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Araneo: “L’ispirazione? Anche dietro un flacone di sapone.”

Leonardo Araneo protagonista di AutoRi-Tratto è nato a Vinci, il paese del celeberrimo Leonardo, il 10 maggio 1980, dopo aver conseguito la maturità classica si laurea con Lode all’università di Bologna con una tesi sulla storia del cinema Italiano. In seguito inizia a lavorare come assistente alla regia prima e aiuto regista poi per alcune tra le principali serie televisive italiane tra le quali: “Elisa di Rivombrosa”, “Distretto di Polizia”, “Ris”, “Carabinieri” e diverse altre.
Nel 2011 fonda la The Talking Tree srl con la quale realizza il suo primo lungometraggio, “Back From Hell”, distribuito in Usa e Uk da Inception Media e Metrodome.

Lo ritroviamo oggi come autore di “Back Home”, il thriller distopico edito da Bertoni Editore.

Qualche verità su Leonardo

Adam è il protagonista indiscusso di questa tua storia. Ciononostante, il lettore non può non rimanere colpito da Ellen, la moglie di Adam. Hai scelto una formula curiosa, una sorta di stratagemma: presentarcela per prima, come se dovesse essere lei il fulcro della vicenda. Ma poi tutto cambia radicalmente. Come ti è venuta questa bella idea? Avevi già deciso di usare questo personaggio per segnare una svolta nella narrazione?

Volevo che il mio romanzo si aprisse in maniera dirompente, con un primo capitolo che fosse in grado non solo di presentare i protagonisti della vicenda, ma anche di dare al lettore una chiara idea dell’impostazione narrativa del libro. Avevo quindi bisogno di un inizio tenero, quasi romantico, che però si sviluppasse in maniera del tutto inaspettata, con rara crudeltà e ferocia. Inoltre, il prologo su Ellen mi ha permesso di problematizzare alcuni dei temi chiave del libro (la forza dei rapporti familiari, la facilità con la quale l’orrore può insinuarsi nelle nostre vite, la cinica casualità che domina la nostra esistenza), senza dover ricorrere a dialoghi o digressioni che avrebbero potuto rivelarsi predicatori e noiosi.

Il tuo è un libro che non si perde in chiacchiere o prolissità, un po’ come Adam, che è uno che va dritto al punto. Questo aspetto facilita il coinvolgimento del lettore. Al tempo stesso, il protagonista è un uomo che cambia atteggiamento durante il decorso della vicenda, adattandosi al contesto tragico in cui si trova. Questo elemento permette di rivelare varie sfumature della sua personalità. Ti sei trovato a tuo agio nell’introspezione del tuo protagonista?

Sì e no. Adam è un personaggio con cui, per certi aspetti, mi trovo molto in sintonia, ma che mi ha anche messo davvero a disagio. Mi è risultato facile, quasi istintivo, raccontare del suo amore per la figlia, del suo attaccamento alla famiglia, della sua forza d’animo, ma mi sono ritrovato in grande difficoltà di fronte a certe sue scelte. Ad esempio quelle che prende nei confronti di Paul e Sarah. Diciamo che in questi casi sono stato costretto a guardare nella parte più oscura di me stesso e non è stato del tutto piacevole.

Hai scelto un’ambientazione post apocalittica in cui la tecnologia gioca un ruolo maggiore. Come mai questa scelta, hai forse un’opinione forte su come i telefonini stiano cambiando il mondo?

Assolutamente sì. Stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione legata alla tecnologia e alle nuove capacità di comunicazione che verrà ancor più accentuata dall’intelligenza artificiale.

Purtroppo, però, mi sembra che a questo sviluppo corrisponda un’involuzione delle nostre capacità cognitive, razionali e relazionali. Siamo sempre più ripiegati su noi, sull’esteriorità, sull’esibizione fine a sé stessa e stiamo diventando incapaci di affrontare ragionamenti complessi, di confrontarci e di relazionarci in maniera sana agli altri e al mondo che ci circonda.

Il problema non sta ovviamente nel mezzo ma nell’uso che se ne fa. La maggior parte delle persone non usa la rete per informarsi e confrontarsi ma solo per avere conferme e nutrire le proprie convinzioni. Che sia la passione per i gatti, il terrapiattismo, gli alieni o la moda, ci interessa solo chi la pensa come noi e gli altri li tagliamo semplicemente fuori. E credo sia per questo che, nel mondo, stanno prendendo sempre più piede idee razziste, paranoiche e antiscientifiche.

Sappiamo che sei uno sceneggiatore di successo. Cosa ti ha portato a scegliere di trascrivere questa storia in un libro piuttosto che farne una sceneggiatura?

Ho sempre amato raccontare storie, fin da quando ero bambino e devo dire che scrivere un romanzo è stata una tappa abbastanza naturale dopo il lavoro come sceneggiatore. In fondo i due mezzi espressivi, sebbene diversi, presentano indubbiamente un terreno comune, soprattutto in merito alla costruzione della storia e dei personaggi e una vicenda come quella di Back Home si prestava molto bene a un romanzo… oppure, se fossimo stati in un altro paese, a una serie televisiva.

Cosa ti ha portato a scegliere il percorso della scrittura? Dove speri che ti possa portare?

Un’indole fondamentalmente masochista! Scherzo, ovviamente. La mia è stata una scelta quasi obbligata, se avessi fatto altro sarei stato probabilmente insoddisfatto per tutta la vita, ma indubbiamente lavorare in questo ambiente è molto più complesso e frustrante di quanto si possa immaginare dall’esterno. Però voglio continuare a raccontare storie che, oltre a intrattenere, siano anche spunti di riflessione, come Back Home.

Ti sei mai chiesto cosa avresti fatto tu, nella vita reale, al posto di Adam? La tua vita, forse, non è come la sua e quindi forse, in uno scenario post apocalittico, avresti fatto scelte differenti. Che ne pensi?

Davvero non saprei. Di sicuro sarei disposto a lottare per proteggere le persone che amo, a cominciare da mia figlia, ma onestamente non so se avrei la forza e la freddezza di uccidere la mia parte più umana, come fa Adam per riuscire a trasformarsi nella gelida macchina capace di salvare la sua Juliette. Credo che nessuno di noi possa sapere fino in fondo come si comporterebbe in certe situazioni estreme. E mi auguro che non dovremo mai scoprirlo.

Che consiglio senti di dare a chi vorrebbe approcciarsi alla scrittura con un primo libro o una sceneggiatura? Sappiamo ormai bene che sedersi e scrivere è solo la punta dell’iceberg.

Ne darei tre: siate curiosi, prima di tutto. Leggete qualsiasi cosa, di qualsiasi genere, dai romanzi alle riviste, dai fumetti al retro dei flaconi di sapone: non potete sapere da dove arriverà l’ispirazione. Poi trovatevi qualcosa da dire. Prendete posizione. Esprimete la vostra idea sul mondo. Non ho niente contro la letteratura o il cinema di puro intrattenimento, ma quando, al di sotto di una storia appassionante, troviamo anche uno spunto di riflessione, un’idea, un messaggio, è tutta un’altra cosa. E infine studiate. Non date retta a chi dice che basta il talento, l’ispirazione. Stupidaggini. Bisogna studiare. Sempre. Scrittura creativa, narratologia, qualsiasi cosa. E quando credete di sapere tutto, ricominciate da capo!

Back Home

Bertoni Editore

In un futuro non troppo lontano, “il Messaggio”, una breve sequenza sonora trasmessa contemporaneamente da tutti gli apparecchi di comunicazione del mondo, ha cancellato la civiltà umana, facendo regredire tutti quelli che l’hanno ricevuto allo stadio di belve assetate di sangue.

L’autore, con quest’opera di fantasia, post apocalittica ci mette difronte a un’amara realtà. Dobbiamo fare i conti con un mondo che cambia repentinamente e che mette alla prova il protagonista. È una storia in cui l’amore, inteso come forza tanto creativa quanto distruttiva, è il fattore dominante. Un racconto schietto, in cui, grazie a dei flashback, il lettore viene poco alla volta messo a conoscenza di una storia avvincente in cui l’amore di un padre non ha limiti.

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