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I delitti della chimera di Alfredo Colitto

I delitti della chimera di Alfredo Colitto
“Ho imparato da tempo che in questo lavoro per ottenere risultati bisogna basarsi solo sui fatti e mai sulle speranze.”

I delitti della chimera

Recensione di: Alessia Chierico

Bologna, 1314. L’inverno è alle porte, e il buio assedia il mondo ogni giorno più presto. Dopo una di queste notti lunghissime, viene ritrovato il cadavere di un giudice. Non si tratta di morte naturale: il corpo è orrendamente sfigurato, sembra sia stato sbranato.

Nell’indagine viene coinvolto Mondino de’ Liuzzi, medico anatomista e accademico, capace come pochi di ricavare indizi dallo studio dei cadaveri. L’esame di Mondino, però, questa volta getta sul mistero più ombre che luci: l’accanimento sulla vittima è quello di un animale, ma i denti che l’hanno dilaniata sono umani.

Chi mai potrebbe macchiarsi di un omicidio così terribile? E perché? Mondino scava nel passato del giudice, cerca segreti e risposte, ma la matassa si ingarbuglia solo di più.

Quando la spirale di sangue accelera vertiginosamente e le spire oscure di un collega livoroso si stringono, Mondino sarà costretto ad ammettere che mai come ora ha bisogno di tutto l’aiuto di chi gli sta vicino: il figlio Gabardino, che si sente da lui ingiustamente sottostimato, la moglie Mina, studiosa finissima a cui le convenzioni del tempo stanno strette, e per fortuna anche il templare Gerardo, grande amico da poco tornato in città.

Recensione

I delitti della Chimera di Alfredo Colitto, edito da Mondadori è un raffinato giallo storico.

La trama si dipana in una Bologna piovosa e fredda nel novembre del 1314.

Il protagonista, Mondino de’ Liuzzi, è un anatomista e professore di medicina, attento osservatore del corpo umano.

All’epoca, per studiare gli organi interni e il loro funzionamento, era permesso dissezionare i cadaveri di criminali condannati a morte, ma non di feti né di puerpere morte di parto.

Mondino non era avvezzo seguire alla lettera le regole.

Il notaio Gregorio Greppi, del Consiglio degli Anziani di Bologna, aveva convinto il magister a diventare adiutor iustitiae ad maleficia,

“collaboratore di giustizia per i delitti

Era a disposizione ogni volta che avveniva un delitto.

Per quel semestre, avrebbe dovuto collaborare con Pellenio dei Pelloni, capitano del popolo.

Dire che tra lui e Pellaio non correva buon sangue era un eufemismo. Il capitano del popolo nutriva un odio viscerale non solo per Mondino de’ Liuzzi, ma per tutto il suo modo di intendere la scienza medica, che considerava blasfemo, e soprattutto per la pratica dell’anatomia.

L’autore mette in scena, con questi due personaggi, la tradizione e l’innovazione, la mentalità legata alle tecniche del passato con quella che guarda al rinnovamento.

I dialoghi e le allusioni, non sempre velate, tra Pellenio e Mondino, costituiscono la parte più divertente del romanzo.

Con il personaggio di Gerardo da Castelbretone, Colitto parla dell’esecuzione di Jacques de Molay, Gran Maestro dei Templari, arso vivo sul rogo per ordine di Filippo il Bello, re di Francia, l’11 marzo di quell’anno, 1314.

La fede di Gerardo negli ideali dell’ordine cominciava a vacillare.

Si era recato a Bologna per incontrare il suo amico Mondino che, sicuramente, era coinvolto nella risoluzione di qualche delitto.

Mondino gli aveva detto più volte, durante le indagini a cui avevano collaborato, che non desiderava altro che avere del tempo libero da trascorrere con la sua famiglia, senza dover pensare a risolvere omicidi raccapriccianti. Ma Gerardo non gli aveva creduto.

Infatti, si stava occupando di uno strano caso, quello del giudice Fondieri che era stato sbranato in casa e al quale era stato rubato un medaglione raffigurante una salamandra:

“il rettile tanto freddo che a contatto con il fuoco è capace di spegnerlo, come scrive Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia.

Da tutti questi dettagli si deduce la raffinatezza dello studio propedeutico, condotta dall’autore, alla stesura del romanzo.

Interessante è anche la storia personale di Mondino, padre di quattro figli: Gabardino, Ludovico e Leone avuti dalla prima moglie e Massia, di soli sei mesi, dalla seconda consorte, Mina de’ Gandoni.

Delicato e intimo è il ricordo che il magister conserva di Giovanna, la prima moglie.

Di nascosto si recava al cimitero per farle visita ed intrattenersi a conversare con lei, come se si aspettasse di ricevere dei consigli o delle risposte.

Erano un balsamo per l’anima quegli incontri fugaci con quella che era stata una moglie attenta e generosa.

Invece, il matrimonio con Mina, così bella e giovane, era arrivato come un dono, dopo tanti anni di vedovanza.

Con questo personaggio, Colitto mette in scena una donna istruita, forse fin troppo per l’epoca.

Aveva studiato filosofia, astrologia, matematica e riusciva a tenere testa a Mondino in una discussione scientifica. Peccato che non fosse obbediente!

La donna si fidava solo di Liuzzo, il nonno di Mondino, “l’uomo dei libri”.

Gli scambi di nozioni tra questi due personaggi rappresentano le parti più suggestive ed erudite di tutto il romanzo.

Come mai il giallo si intitola “I delitti della chimera”?

Perché, accanto al cadavere del giudice, era stata lasciata una X che è l’iniziale della parola “chìmaira” in greco.

Esiodo scrive che aveva testa e corpo di leone, ma con una testa di capra sulla schiena e come coda un serpente velenoso, mentre Omero la descrive con corpo di capra, coda di drago e testa di leone.

Un mostro mitologico.

L’autore ci trasporta nel mondo universitario del XIV secolo, nel quale non esisteva ancora una sede centrale, ma erano i professori a dover cercare luoghi appropriati nei quali aprire le loro scuole che gestivano personalmente versando all’Università una parte degli incassi.

Ci avventuriamo anche nel mondo delle taverne, dove le pietanze venivano servite in piatti di stagno e cucchiai come posate.

I coltelli non erano permessi per evitare che protessero essere usati in modo inappropriato.

Tutto in questo giallo, strutturato in diciassette capitoli, più Prologo ed Epilogo, è ben calibrato.

I personaggi, e le loro personalità, sono caratterizzati in maniera realistica.

I dialoghi sono colti ed incisivi, vero punto di forza del romanzo, a mio parere.

Inoltre, essendo Mondino ghibellino, quindi favorevole al dominio dell’imperatore, Alfredo Colitto propone anche uno spaccato storico-culturale dell’epoca.

Mondino è uno studioso medievale con una mentalità contraria a premonizioni e presagi.

“Non dubitava che, proprio come succedeva con le scoperte scientifiche, con tempo e sforzo sufficienti il mistero sarebbe stato svelato e il colpevole assicurato alla giustizia.”

Editore: Mondadori
Pagine: 252
Anno pubblicazione: 2024

Alfredo Colitto è nato a Campobasso. I suoi romanzi sono stati tradotti in sette lingue e pubblicati in ventuno paesi.

Vive a Bologna. Oltre che scrittore, è un affermatissimo traduttore: tra le altre, sue le voci italiane di James Ellroy, Don Winslow, Tana French, Michael Connelly e Joe R. Lansdale.

Col Giallo Mondadori ha pubblicato Cuore di ferroI discepoli del fuocoIl libro dell’angelo e Il segreto dell’alchimista.

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