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Venere privata di Giorgio Scerbanenco

Giorgio Scerbanenco: Venere privata, copertina

Venere privata

Recensione di @gothic.tales

Si imparano molte cose in tre anni di carcere passati a raccogliere le storie d’innocenza dei propri compagni di cella, tutti Abele uccisi da Caino e tutti Adamo corrotti da Eva. Duca Lamberti – un ex medico condannato per aver aiutato un’anziana paziente a morire – in prigione ha imparato ad ascoltare, e a non parlare troppo. Per questo un ricco imprenditore, Pietro Auseri, lo ha scelto per un compito che gli sta particolarmente a cuore: salvare il figlio Davide da un’improvvisa depressione annegata nell’alcool. Forse per riscattare la sua vita dedicata agli altri, o forse solo per curiosità, Lamberti accetta di prendersi cura del giovane Auseri, entrando in confidenza con lui fino a stanare il segreto che lo ha gettato nel buio. È una storia che porta alle strade poco battute della periferia di Milano, dove la nebbia custodisce i segreti di amanti e criminali che si dividono la notte, fino al corpo di una giovane ragazza che cercava una vita migliore e ha trovato la morte. Gli unici indizi, un rullino di fotografie bollenti e una donna combattiva, Livia, che applica alla realtà gli imperativi categorici della filosofia. In una città tentacolare e seduttiva come le anime peccatrici che la abitano, Duca Lamberti ha cominciato a indagare.

Recensione

Duca Lamberti è un medico radiato dall’albo, appena uscito dal carcere dopo aver scontato una condanna di tre anni per aver concesso la “dolce morte” a una paziente terminale malata di cancro. Nella seconda metà degli anni 60 del 900, in pieno boom economico, si ritrova a fare i conti con un mondo che non gli piace, e che non riesce ad accettare. Eppure, se c’è una cosa che l’esperienza in prigione non gli ha tolto, è il bisogno di aiutare. È proprio questo bisogno a fargli accettare un incarico piuttosto insolito: disintossicare Davide, il figlio alcolizzato di un rinomato imprenditore milanese. Ma cosa si nasconde dietro l’improvvisa dipendenza del ragazzo?

Scerbanenco prende il romanzo giallo e lo avvolge in una cortina di malinconia, disincanto e critica sociale, trasformandolo così in altro, in un genere all’epoca ancora sconosciuto nel Bel Paese: il noir.

Un romanzo a suo modo rivoluzionario, che ha il coraggio di affrontare temi ancora troppo spinosi per un’Italia vittima della censura e del perbenismo: l’eutanasia, la prostituzione, le associazioni criminali, l’omosessualità, l’alcolismo. 

Duca, che da ex medico si trasforma in investigatore privato, mantiene sempre uno sguardo lucido e chiaro, con un atteggiamento che potrebbe essere scambiato per cinismo, ma che altro non è se non disillusione. Non è un eroe senza macchia, ma è reale. È un uomo tormentato dai propri demoni, seppur convinto delle proprie azioni e dei propri ideali, che non ha paura di muoversi ai limiti della legge.

Davide è un ragazzo cresciuto all’ombra dell’imponenza del padre, che usa l’alcol come anestetico, come unico mezzo per annegare il senso di colpa che si porta dietro da un anno e che sembra volerlo trascinare in un baratro dal quale non potrà fare ritorno. L’alcolismo è il sintomo di un malessere molto più profondo. Quanto spesso ci addossiamo la responsabilità di colpe che non sono nostre?

Questa è la storia di due viaggi: quello verso la ricerca del colpevole, reale e incalzante, e quello verso l’assoluzione, simbolico e doloroso.

Lo stile di Scerbanenco è diretto, senza fronzoli, quasi un dialogo ininterrotto di più di duecento pagine. È proprio grazie a questa immersione che i personaggi diventano solidi, reali. E lo fanno nel contesto di una Milano tragica, topografica, in cui il crimine si nasconde alla luce del sole, nelle vie più trafficate. Un crimine che ha imparato a organizzarsi e a essere ancora più spietato.

Il finale, seppur leggermente troppo affrettato, lascia una vaga sensazione di amaro in bocca, perché anche quando il bene riesce in qualche modo a trionfare sul male, raramente lo fa senza lasciare i segni e le conseguenze della lotta. Forse è qui che entra in gioco il vero eroismo: quello di riuscire a trovare la forza di andare avanti, sempre, nonostante tutto.

Una menzione speciale va alla prefazione di Cecilia Scerbanenco, che dipinge la figura di un padre tormentato e molto simile al suo più grande personaggio.

Giorgio Scerbanenco (1911-1969), nato a Kiev, cresce a Roma ma ancora adolescente si stabilisce a Milano.

Negli anni ’30 approda nell’editoria come collaboratore alla Rizzoli e in seguito come caporedattore dei periodici Mondadori, per tornare in Rizzoli nel dopoguerra come direttore dei periodici femminili.

Collabora con i maggiori quotidiani e riviste dell’epoca, tra cui il “Corriere della Sera”, “La Gazzetta del popolo”, “il Resto del Carlino” e “Novella”.

Scrittore prolifico, ha sperimentato tutti i generi della narrativa ed è riconosciuto come uno dei maestri del giallo italiano, consacrato dal successo della serie di romanzi con protagonista Duca Lamberti e dall’assegnazione del Grand Prix de littérature policière nel 1968.

Tra i suoi libri ricordiamo Venere privataTraditori di tuttiMilano calibro 9I milanesi ammazzano al sabatoLadro contro assassino

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