilmente si incontreranno.

Ringraziamo Cristina Rava per la sua disponibilità, gentilezza e spontaneità.

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