Il canto dei cuori ribelli
Recensione di: Federica Cervini
TRAMA:
Aveva quattordici anni Smita quando con la sua famiglia ha dovuto lasciare l’India in circostanze drammatiche.
Una volta al sicuro in America, ha scacciato dal cuore la nostalgia per i crepuscoli aranciati e il profumo inebriante dei cibi che il padre le comprava dai venditori ambulanti e giurato a se stessa che mai più sarebbe tornata in quei luoghi che l’avevano così profondamente ferita.
Ma anni dopo si ritrova a dover accettare con riluttanza l’incarico di coprire una storia di cronaca a Mumbai, per il suo giornale.
Seguendo il caso di Meena – una giovane donna sfigurata brutalmente dai suoi fratelli e dai membri del suo villaggio per aver sposato un uomo di un’altra religione – Smita si ritrova di nuovo faccia a faccia con una società che appena fuori dallo skyline luccicante delle metropoli le pare cristallizzata in un eterno Medioevo, in cui le tradizioni hanno più valore del cuore del singolo, e con una storia che minaccia di portare alla luce tutti i dolorosi segreti del suo passato. Eppure, a poco a poco le sue difese cominciano a vacillare, i ricordi a riaffiorare e la passione a fare nuovamente breccia in lei …
Sullo sfondo di un meraviglioso Paese sospeso tra modernità e oscurantismo, in un crescendo di tensione, due donne coraggiose e diversamente ribelli si confrontano con le conseguenze di due opposti concetti di onore e di libertà, in una storia indimenticabile di tradimento, sacrificio, devozione, speranza e invincibile amore.
RECENSIONE:
Il canto dei cuori ribelli di Thrity Umrigar narra di privilegi e ingiustizie, di divieti sociali, tabù e inibizioni personali, attraverso le storie di due donne indiane, Meena e Smita. È anche un racconto che parla dell’amore delle protagoniste per il loro paese, l’India, nonostante i tanti conflitti da cui ancora oggi è attraversato. In particolare, l’autrice analizza il rapporto psicologico di amore e odio che Smita ha nei confronti della sua India.
Smita, pensando di viaggiare verso un paese nuovo e moderno, in realtà torna in una “vecchia India senza tempo”, un paese segnato dall’ignoranza, dall’analfabetismo e dalla superstizione. In più, è governato da uomini che gettano il veleno dell’odio sociale su un popolo che scambia la vendetta per onore e la sete di sangue per tradizione.
Il paese rappresentato in Il canto dei cuori ribelli, ha molte facce: Mumbai (Bombay), è la capitale commerciale e dell’intrattenimento dell’India e conta più di 12 milioni di abitanti. Qui possiamo attraversare i viali trafficati, ed essere affascinati da palazzi moderni, lussuosi e dagli hotel a 5 stelle. Eppure, basta spostarsi più in là di qualche strada, o addirittura uscire dalla megalopoli, per piombare nel medioevo.
Quando, in Il canto dei cuori ribelli, Thrity Umrigar parla di medioevo, si riferisce alla mentalità tradizionale di coloro che abitano il suo paese, dove convivono concetti opposti quali libertà e onore, tradimento e sacrificio, ma anche devozione e speranza.
Quella dipinta dall’autrice è infatti una società che vive di apparenza, dove il dolore e la solitudine di una donna non vengono presi in considerazione.
La donna che ha lottato per fare valere i propri diritti con la forza dell’amore si scontra con le tradizioni obsolete e i tabù indiani, e a nulla sembra essere servito il suo sacrificio, fatto per proteggere la propria bimba. Ne è un esempio Meena, che è stata sfigurata brutalmente dai propri fratelli per questioni d’onore e di incomprensioni religiose.
“Le mani di Abdul sono musulmane?
La sua pelle lo è?
Che cosa fa di lui un musulmano?
Che cosa fa di me un’indù?
Solo la famiglia in cui sono nata?”
Indù e musulmani convivono fianco a fianco in India, ma non si sono integrati ed è da questo divario religioso, che appare insanabile, che nasce la tragedia di Meena.
Bellissime e profondamente dolorose le pagine in cui si descrivono gli scontri tra i due gruppi religiosi e come Meena ed Abdul ne facciano le spese.
“Una mangusta non può dormire accanto a un serpente”.
Con queste parole Thrity Umrigar ci spiega per bocca di uno dei suoi personaggi il rapporto esistente fra le due culture e che Smita ritrova ornando in India, anni dopo la sua partenza in America,
Il punto di forza di Il canto dei cuori ribelli, è l’ispirarsi a fatti realmente accaduti; l’autrice costringe il lettore a riflettere sulla crudeltà degli uomini e allo stesso tempo gli permette di conoscere meglio la società indiana.
Le disuguaglianze di classe e di genere sono trattate con intensità in una trama che supera la storia d’amore per diventare testimonianza di vita reale. Thrity Umrigar coinvolge il lettore con un ritmo narrativo incalzante e con la tensione e gravità dei fatti che racconta.
Da un lato descrive meravigliosi paesaggi, tramonti, profumi e colori dell’India, dall’altro usanze e tradizioni arretrate e inaccettabili, principalmente nei confronti delle donne. Nelle pagine di Il canto dei cuori ribelli, c’è amore ma anche dolore, amicizia e coraggio ma anche delitti, deturpazioni e cicatrici, e la conseguente infamia di chi le porta.
L’India, paese delle contraddizioni, appare al lettore al contempo affascinante e crudele. A pagine di orrore e violenza si mescolano quelle in cui ci sono desiderio di giustizia, voglia di combattere per i diritti delle donne, solidarietà. È un’India ottusa e non al passo con i tempi, ove le donne sono madri, mogli e spesso schiave di mariti aggressivi e ignoranti. Non manca tuttavia, nelle pagine, la speranza di veder crescere un paese nuovo, più aperto al confronto e all’accettazione del diverso.
Traduzione: Sara Puggioni
Editore: Libreria Pienogiorno
Pagine: 400
Anno di pubblicazione: 2024
AUTORE:

Thrity Umrigar è una pluripremiata autrice di bestseller, celebrata da icone come Salman Rushdie e Reese Witherspoon, e collabora con importanti testate come The New York Times, Washington Post, Boston Globe. È inoltre docente di scrittura creativa e letteratura alla Case Western Reserve University. Pubblicato in dodici lingue, “Il canto dei cuori ribelli” è uno straordinario successo di pubblico e critica.