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Il commissario Cataldo e il caso Tiresia di Luigi Guicciardi

Il commissario Cataldo

Il commissario Cataldo e il caso Tiresia

Il commissario capo Giovanni Cataldo, al culmine della maturità professionale, era l’orgoglio della questura di Modena.

Ma la separazione dalla moglie, la lontananza dai figli e il recente abbandono di Annachiara, la donna con cui aveva sperato di ricominciare ad amare, lo hanno condotto a una depressione che nemmeno una lunga vacanza da solo, lontano dallo stress del lavoro, sembra lenire.

Finché, all’improvviso, gli giunge per caso la notizia di un feroce delitto proprio nella sua città: a una donna, proprietaria di un vivaio, qualcuno ha tagliato la gola, inciso un numero su una guancia e cavato gli occhi.

Il cognome di lei gli risveglia d’istinto un ricordo: quello di una ragazza, Cristina Bertoni, frequentata brevemente vent’anni fa ma mai dimenticata.

E quando Cataldo scopre che la vittima è la sorella, decide di tornare e di assumersi l’indagine. Il caso, però, si fa sempre più difficile.

Perché due giorni dopo un’altra donna – un’avvocatessa – viene brutalmente ammazzata con le stesse modalità.

Qual è il filo rosso che lega queste due persone, ignote l’una all’altra, diverse per mestiere, cultura, stato sociale? Sono i delitti di uno psicopatico, come pensano il questore e una profiler, o c’è un movente preciso e una mente lucidissima dietro tutto questo? E l’assassino colpirà ancora?

Coadiuvato dall’ispettore De Pasquale e da un enigmatico agente, al fondo di un orrore mai così cupo, in una corsa disperata contro il tempo, Cataldo dovrà, sì, scoprire chi sta spargendo tanto sangue, ma insieme – alla fine dell’inchiesta più amara della sua lunga carriera – fare i conti con se stesso, i suoi sentimenti e la sua stessa vita.

RECENSIONE

L’uscita dell’ultimo romanzo seriale è, per ogni lettore fidelizzato, un’occasione golosa di ritrovare un personaggio divenuto quasi un amico e di immergersi in atmosfere che con il tempo gli sembrano famigliari al pari delle sue frequentazioni quotidiane.

Non importa se nel tempo qualche titolo gli è parso meno riuscito di altri e nemmeno se a volte, girata l’ultima pagina, il distacco gli è riuscito meno penoso: lui resta un lettore affezionato, seriale come il protagonista che predilige.

Nessun rischio simile si corre invece con Giovanni Cataldo che, in ormai ventidue indagini da commissario della questura di Modena – oggi, anzi, commissario capo -, continua a vincere brillantemente una scommessa di credibilità, umana e professionale.

Migliora con gli anni, il nostro Cataldo, come un buon vino da invecchiamento.
Un rosso importante che nel tempo vede aumentare il suo aroma speziato: intuito e determinazione professionali, riflessività ed empatia personali.

Soffre da sempre, Cataldo, per la sua terra di Sicilia che continua a mancargli, pur nella graduale assuefazione a quelle lande padane che non potrebbero esserne più lontane.

Per il naufragio del suo matrimonio e, soprattutto per la lontananza dai figli, cresciuti quasi estranei, che lo rode implacabile.

Per la fine del suo rapporto con Annachiara, la giovane restauratrice con la quale aveva sperato di ricostruire un futuro affettivo.

E per l’amara conclusione che grande è la sua responsabilità in quel suo presente di solitudine, visto che qualcosa sempre lo trattiene dall’impegnarsi a fondo, dal concedere alla speranza il suo oggi e, perché no, il suo futuro.

Soffre, Cataldo, per le vittime dei brutali assassini su cui è costretto a indagare, qui sì impegnandosi allo spasimo e non tenendo nulla per sé, nemmeno la pur minima riserva di energia.

E così lo troviamo all’inizio de Il caso Tiresia, prostrato fisicamente e svuotato di emozioni, indifferente quasi a quel bel mare di Sicilia che contempla da una panchina nel suo ritiro forzato dal lavoro, nel vano tentativo di riprendersi dal vuoto esistenziale che lo attanaglia.

Il romanzo in realtà si apre con la soggettiva dell’assassino, nel momento in cui con ferocia rabbiosa uccide la prima vittima, sgozzandola e infierendo ripetutamente con un’arma da taglio, fino all’insulto finale: l’asportazione dei bulbi oculari.

Scena dipinta peraltro con vividezza magistrale da Luigi Guicciardi, che coniuga agghiacciante risalto e acume psicologico.

È proprio la notizia dell’omicidio, bollata già dai media come “il caso Tiresia“ in assonanza con l’indovino tebano reso cieco dagli dei, che cattura lo sguardo di Cataldo mentre sfoglia distrattamente le pagine di un quotidiano e lo strappa alla sua abulia inducendolo a tornare a Modena e ad assumersi la titolarità di un’indagine che si rivelerà tra le più disorientanti della sua carriera.

E la foto della vittima, i cui tratti somatici e il cui cognome gli ricordano una donna conosciuta vent’anni prima durante un altro caso, un incontro che avrebbe potuto diventare amore e si è invece risolto in rinuncia.

Ritorna a Modena, Cataldo, mentre le vittime del killer salgono a tre e un tentato omicidio va ad aggravare il nefasto bilancio.

L’opera di uno psicopatico?

Sono in molti a chiederselo, il questore in primis tanto che al commissario affianca una profiler e un nuovo agente.

Cataldo però, pur non disprezzando alcun loro contributo, né tantomeno quello del suo fidato vice De Pasquale, continua, da cane sciolto qual è, a inseguire piste pur se inusuali, a escludere moventi anche in apparenza improbabili, a braccare nuovi sospettati.

Per approdare a una soluzione del caso che, per quanto amarissima, svela un disegno di feroce lucidità.

E giungere, al contempo, a una conclusione personale altrettanto sofferta.

Un ineccepibile poliziesco dalle tinte marcatamente noir, una prova di tutto rispetto da parte di un autore che è grande conoscitore della narrativa di detection, classica e contemporanea.

Luigi Guicciardi risponde con logica inappuntabile ai tradizionali quesiti della whodunit (chi è l’assassino, come ha commesso il delitto, quale il suo movente?), imprimendo però allo svolgersi della vicenda un’accelerazione e un tormento del tutto contemporanei.

Come ebbi a dire in precedente occasione, colpisce ancora una volta la ricca umanità di Cataldo che non giudica, ma si prodiga a gettare ponti empatici anche con gli indagati, riuscendo a vederli per quello che sono, «persone che piangono, bestemmiano, mentono, tremano e inghiottono il dolore» (Luigi Guicciardi, I dettagli del male, Damster Edizioni, 2022).

E intanto continua per lui una dolorosa stagione di incertezza personale, sequestrata da un mestiere prevaricante anche negli affetti, un chiodo fisso che lo fa sentire «triste, infelice, coi nervi a fior di pelle» e che sembra continuare a negargli un futuro emotivamente appagante.

Commuove il rapporto con il suo pupillo, l’ispettore Luca De Pasquale, saldo e affettuoso come forse avrebbe voluto avere con i suoi figli.

Dal maestro, in questa indagine più che mai, l’ispettore sembra aver ereditato anche la pericolosa abitudine a seguire l’intuizione del momento.

Ben riuscite le figure dei nuovi componenti del team investigativo: la profiler Lucia Marenghi, una donna dalla mente brillante, quasi inconsapevole di un fascino un po’ appannato, e l’agente Dario Ghigi, un “duro” che cela un trauma irrisolto.

L’una e l’altro, speriamo di ritrovarli nelle prossime indagini.

Un cenno particolare voglio riservarlo a un personaggio non certo secondario: Modena, città di adozione di Cataldo, ritratta con evidenza materica sul finire di un agosto ingannevole, a tratti soffocante di padana calura, a tratti velato da brume di autunnale presagio.

L’avvicendarsi di luci e ombre nel suo cielo, coltri spesse e azzurri di smalto, ben scandisce l’alternarsi dell’indagine tra apparenti schiarite e ingannevoli impasse.

La precisa citazione topografica di vie, piazze, luoghi di intrattenimento, trattorie, dona ulteriore consistenza alla narrazione e rivela, a chi Modena la conosce bene, come l’immaginazione narrativa possa rendere più vivida la stessa realtà.

Un esempio tra tanti: il murale di Luciano Pavarotti, nei pressi del cavalcavia della stazione ferroviaria, che «viene incontro a Cataldo a braccia aperte, quasi a mostrare che nelle mani non ha niente», esattamente come il commissario a quel punto dell’indagine.

Il commissario Cataldo e il caso Tiresia è il romanzo del Male che si fa furia cieca e accecante, non della follia ma di una lucidità deviata che porta all’azione umana più determinante, l’azione di uccidere.

La più definitiva.

Un romanzo da non perdere: un ottimo poliziesco, un noir agghiacciante, un fine romanzo psicologico.

Editore: Damster Edizioni
Collana: I Gialli Damster
Pagine: 272
Anno pubblicazione: 2023

AUTORE

Luigi Guicciardi, modenese, docente di liceo e critico letterario, è autore di una serie di mystery: per Piemme, La calda estate del commissario Cataldo (Heyne, 1999; München, 2000; Hersilia Press, Oxfordshire, 2010), Filastrocca di sangue per il commissario Cataldo (Heyne, 2000; München, 2001) – entrambi finalisti al Premio Scerbanenco –, Relazioni pericolose per il commissario Cataldo (2001), Un nido di vipere per il commissario Cataldo (2003), Cadaveri diversi (2004); per Hobby & Work, Occhi nel buio (2006), Dipinto nel sangue (2007), Errore di prospettiva (2008), Senza rimorso (2008), La belva (2009), La morte ha mille mani (2010).

Per LCF Edizioni ha pubblicato Una tranquilla città di paura (2013); per Cordero Editore, Le stanze segrete (2014), Paesaggio con figure morte (2015), Giorni di dubbio (2016), Una tranquilla disperazione (2017); per Frilli Editori, Nessun posto per nascondersi (2018) e Sporchi delitti (2019); per Guilgamesh Edizioni, I segreti non riposano in pace (2021); per Damster Edizioni, Un conto aperto con il passato (2020), Ai morti si dice arrivederci (2021), I dettagli del male (2022), Il ritorno del mostro di Modena. La prima indagine del commissario Torrisi (2022), Il commissario Cataldo e il caso Tiresia (2023).

Ha contribuito con alcuni suoi racconti a varie antologie, fra cui Scosse. Scrittori per il terremoto (Felici Editore, 2012); Giallo Modena (Damster Edizioni, 2016); Delitti al museo (Mondadori, 2019).

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