Intervista a Paolo Porrati
Spazio a cura di: Claudia Pieri e Samuela Moro
Intervista di: Federica Cervini
Lo scrittore Paolo Porrati è il graditissimo ospite di oggi del nostro spazio dedicato alle interviste.
Paolo Porrati, nato a Milano nel 1966, è un manager del settore assicurativo dalla lunga esperienza in Italia e all’estero. Alla carriera professionale ha sempre affiancato l’impegno in attività molto diverse fra loro, che lo hanno portato tra le altre cose a occuparsi di formazione, volontariato e comicità.
Lo Sport del Diavolo, il suo romanzo d’esordio, (recensito qui per Thriller Life da Federica Cervini) unisce le ambientazioni del noir con quelle del tennis, di cui è un grande appassionato e conoscitore.
Thriller Life: Chi è stato a definire il tennis “lo sport del diavolo” e cosa voleva intendere con questa definizione? E perché hai deciso di intitolare così il tuo romanzo?
Paolo Porrati: Adriano Panatta, che ho avuto la fortuna di conoscere, dice che “Il Tennis lo ha inventato il diavolo” perché “ti spinge, a pensare, ad esempio, che oggi giochi proprio bene e di colpo cominci a sbagliare; oppure che vuoi fargliela pagare al tuo avversario con quelle pallette che ti mette sempre lì e così ti arrabbi e non ne prendi più nessuna”. E chi gioca a tennis sa che è proprio così,
è uno sport in cui la componente “demoniaca” è sempre presente, al punto da trasformare il più garbato degli esseri umani in una belva che saltella intorno al proprio avversario infortunato gridandogli di ritirarsi.
Così, quando è nata l’idea di un romanzo giallo ambientato nel mondo del tennis, in cui si susseguono intrighi e omicidi, trovare il titolo è stato semplice.
T.L.: Il tennis è spesso associato ad un’idea di eleganza e rispetto e appare assai distante dai fatti di cronaca nera: racchette, gesti tecnici e fair play da una parte, reati e crimini dall’altra. Da dove nasce l’idea di avvicinare fino a fondere questi due ambiti in “Lo sport del diavolo”?
Paolo Porrati: In realtà il tennis è molto di più che uno sport in cui la correttezza è il canone di comportamento. Il tennista chiede scusa se fa un punto grazie a un rimbalzo della pallina falsato dal campo, ma subito dopo magari chiama “fuori” una pallina dell’avversario che cade nettamente in campo.
C’è la componente angelica, benissimo impersonata di questi tempi da Sinner, ma c’è anche molto lato oscuro, e i tanti anni passati come Giudice Arbitro in giro per i campi di periferia me lo ha fatto conoscere bene.
Quello del tennis dei gesti bianchi, come lo definiva Clerici, è in realtà un luogo comune che nasce quasi cent’anni fa, quando il tennis era effettivamente uno sport d’élite. Oggi è uno sport moderno, accessibile, con molti pregi e parecchi difetti. “Lo Sport del Diavolo”, in cui ogni capitolo si apre con una parte che racconta un po’ questi segreti, aiuta ad andare oltre il luogo comune. E a scoprire ad esempio che il nemico giurato del tennista … è il giocatore di Burraco!
T. L.: Questo romanzo ha una storia molto particolare che fonda le sue radici in una tua precedente pubblicazione autofinanziata, il libro “Fallo di piede”, fino ad arrivare ad una raccolta fondi per finanziare borse di studio per meriti tennistici, scolastici ed attitudinali per ragazzi e ragazze tra i 13 e 18 anni. Ti andrebbe di raccontarcela? Quali differenze ed accorgimenti tra i due libri ti hanno portato a questa seconda pubblicazione con Laurana Editore?
Paolo Porrati: E’ una bellissima storia, e forse magari sarà addirittura una fonte di ispirazione per qualche aspirante scrittore. Il romanzo nasce appunto col titolo di “Fallo di piede” nel 2020, e come tanti altri si scontra con la difficoltà di trovare uno sbocco editoriale.
Pur essendo convinto della qualità del testo, avevo quasi deciso l’idea della pubblicazione quando l’Agente Editoriale cui mi ero rivolto (a pagamento) per avere un parere professionale e un’assistenza alla pubblicazione mi inviò la sua valutazione del libro. Era piena di critiche, e pervasa di un’acrimonia che quasi sfociava nell’insulto.
Sapevo che toni e modi erano causati dalla mia richiesta di aggiornamenti dopo (solo) sei mesi che attendevo una risposta, ma la cattiveria gratuita che mi veniva riversata addosso fece scattare in me il più classico degli spiriti di rivalsa. Scelsi il servizio di Youcanprint per l’autopubblicazione, molto serio e competente, e iniziai a promuovere il testo andando nelle librerie, nei circoli, ovunque fossero interessati a parlare di tennis.
In più, decisi di trasformare il progetto in un’iniziativa benefica, e destinai tutti i proventi alla creazione di una borsa di studio, finanziandola di persona per la parte restante.
Coi fondi, io e le altre persone che mi hanno affiancato nel progetto abbiamo selezionato un ragazzo e una ragazza che poi abbiamo preparato agli esami di ammissione alle università americane, mandandole anche in Florida ai camp organizzati niente di meno che da Claudio Pistolesi, ex numero uno italiano e coach di numeri uno.
E come spesso capita in queste storie, ecco il colpo di scena. A una delle presentazioni il relatore che mi introduce, a sua volta ottimo giallista, legge il libro per prepararsi, gli piace, lo propone all’editore, che lo trova interessante per una sua collana dedicata proprio ai gialli. Il resto, per così dire, è storia. Il libro accede a una revisione editoriale che lo rende ancora più avvincente senza snaturarne le caratteristiche, e si affaccia sul mercato proprio nel momento in cui Jannik Sinner spicca il volo e trasforma il tennis in un’enorme emozione nazionale. Una storia particolare, mi manca solo da rispondere all’Agente, ma per questo c’è tempo.
T.L.: Nel romanzo sono presenti numerosissime citazioni sul gioco del tennis e alcune fanno da introduzione ai singoli capitoli. Sono tutte bellissime e ricche di ironia ed una tra le mie preferite è quella di Bjorn Borg “Se non hai paura di perdere, non meriti di vincere” (cap. “Prima partita, settimo gioco”). Come è nata l’idea di inserirle nel libro e da quali documentazioni hai attinto per recuperarle?
Paolo Porrati: Per preparare il romanzo, che propone un intreccio molto articolato ed esteso su un arco temporale di tre anni esatti, ho veramente letto moltissimo.
Posso dire di aver comprato e divorato quasi tutti i principali testi che parlano di tennis non dal punto di vista sportivo, ma culturale.
Il tennis è davvero una “colonna portante nascosta” della storia recente, e offre storie incredibili che poi sono andate ad arricchire il testo, come quella ad esempio dello Studio 54 di New York, che pochi sanno avere un filo di connessione direttissima col nostro sport.
Sempre leggendo, ho iniziato ad annotarmi le frasi più interessanti che leggevo, e quindi mi è venuta l’idea di intitolare i capitoli non coi numeri bensì… coi giochi di una partita di tennis, il cui giocatore riflette e pensa mentre sta per iniziare a giocare il singolo gioco.
E il suo primo pensiero è … una citazione che gli torna in mente. E alla fine del libro, si capisce che la partita di cui si parla è la chiave per svelare il mistero.
T. L.: I personaggi del romanzo si distinguono ognuno per delle caratteristiche peculiari assai precise, basti pensare al Giudice Maurizio Verri che tutti i tennisti vorrebbero come giudice ai propri incontri oppure al vicequestore Mara Santangelo esperta sia di crimini che di tennis. Per la loro caratterizzazione ti sei ispirato a persone conosciute realmente o sono esclusivamente frutto della tua fantasia di scrittore? E ce n’è uno a cui ti senti più legato?
Paolo Porrati: Anche per questo aspetto il libro è assai originale.
I personaggi del libro si dividono infatti in due categorie, quelli distopici e quelli immaginari. Quelli immaginari sono frutto della mia fantasia, quelli distopici invece sono delle persone reali, di mia conoscenza o pubbliche, che “prestano” al romanzo la propria versione indipendente, appunto distopica.
La cosa bella è che i lettori più fortunati e affezionati de “Lo Sport del Diavolo” potranno incontrare dal vivo i propri beniamini ne “La Cena dei Personaggi”, in una serata che organizzeremo il prossimo giugno, legata a un concorso a premi che regalerà un weekend a Milano … ospiti di Valerio, il protagonista!
T. L.: Pur trattandosi di un romanzo autoconclusivo, ci sono delle vicende che potrebbero lasciare la porta aperta ad un seguito, ci stai pensando?
P.P.: In effetti sì. Il finale lascia aperta la possibilità di … un ritorno futuro del protagonista. L’idea c’è già, ma il parere finale spetta … al gradimento del pubblico!
T. L.: Grazie al tuo romanzo possiamo addentrarci tutti nelle origini e nella storia del tennis. Come sei riuscito a trasformare la tua preparazione e passione per questo sport in un romanzo giallo? Fino a che punto il tennis di cui parli nel tuo libro è un mito e dove inizia la verità?
Paolo Porrati: Tranne l’intreccio, che è frutto della mia fantasia, tutto il resto è vero. Sono veri i Circoli in cui si muovono i personaggi, sono veri i fatti come le finali delle NextgGen ATP Finals vinte da Sinner nel 2019, in cui si svolge una delle scene cruciali, sono vere le storie raccontate nelle introduzioni.
A suo modo, “Lo sport del Diavolo” è un piccolo “Pechino Express” nel mondo del tennis.
Leggendo, studiando e vivendo il tennis per così tanto tempo mi sono accorto che molte delle cose che imparavo potevano essere interessanti anche per chi il tennis non lo conosceva, specie se raccontate nel modo giusto e inserite in un contesto intrigante, come quello del “noir”. Spero di esserci riuscito.
T. L.: Prima di lasciarci, quale messaggio vorresti inviare ai lettori di Thriller Life?
Paolo Porrati: Ho sempre pensato che un buon romanzo giallo sia quello che propone allo stesso tempo una trama avvincente e la possibilità di conoscere ambienti molto distanti da se stessi. Un po’ come avveniva coi romanzi di John Grisham nei Legal Thriller.
Ecco, “Lo Sport del diavolo” cerca proprio di fare questo, condurre l’appassionato di gialli in un mondo che magari non conosce, come quello del tennis, ma che è davvero interessante da scoprire.
Ringraziamo Paolo Porrati per la disponibilità.