Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori, il duo del “cosy crime”

Intervista a Aicardi e Pastori

Intervista a Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori

Spazio a cura di: Claudia Pieri e Samuela Moro

Intervista di: Barbara Terenghi Zoia

Cristina Aicardi

Cristina Aicardi, caporedattore di MilanoNera, vive e lavora in Brianza. Viaggiatrice instancabile, lettrice ossessiva e compulsiva fin dalla tenera età, è fatalmente attratta dalle librerie che saccheggia con tenace perseveranza. Predilige il genere noir, ma legge di tutto per non farsi mancare niente. Ha collaborato con i web magazine Thrillerpages e Orasenzombra scrivendo recensioni e intervistando scrittori italiani e stranieri. Nel febbraio 2023 ha pubblicato il suo primo libro ” Dolce da morire” , Laurana Editore, scritto a quattro mani con Ferdinando Pastori.

Ferdinando Pastori

Ferdinando Pastori è nato a Galliate (NO) nel 1968. Vive e lavora a Milano. Ha pubblicato le raccolte di racconti “Piccole storie di nessuno” e “Vanishing Point” e i romanzi “No Way Out”, “Euthanasia”, “Nero imperfetto”, “Il Vizio di Caino”, “Rosso Bastardo”, “L’ultimo respiro della notte” e “Dolce da morire” (3 febbraio 2023) scritto a quattro mani con Cristina Aicardi”. Suoi racconti sono presenti in diverse antologie e scrive articoli e recensioni per MIlanoNera. Ha collaborato con il Web magazine letterario “Rotta Nord Ovest”, con Speaker’s Corner, con la rivista Historica e fa parte della Scuola dei duri del Giallo milanese fondata da Andrea G.Pinketts nel 1993.

Tutta colpa di Chopin di Aicardi & Pastori, copertina

Dalla collaborazione di Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori sono nati i romanzi a quattro mani Dolce da Morire (2023) e Tutta colpa di Chopin (recensito qui per Thriller Life da Barbara Terenghi Zoia), entrambi editi da Laurana Editore.

Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori hanno gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande

Thriller Life: I vostri romanzi vengono classificati come “cosy crime”, ovvero quei polizieschi che presentano come cifra distintiva, rispetto alla narrativa gialla classica, una trama infarcita di leggerezza e humor con pochi dettagli grafici o raccapriccianti. Siete d’accordo con questa classificazione o la ritenete riduttiva?

Cristina Aicardi:

Leggerezza e humor sono indubbiamente due delle caratteristiche principali dei nostri romanzi. Questo genere di scrittura non è nuovo, c’è sempre stato, solo che una volta veniva definito semplicemente commedia gialla.

Ora va di moda, qui in Italia, in termine cosy e quindi sembra che sia nato un nuovo filone. Non è così. In quanto al termine “riduttivo”, riduttivo perché? Sono delle storie narrate da una prospettiva diversa dalla quale si possono ugualmente trattare temi seri e importanti. L’unica distinzione da fare, a mio avviso, è tra libri belli e libri brutti, ma anche qui la fa da padrona la soggettività. Fortunatamente ognuno è libero di leggere quello che vuole. Posso leggere in contemporanea i Dialoghi di Platone e un libro di barzellette senza per questo dovermi vergognare o giustificare.
Ferdinando Pastori: Da Miss Marple in poi, sono tanti gli esempi di gialli “leggeri” che narrativa e tv ci hanno proposto.

Solitamente hanno come protagonista un detective dilettante e danno risalto alle dinamiche tra i personaggi, usando molto la chiave della leggerezza della narrazione, è in questa parte che si concentrano humor e commedia, mentre la parte gialla è trattata con estrema serietà e con tutti i crismi che il genere impone.

Nella narrativa noir contemporanea, se ci fate caso, c’è sempre spazio per una battuta ironica o per personaggi che incarnano la commedia, come i giullari del teatro classico. Camilleri aveva Catarella, Manzini Deruta e D’Intino, tanto per citare due esempi noti.  C’è poi da sottolineare come la commedia sia un genere difficile da maneggiare: strappare un sorriso è molto più difficile che far uscire una lacrima.

TL: Ritroviamo in questo libro i due protagonisti di “Dolce da morire”, Olga Cazzaniga Peroni e Franco Reali. La “serialità” di questi due personaggi era stata decisa sin dall’inizio o è stato il gradimento del pubblico a determinarla? Olga è una personalità “ingombrante”, come si gestisce un personaggio di questo calibro all’interno di una trama, in particolare thriller, rispetto anche alle altre figure che popolano la storia? 

Ferdinando Pastori: Come hai ben sottolineato, la serialità è sempre una speranza degli autori, ma dipende dai lettori. Quando abbiamo iniziato a scrivere “Dolce da morire” non pensavamo certo a una serialità, anche se, procedendo nella stesura, ci siamo accorti che il personaggio ben si prestava a questo tipo di operazione.

Devo ammettere che, finito il libro, a noi era rimasta la voglia di raccontare ancora qualcosa di Olga e della sua combriccola. Fortunatamente, l’editore e i lettori sono stati dello stesso avviso.


Cristina Aicardi:

Olga è nata ingombrante, è questa la sua caratteristica e l’unico modo di gestirla è lasciarla andare, libera di incasinarsi e mettere nei guai chi le sta intorno.

Credo che il suo essere così invasiva, ci abbia aiutato a rendere meglio anche i personaggi che le stanno intorno. Poi, certo, bisogna studiare una storia che dia la possibilità a tutti di essere credibili, e con tutti intendo personaggi e autori. Le redini della parte gialla le tiene sempre Reali, Olga è il registro della commedia. A noi il compito poi di farli interagire in modo credibile e divertente.

TL: È possibile ipotizzare che Olga e Franco siano i vostri alter-ego? In quali aspetti vi assomigliano maggiormente?

CA: È indubbio che Olga si sia presa qualcosa di mio. “Dolce da morire” era il mio primo libro e, immaginando Olga, sono rimasta in territori conosciuti: una donna non giovane, brianzola, a cui ho sicuramente dato il mio senso dell’umorismo.

Olga ha la mia voce.  Poi ho pescato qua e là alcune caratteristiche di persone che conoscevo, mischiandole e adattandole a Olga e agli altri personaggi, come per esempio la Frau, che è il mio preferito.

L’unico personaggio reale, che è stato descritto fedelmente nella sua sonnacchiosa immobilità e imperturbabilità è Oscar, il gatto, che nella realtà si chiama Miciomolle.

Ferdinando Pastori: Franco non mi somiglia in nulla, se non nel fatto di dover tenere a bada una bionda brianzola che viaggia spesso sopra le righe. Forse c’è qualcosa di più nel Nero, che ha problemi come me con i colori e per questo si veste sempre di nero. 

TL: La doppia ambientazione tra Brianza e Milano riflette in maniera speculare ed opposta le personalità dei due protagonisti, è stata una scelta voluta? Quanta importanza riveste l’ambientazione nei vostri romanzi e come avviene la scelta dei luoghi?

Cristina Aicardi: È stata una scelta voluta, proprio per quello che hai detto tu. Città e provincia, come la storia del topo di campagna e di quello di città. Serve a sottolineare ulteriormente i due diversi atteggiamenti dei protagonisti.
Ferdinando Pastori:

Milano è lo sfondo ideale per una storia gialla. Qui c’è tutto quello che serve per creare una trama credibile.

Poi, è la mia città e non potrei vivere in nessun altro luogo. Ecco, a pensarci bene, su questo punto io e Reali siamo d’accordo.

TL: Come è nata la vostra collaborazione? Nello scrivere il vostro primo romanzo avete dichiarato di aver “fatto scintille”, come è stato l’approccio alla stesura del secondo e quale procedimento di lavoro utilizzate?

CA: Siamo amici da molti anni ormai. Ci siamo conosciuti tra i libri e tra i libri l’amicizia è cresciuta. Io non avevo mai pensato di scrivere, sono prima di tutto una lettrice.

Poi, durante una pausa dell’unica edizione online causa covid del Festival NebbiaGialla, Ferdinando ha lanciato l’idea di scrivere qualcosa di divertente insieme, per contrastare la cupezza di quel periodo.

In prima battuta, come mio solito, ho risposto picche ma, dopo un paio di giorni, l’ho chiamato perché avevo davanti Olga con tutta la sua impegnativa famiglia.

FP: Tra i due io sono quello più metodico, preciso e rigoroso, lei quella più istintiva e con forte tendenza a divagare. Come dice sempre, farebbe di tutto per una battuta. Conciliare questi due diversi approcci ècomunque stato meno difficile di quanto si potrebbe pensare. Se nella stesura di “Dolce da morire” abbiamo avuto uno stop di un paio di mesi, nel secondo è filato tutto più liscio. In qualche modo le due scritture hanno iniziato a compenetrarsi in modo più naturale. Per la stesura, non ci dividiamo i personaggi ma le situazioni. Ognuno scrive quella che sente più congeniale. E poi telefonate e-mail per mesi fanno il resto. Alla fine a me tocca il compito di dare una voce univoca alla narrazione in modo che non si senta lo stacco tra i due stili di scrittura.

TL: I nomi dei personaggi, in particolare quelli secondari, sono decisamente fuori dal comune e sembrano riflettere il carattere del personaggio stesso, penso ad esempio al ladro Pacifico Mezzomorto, come è nata questa scelta e cosa o chi vi ha ispirato?

CA: Ci divertiamo molto a inventare i nomi e, solitamente, o ne sottolineano il carattere o ne sono l’opposto.

Pacifico Mezzomorto è una specie di omaggio/beffa a Paolo Roversi, nostro grande amico, che dice sempre che nel primo capitolo di un giallo ci deve essere un morto. Siccome non ci piace dargli sempre ragione, noi alla seconda parola del primo capitolo abbiamo messo un Mezzomorto. 

TL: Sempre più di frequente il romanzo noir/ giallo è utilizzato come strumento per accendere i riflettori su tematiche di particolare rilevanza sociale, quasi un riconoscimento per un genere spesso considerato di serie B. Qual è la vostra opinione in merito?

Ferdinando Pastori: Che il noir sia il nuovo romanzo sociale è una frase ormai sempre più utilizzata, quasi a voler e dover nobilitare un genere che è troppo spesso, e troppo a lungo, è stato considerato di serie B.

Credo che oggi non ci sia più bisogno di sottolineare come sia il genere più letto in assoluto.

Indubbiamente è un modo per parlare di tematiche sociali, ma ogni romanzo che è inserito in un contesto reale lo fa, non può essere altrimenti. Noi in Tutta colpa di Chopin, ci concentriamo sulle relazioni: famiglia e amicizia sono i temi centrali di questo libro. E senza dubbio anche la famiglia è un tema di importanza sociale. 

TL: Prima di lasciarci, quale messaggio o augurio vorreste inviare ai lettori di Thriller life?
Cristina Aicardi: Qui parte la citazione preferita: Il miglior modo per stare allegri è rallegrare qualcun altro – Mark Twain.

Cercate di sorridere e far sorridere il più possibile e leggete sempre quello che vi va, senza pregiudizi.

Ferdinando Pastori: Beh, dato che la mia socia ha risposto con una citazione… mi adeguo. Un po’ meno dotta, ma ugualmente efficace.

“Leggere è un cibo per la mente e tutto ciò che ha che fare con il cibo deve per forza essere buono…” – Snoopy.

Ringraziamo Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori per la loro disponibilità.

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