L’erede
Recensione di: Eleonora Francesca Grotto
TRAMA:
Eleanor convive con la prosopagnosia, l’incapacità di riconoscere i volti delle persone. Un disturbo che causa stress, ansia acuta, e può farti dubitare di ciò che pensi d sapere. Una sera la ragazza si reca a casa della nonna Vivianne per la consueta cena domenicale. Ad accoglierla sull’uscio non trova però la nonna, ma una persona cui non riesce a dare un nome, che scappa via per le scale. Dentro casa, la nonna è distesa sul tappeto accanto a un paio di forbici con le lame spalancate.
Nella stanza, odore di ferro e carne. La nonna, quella nonna che l’ha cresciuta come una madre, è stata uccisa. Passano i giorni, e l’orrore di essersi avvicinata così tanto a un assassino – e di non sapere se tornerà – inizia a prendere il sopravvento su Eleanor, ostacolando la sua percezione della realtà. Finché non arriva la telefonata di un avvocato: Vivianne le ha lasciato in eredità una tenuta imponente nascosta tra i boschi svedesi.
È la casa in cui suo nonno è morto all’improvviso; un posto remoto, che da oltre cinquant’anni custodisce un passato oscuro. Eleanor, il mite fidanzato Sebastian, la sfrontata zia Veronika e l’avvocato vi si recano in cerca di risposte. Tuttavia, man mano che si avvicinano alla scoperta della verità, inizieranno a desiderare di non aver mai disturbato la quiete di quel luogo. Chi era davvero Vivianne? Quali segreti si è portata nella tomba? I segreti non muoiono, mi sussurra Vivianne nella mia testa. Nulla veramente muore, Victoria. Io sono ancora qui. O no?
RECENSIONE:
In un mondo di segreti inconfessabili, legami familiari complessi e oscuri misteri sepolti nel tempo, L’erede di Camilla Sten si presenta come un thriller avvincente e carico di pathos, che ci conferma le qualità dell’autrice dopo il successo del suo primo romanzo, Il villaggio perduto.
La vicenda prende forma attorno a Eleanor, una giovane donna costretta a fronteggiare non solo un dramma personale ma anche il peso di un’eredità inquietante. Sin dalle prime pagine, il lettore è catapultato in una spirale di ansia e suspense: un quadro vivido di emozioni umane e relazioni intricate.
Eleanor convive con la prosopagnosia, un disturbo che le impedisce di riconoscere i volti altrui, un espediente narrativo che non solo rende l’indagine più difficile ma arricchisce la trama di una dimensione psicologica profonda. Questo particolare elemento contribuisce a sottolineare la vulnerabilità della protagonista, che deve già affrontare l’orrore della morte della nonna Vivianne, trovata assassinata nella sua casa. L’immediato trauma di Eleanor è amplificato da un incubo che sembra avere un legame diretto con la sua incapacità di identificare le persone, lasciando il lettore avvinto da un senso di inquietudine crescente.
La storia si dipana in una tenuta misteriosa incastonata tra i boschi svedesi, una casa che diventa il palcoscenico principale della narrazione. Questa dimora non è solo un semplice luogo di incontro per personaggi scossi dal lutto, ma una vera e propria entità che custodisce segreti e verità inconfessabili. La casa sembra avvolgere i protagonisti in un abbraccio sinistro, mentre gli eventi si susseguono e svelano, pezzo dopo pezzo, le fratture dei rapporti familiari.
Un tema centrale di L’erede è proprio la complessità delle relazioni familiari, che Camilla Sten esplora con curiosità e un tocco di ironia. Nonostante la gravità degli eventi, la scrittrice riesce a inserire momenti di leggerezza, rendendo i personaggi più umani e relazionabili. I rapporti tra Eleanor, il suo fidanzato Sebastian e la zia Veronika sono permeati da strati di tensione e affetto, insicurezze e segreti. Questi elementi offrono al lettore una finestra sulle dinamiche familiari, mettendo in evidenza come il bene e il male siano concetti relativi, sfumati e spesso confusi.
La struttura narrativa si avvale di diversi punti di vista, una tecnica che non serve solo a confondere il lettore quanto al possibile colpevole, ma anche ad approfondire le motivazioni e le emozioni dei singoli personaggi. Attraverso questi cambi di POV, Camilla Sten ci regala una visione complessiva non solo dell’azione, ma delle motivazioni che spingono ogni personaggio, rendendoli così ancor più sfaccettati e tridimensionali. In questo modo, il lettore è invitato a esplorare le motivazioni che si celano dietro ogni azione, alimentando una narrazione densa e ricca di sfumature.
Quello che distingue L’erede è la sua capacità di rimanere con i piedi per terra, senza il bisogno di colpi di scena eclatanti o di azioni esagerate. Camilla Sten riesce a mantenere alta la tensione attraverso personaggi incisivi e atmosfere coinvolgenti, facendo leva su ciò che è silenzioso, su ciò che non viene detto. Anziché inseguire la grandiosità, si concentra sul vissuto, rendendo il thriller non solo un avvincente viaggio nel mistero, ma anche un’esplorazione delle fragilità umane.
Se Il villaggio perduto aveva rivelato a un talento nascente, L’erede conferma la bravura di Camilla Sten. La scrittrice svedese non solo ha affinato le sue capacità narrative, ma ha saputo creare una storia che si sedimenta nella mente del lettore.
In conclusione, L’erede non è soltanto un thriller che intrattiene, ma un’interessante riflessione sui rapporti familiari e su come il passato giochi un ruolo fondamentale nelle persone che diventiamo.
Traduzione: Renato Zatti
Editore: Fazi Editore
Pagine: 360
Anno di pubblicazione: 2025
AUTORE:

Camilla Sten è nata in Svezia nel 1992, è la figlia della famosa scrittrice di gialli Viveca Sten. Scrive storie fin da quando era ragazzina. Dopo alcuni libri per ragazzi, ha esordito nella narrativa per adulti con Il villaggio perduto, pubblicato da Fazi Editore nel 2024: un successo da duecentomila copie tradotto in ventuno paesi, che verrà presto adattato da Netflix per una serie tv. L’erede è il suo nuovo romanzo.