Piergiorgio Pulixi scrittore cagliaritano amatissimo per i suoi romanzi seriali, particolarmente caro a ThrillerLife per aver inaugurato la rubrica delle Interviste chiacchierando con noi sul noir Per colpa mia uscito nel Settembre 2021 per Mondadori – QUI il suo contributo.
Autore attento e prolifico ha pubblicato diversi titoli anche con il collettivo Mama Sabot, creato da Massimo Carlotto, di cui è stato allievo.
Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de fogu (Edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco, inserito nel trittico noir Donne a perdere (Edizioni E/O 2010).
È autore della saga poliziesca di Biagio Mazzeo iniziata col noir Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir italiano e 50/50 Thriller e finalista al Premio Camaiore 2013, proseguita con La notte delle pantere.
Nel 2015 ha dato alle stampe Il Canto degli innocenti (Edizioni E/O) vincitore del Premio Franco Fedeli 2015, primo libro della serie thriller I canti del male, a cui farà seguito La scelta del buio, poi Un colpo al cuore, con cui si aggiudica per la seconda volta il Premio Franco Fedeli e il Premio Ceresio in Giallo e infine il nuovissimo La settima luna.
Nel 2022 esordisce nella letteratura per ragazzi col romanzo Il Mistero dei bambini d’ombra edito da Rizzoli.
Pulixi scrive per le pagine culturali della La Nuova Sardegna e insegna scrittura creativa e tecniche di narrazione. È stato relatore al Crime Writers Festival 2016 a Nuova Delhi e al Deal Noir Festival 2016 in Inghilterra e al Quais du Polar a Lione nel 2017 e nel 2021.
Con Piergiorgio Pulixi abbiamo imparato che non si può incasellare tutto.
I suoi libri sono volutamente molto difficili da catalogare in un solo genere letterario.
C’è il giallo, il thriller, il noir, il saggio storico, la nota politica, la playlist musicale perfettamente mescolati tra di loro. Nel 2018 vince il Premio Scerbanenco con Lo stupore della notte dove oltre al thriller e al giallo c’è una bella e interessante spy story inscindibilmente intrecciata al resto.
Nel 2019 con L’Isola delle anime nuovamente lo Scerbanenco è suo, ma anche questa volta, oltre al giallo c’è molto di più. Entriamo nel cuore delle tradizioni antiche sarde con un bel cammeo sulle civiltà prenuragiche che potrebbe, a prima vista, non avere molto a che fare col genere cui si cerca di far appartenere la storia.
Ne Il colpo al cuore e La settima luna – recensito da ThrillerLife QUI – il campo si allarga ancora di più ad abbracciare uno dei temi cari all’autore: il rapporto coi social media. Veniamo catapultati nella realtà contingente fatta di una percentuale di virtuale che va via via crescendo.
Piergiorgio Pulixi ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande
1 – Nei tuoi romanzi l’ambientazione è fondamentale. Puoi scegliere una località esistente, oppure inventare di sana pianta, ma è una operazione importante per creare quella base solida su cui poi sviluppare il romanzo. Ne “La settima luna” scegli l’entroterra Pavese, andando a stuzzicare la memoria dei lettori proprio col paese di Garlasco, ma parallelamente la Sardegna viene con te. Un gioco di contrasti sicuramente preparato ad hoc per il lettore.
Ma perché proprio quella zona della Lombardia?
Tutto è nato da Garlasco.
Al di là del giallo e della vicenda poliziesca alla base della storia, c’era un nodo tematico che volevo affrontare: ovvero, raccontare come le città soprattutto di provincia, che negli anni passati sono diventate famose a livello nazionale per via di alcuni delitti particolarmente cruenti, sono cambiate antropologicamente a seguito dell’invasione mediatica che è seguita a questi omicidi.
Penso a città come Cogne, Erba, Avetrana, Garlasco – per l’appunto.
Negli ultimi anni il “trattamento” mediatico è sempre lo stesso: a seguito dell’omicidio parte l’industria necrofila dello spettacolo che invade queste cittadine, calpestando il rispetto per le vittime e per i parenti delle vittime, così come quello dei cittadini comuni che vivono in quei paesi e si trovano letteralmente sotto assedio mediatico.
Ciò su cui mi volevo concentrare è questo dato: cosa accade a queste città quando le telecamere si spengono, i giornalisti vanno via, le dirette fuori dai tribunali e dalle case delle vittime non si fanno più e l’attenzione mediatica si smorza fino a cessare del tutto?
Come convivono i paesani con quell’aura delittuosa, con i pregiudizi e con i fantasmi di questi orrori? In questo romanzo mi sono concentrato su Garlasco.
Una volta individuata questa cittadina ho esteso l’ambientazione nel circondario, trovando nella Lomellina e sul Ticino delle ambientazioni straordinarie che ben s’attagliavano con questa storia.
2 – Oltre alla minuziosa descrizione di luoghi e fatti, attribuisci un ruolo attivo anche ai dialetti. Quello sardo ci riporta a L’Isola delle Anime. Quello Veneto per caso ci preannuncia forse una prossima tappa del tour?
Perché no? È probabile. Adoro i dialetti.
Nei dialoghi aiutano tantissimo a caratterizzare i personaggi, a dar loro un’impronta più personale e a far scaturire con più immediatezza la loro personalità. I dialetti sono anche ottimi alleati quando si tratta dell’ironia e dell’umorismo dei personaggi: le battute migliori sono quelle che originano, quasi d’istinto, dalla propria lingua madre.
È una componente imprescindibile per alcuni dei miei personaggi come Mara Rais, Bepi Pavan, Pierluigi Palamara e Clara Pontecorvo. Amo cambiare ambientazioni, quindi chissà che in futuro non porti la mia squadra anche in Veneto.
3 – Già da “Lo stupore della notte”, per poi “esagerare” con “L’isola delle anime”, riequilibrare con “Un colpo al cuore” e tornare a spingere al massimo proprio con “La settima luna”, hai fatto ruotare le tue storie attorno a figure femminili.
Attraverso i tuoi personaggi, la poliedricità della donna è presentata in tutte le sue sfumature, narrandola senza cadere in falsi macchiettismi.
In questo libro compare anche Alice, ragazza dal nome iconico… la ragazzina che precipita nel Paese delle Meraviglie influenza un po’ il tuo personaggio, oppure si tratta di una coincidenza?
Premetto che non è un riferimento che ho cercato ad hoc, nutrito e coltivato; però, di certo, la dinamica è la stessa: solo che la “mia” Alice precipita in un’esistenza stravolta dall’omicidio della sorella; viene proiettata in una realtà di sospetti, investigatori, interrogatori, segreti familiari e di una Garlasco che quasi le fa una colpa per aver riaperto il vaso di Pandora.
È uno dei personaggi che ho amato di più in questa storia.
Attraverso di lei ho cercato di raccontare come i parenti delle vittime si trovano loro malgrado a doversi difendere da sospetti e accuse infamanti quando in quel momento vorrebbero soltanto abbandonarsi al dolore ed elaborare il lutto.
4 – Vito Strega, invece, è il personaggio border line per eccellenza. Abbiamo imparato a conoscerlo dalle sue reazioni praticamente sempre sopra le righe. In questo romanzo, però, pare in buona compagnia.
I personaggi maschili sembrano prevalentemente caratterizzati da una instabilità molto accentuata.
Sembra quasi di vederli camminare sulla lama del rasoio, mentre le donne appaiono dotate di un equilibrio molto evidente. Come mai questa scelta di far “ardere sulla graticola” il genere maschile in questo romanzo?
Perché è il riflesso di quello che accade nella realtà.
L’uomo è in crisi sotto diversi aspetti, ma soprattutto si trova in un fase di mutazione valoriale.
I suoi punti di riferimento devono necessariamente cambiare se vuole trovare il proprio posto nel mondo moderno. L’apparato emozionale, sentimentale ed etico va aggiornato ai tempi moderni, non può più essere quello di quarant’anni fa.
Questo è un cambiamento epocale che – consapevolmente o meno – sta toccando un po’ tutti gli uomini occidentali, compresi i personaggi di romanzi e serie televisive.
Strega si muove in questo mondo come un vecchio gentiluomo di una o due epoche fa.
Ma nel profondo del suo cuore sa che ha molto da lavorare su se stesso per ricomporre fratture emozionale, riempire vuoti esistenziali ma soprattutto per sfuggire al Canto degli innocenti dentro la sua testa.
Per fortuna ci sono Eva Croce e Mara Rais che lo aiutano a trovare un proprio equilibrio. L’ingresso di queste due ragazze nella serie è stato salvifico per Strega.
5 – Il rapporto tra Croce e Rais è diventato immediatamente uno dei must che ci aspettiamo nei libri che le vedono come protagoniste.
Qui si nota un’ironia molto più sciolta e rilassata. Si evince il rapporto di amicizia che è diventato man mano più forte con lo scorrere dei libri.
Senza voler svelare troppo, questa ironia potrebbe arrivare a trasformarsi in rivalità, soprattutto sul piano personale?
Rivalità? Forse. Ma di sicuro non sul piano professionale, dove Croce e Rais sono molto complementari: l’una sopperisce alle carenze dell’altra, e questo le porta a essere una squadra perfetta.
Di ciò sono entrambe consapevoli, e sebbene continuino a prendersi in giro e battibeccare hanno contezza di questa loro “unicità” come duo investigativo. Per quanto riguarda il piano personale… Be’, questa è tutt’altra questione.
L’elemento che potrebbe scatenare la rivalità forse è proprio un rapporto esclusivo con Strega, di cui Rais è di certo invaghita.
Di contro, la relazione tra Strega ed Eva segue traiettorie e dinamiche diverse: più che una fascinazione fisica, sensuale, il legame tra Strega e Croce ha più a che fare con un’affinità elettiva, forse derivante da vissuti simili, da esperienze che li hanno entrambi segnati nell’anima.
Questo li porta ad avere una sintonia più intellettuale. Però, sia che Eva che Mara sono donne forti, indipendenti, non hanno bisogno di “dipendere” da un uomo per trovare un proprio equilibrio. Quindi, tra i tre, direi che è proprio Strega a dover stare attento a non farsi male sentimentalmente… Vedremo che succederà nei prossimi romanzi.
6 – E infine una indiscrezione che sta molto a cuore ai lettori: il finale aperto de Lo stupore della notte sembra quasi indirizzarci verso un seguito, che al momento non è (ancora) arrivato. Qualcosa bolle in pentola in questa direzione? Qualcosa che si può svelare in anteprima?
Sarò molto onesto: ci sono dei libri e dei personaggi che hanno tempi di recupero piuttosto lunghi. È il caso di Biagio Mazzeo, per esempio. Così come di Rosa Lopez. Sono personaggi che ho bistratto, ferito, torturato psicologicamente e spiritualmente; quindi, era necessario che entrambi ci prendessimo un periodo di pausa e riflessione.
Ributtarli subito dentro un’altra storia sarebbe stata una scorrettezza nei loro confronti ma soprattutto verso i lettori, che meritano rispetto e la storia migliore che uno scrittore possa scrivere.
Detto questo, io sono sicuro che prima o poi entrambi torneranno, e non è escluso che possano tornare insieme, dato che il loro destino è abbastanza simile: condividono un purgatorio che è più o meno lo stesso. Quindi… ancora un po’ di pazienza.
7 – “ Quando un libro esce non appartiene più allo scrittore, ma ai lettori… se la letteratura esiste è proprio perché c’è chi riveste le parole degli autori di un proprio significato. Leggere del resto comporta una certa dose di vulnerabilità. Apri le porte di qualcosa che non sai dove ti porterà, né come ti farà sentire. Prevede, insomma, una resa a priori.”
Queste le riflessioni di Hanya Yanagihara sul suo rapporto con il lettore, ne condividi l’idea di fondo? È possibile che sia su questa vulnerabilità, propria di ogni lettore, che fanno più presa le tue storie?
Leggere è come fare l’amore con una persona sconosciuta.
Non sai cosa ti aspetta. Ignori il profumo della sua pelle, la spregiudicatezza o l’incertezza delle sue mani, la musicalità dei suoi gemiti. Come e con quale intensità ti toccherà, ti accarezzerà, ti morderà. Quanto di sé ti darà e fino a che punto si lascerà andare al piacere.
Non conosci il colore della sua voce, la consistenza dei muscoli, il sapore della sua carne, né se ci sarà sincronia nelle vostre movenze così come nei reciproci desideri.
È sempre un incontro al buio, a meno che non si legga una serie letteraria, e quindi sai benissimo verso “chi” e “cosa” vai incontro.
Difatti romanzo estemporaneo e serie letteraria rappresentano due poli opposti anche a livello di aspettativa emotiva: il romanzo “stand alone” incarna il piacere dell’ignoto, dell’incontro al buio, mentre il libro seriale simbolizza una confortante e rassicurante certezza. Credo che tutti noi lettori oscilliamo tra queste due esigenze: sorpresa contro prevedibilità. In alcuni momenti della nostra vita ci sentiamo più inclini al piacere della scoperta e della sorpresa, e in altri abbiamo bisogno di conferme, di certezze.
E se leggere è come fare l’amore con uno sconosciuto, leggere significa anche spogliarsi davanti a questa persona, lasciarsi toccare; quindi, mostrarsi nudi, indifesi, vulnerabili.
E ciò non vale solo per chi legge, ma allo stesso modo per chi scrive: a volte ho bisogno di ritrovare vecchi amici, e allora riprendo una mia serie letteraria; altre, invece, sento il bisogno di scoprire nuovi personaggi, nuove situazioni, e così scrivo dei romanzi “fuori serie”, in cui sono costretto a spogliarmi un po’ di più.
Un elemento che sicuramente accomuna lettori e scrittori è proprio la vulnerabilità: sei nudo quando leggi, ma forse lo sei ancora di più quando scrivi. Un lettore davanti a questo “incontro al buio” può tirarsi indietro, chiudendo il libro; chi scrive, no: deve andare fino in fondo. Sei consapevole che una volta denudato, come scrittrice o scrittore, non puoi più rimetterti i vestiti addosso.
Una volta che il libro è pubblicato, non si può tornare indietro. Le scrittrici e gli scrittori più coraggiosi sono quelli che esibiscono le proprie vulnerabilità più profonde, le smagliature del corpo e dell’anima, ben consci che non potranno ritrattare né cancellare le loro parole.
È come camminare nudi in mezzo a un marciapiede di una strada trafficata di New York. Sai che tutti ti guarderanno, ti scruteranno e ti giudicheranno.
Qualcuno ti riderà in faccia, qualcun altro si scandalizzerà e ti insulterà, mentre altri, dopo averti fotografato con i telefonini, ti getteranno in pasto ai social che ti si scateneranno contro con matta e crudele bestialità. Ci vuole coraggio per mettersi a nudo. Per questo quel tipo di scrittrici e scrittori sono molto rari. Hanya Yanagihara è una di queste.
8 – Se dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sarebbero?
Isola. Mare. Sensibilità.
9 – Se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti mai fare a meno, ovviamente escludendola scrittura, quali sarebbero?
Caffè. Mare. Musica.
10 – Prima di salutarci e anzi, proprio per inaugurare un saluto di eccezione, che messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
Che possano trovare al più presto quello che stanno cercando – consapevolmente o meno – e che può dare significato e sostanza alle loro vite. Senza passione, non siamo niente. Abbiate il coraggio di essere felici e siate rispettosi della felicità altrui.
ThrillerLife ringrazia Piergiorgio Pulixi
a cura di Patty Pici e Rita Annecchino ( Carteccio )