Blogtour per “Il nido del pettirosso”
Nell’ambito del Blogtour di Fazi per l’uscita del nuovo libro di Lorenzo Sartori “Il nido del pettirosso” recensito qui, ThrillerLife ha avuto il piacere di occuparsi della tappa relativa all’intervista dell’autore…
Articolo di Alessandra Boschini
– Il nido del pettirosso ci presenta una storia molto drammatica e sconvolgente: la perdita di un figlio in circostanze misteriose. Un evento del genere crea uno tsunami di sentimenti ed è in grado di creare fratture sia all’interno della famiglia che nella persona stessa; proprio per questo motivo Laura sembra essere una madre poco presente, quasi anafettiva, completamente presa dal lavoro e sembra non accorgersi dell’andamento della sua famiglia.Era necessario arrivare allo straziante dolore della perdita di Sara per “aprirle” gli occhi oppure Laura è solo una donna triste che cerca il suo posto nel piccolo mondo di montagna sperando di essere accettata e accolta?
Laura è una donna in fuga da se stessa che ha pensato di trovare un suo posto nel mondo tornando nel luogo dove era cresciuta da bambina e che ha idealizzato.
Il fatto è che se vuoi essere parte di un luogo, devi amare quel luogo. È un sentimento che richiede reciprocità. Solo che Laura è talmente presa dal suo sogno, quello di gestire questo albergo di montagna che era appartenuto alla sua famiglia, e dal volersi fare accettare, da non accorgersi delle esigenze delle persone a lei vicine. Di suo marito Fabio e soprattutto delle due figlie Sara e Alice. È una donna che ha bisogno di amore ma che fa fatica a donarlo, se non attraverso il cibo che cucina. E sì, sarà solo il dolore, quello vero, quello incurabile, che la riporterà alla ragione e alle sue vere priorità. A ritrovare se stessa.
– Uno dei protagonisti principali di questo romanzo è certamente la natura. Qui sembra di viverla, respirarla tra i boschi e di sentire l’odore di resina e legna, della pioggia che batte sui tetti, l’aria frizzante e pulita, del ruscello che scorre limpido nei pressi del vecchio mulino o dell’erba baciata dal sole sul “prà del diavolo”.Quanta importanza dai all’ambientazione nella stesura di un libro? E quanta ne deve avere per dare al lettore l’impressione di viverla totalmente?
L’ambientazione è sempre una dei protagonisti dei miei romanzi. E la montagna è il paesaggio perfetto che raccontare un certo tipo di storie. La montagna è un’esperienza immersiva e totalizzante, dove la natura comanda, e dove noi umani veniamo per forza di cose ridimensionati. Dove tutte le nostre certezze sono messe in discussione. Non si può scrivere un romanzo ambientato in montagna senza lasciare che la natura si faccia sentire e vedere con la prepotenza che le compete. Alla fine non è stato difficile come temevo perché la montagna ha molto da dire.
– Leggendo Il nido del pettirosso si nota anche una notevole attenzione verso i giovani, i loro conflitti esistenziali, i primi approcci alle droghe e all’alcol, i rituali per l’ammissione al gruppo, i problemi alimentari ed i primi amori. Soprattutto il rapporto tra Sara e Alice è molto ben focalizzato, sicuramente frutto di un attento studio sulle dinamiche familiari e sul rapporto tra sorelle. Come si riesce a creare una narrazione così viva e veritiera?
Mi piacciono i protagonisti giovani. Sono stimolanti perché hanno ancora quell’inconsapevolezza e quell’energia che pian piano la vita ti divora. Per gli adolescenti tutto è possibile, tutto è estremo, tutto è necessario. E poi la ricerca di una propria identità così come la perdita dell’innocenza sono temi che da sempre mi appassionano. Quando osservo i giovani mi chiedo sempre che adulti saranno. È un po’ come interrogarsi sul futuro che ci aspetta ma è anche un interrogarsi sulla nostra vita e iniziare a tirare le somme.
– “Ogni persona dovrebbe stare nel suo ambiente per rimanere sé stessa o cercare il proprio posto per ritrovarsi”. Alice su quelle montagne si sente come a casa, suo padre non vedeva l’ora di tornare a Milano, Laura sembra cercare ancora la sua vera casa. Sono i personaggi a creare l’ambiente oppure è l’ambiente a creare i personaggi? Da quale spunto parti per scrivere una storia e come nascono i suoi personaggi?
Quasi tutte le mie storie partono da un luogo. Il Nido del Pettirosso in modo particolare.
Qualche anno fa una mia cara amica mi ha raccontato di quando con la sua famiglia si è trasferita in Trentino a gestire un piccolo albergo di montagna. Le ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza e di portarmi a vederlo perché volevo scrivere una storia ambientata in montagna e quello sarebbe stato uno spunto perfetto. Avevo bisogno di un riferimento da cui partire. Non immaginavo che solo dopo un paio di ore sul posto avrei avuto in testa tutta la storia.
Avevo trovato il mio Nido del Pettirosso. Una volta che trovo la giusta location, i personaggi arrivano, come avventori in cerca di una sistemazione. Io mi limito ad accoglierli e a dare a ciascuno la giusta direzione da prendere.
– L’ispettore Angelica Valenti, figura fondamentale nel caso, nelle ultime pagine riceve una telefonata particolare. Questo indizio, insieme ad altri che non svelo, fa pensare che la storia continui; potrebbe essere il presupposto per un seguito a “il nido del pettirosso”?
Il Nido del Pettirosso nasce come romanzo autoconclusivo e credo proprio che resterà autoconclusivo. Però ho voluto lasciare una “finestra” ad Angelica Valenti. Chissà, forse ricomparirà in un futuro thriller o forse no. La verità e che non siamo noi scrittori a deciderlo. I lettori hanno più potere di quello che immaginano.
– Prima di lasciarci e di ringraziarti, c’è qualche consiglio che vuoi dare ai lettori di Thrillerlife?
Sì, se avete la possibilità di leggere Il Nido del Pettirosso in qualche località di montagna, approfittatene, ma anche sotto un ombrellone o in città andrà bene lo stesso.