Il felice esordio di una nuova coppia in crime: Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori

Cristina Aicardi - Ferdinando Pastori

È uscito da pochi giorni Dolce da morire (Laurana Editore, Collana Calibro 9), l’opera prima di una coppia di autori che di narrativa crime ne masticano parecchia: Cristina Aicardi, caporedattore della testata specializzata MilanoNera per la quale firma recensioni e interviste, e Ferdinando Pastori, autore che ha già al suo attivo sei romanzi e molti racconti ed è anche collaboratore del magazine suddetto.

Un esordio davvero felice per un gangster cozy dal ritmo brillante, dove umorismo, tensione e attualità criminale si fondono in convincente armonie.

Cristina Aicardi - Ferdinando Pastori

Intervista a Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori 

Inizio da qui, per chiedere a entrambi: com’è nata l’idea di un romanzo a quattro mani? 

FP1. L’idea è nata durante il “NebbiaGialla” del 2021. Eravamo in pieno lockdown e quell’anno il festival si svolgeva ovviamente non in presenza, ma in diretta streaming. A Suzzara, chiusi in biblioteca, c’eravamo solamente io, Cristina e Paolo Roversi. L’atmosfera era un po’ surreale e pesante, così durante una delle pause, mentre stavamo scherzando come nostro solito per alleggerire la tensione ho buttato lì l’idea di provare  a scrivere un romanzo dove all’intreccio giallo facesse da contraltare una sana e robusta dose di ironia.

CA1. Devo ammettere che al momento non avevo preso seriamente la proposta, la ritenevo solo un’idea estemporanea e divertente destinata però a rimanere nelle nebbie di Suzzara. Non avevo mai scritto nulla, e mai nemmeno avevo pensato di poterlo e volerlo fare. Dopo un paio di giorni, però, ripensandoci,  mi è apparsa Olga e nel giro di pochi minuti aveva un cognome altisonante, una famiglia e una storia da raccontare. Quindi, ho chiamato Ferdinando e gli ho detto: «Se dicevi sul serio, sono pronta».

E, ancora, che significa avere un coautore e come è stato organizzato il vostro impegno scrittoriale?

CA2. Per me è stata una grande fortuna. Avere Ferdinando, che oltre ad essere un bravo scrittore è anche un editor, ha reso il mio lavoro molto più semplice. Essendo io all’esordio, mi ha guidato con precisione e molta pazienza, È stato, insomma,  il mio “navigatore”. Senza di lui, non avrei mai scritto.

FP 2 Prima di questa avventura ho sempre scritto da solo, ma collaborare con Cristina, dopo aver stilato la scaletta è stato facile. Ci siamo divisi le parti del romanzo non tanto in base ai personaggi, ma ai luoghi e tempi della narrazione.

E, detto da editor, per me è stato un piacere leggere un testo così “pulito”. Dolce da morire narra la prima indagine di Olga Cazzaniga Peroni, ricca casalinga sulla cinquantina, e Franco Reali, quarantacinquenne investigatore parecchio figo. Cliente lei, in ansia per l’improvvida attrazione dell’amatissima nipote verso un attempato seppur fascinoso antiquario meneghino, irreprensibile titolare di agenzia lui.  Chi, tra voi due, ha avuto l’idea motrice e da quale spunto è nata?

CA3. Per prima cosa è nata Olga, con la sua famiglia al femminile. Poi l’idea che andasse da un investigatore privato per farlo indagare sul fidanzato della nipote. Volevo raccontare con umorismo la storia: una cinquantenne come tante, né bella né brutta, non in perfetta forma fisica, che ha preso parecchie sberle dalla vita, e che si è costruita una protezione fatta di ironia, cinismo e un pelo di sbruffonaggine. 

FP 3 Una volta nato il personaggio di Olga, c’era da costruirle intorno una storia gialla che fosse aderente alla realtà e che ben si adattasse alla personalità della protagonista… e qui sono entrato in gioco io. 

Nel personaggio di Olga, accattivante al punto da creare dipendenza, non pochi tratti distintivi paiono accomunarla alla sua madre letteraria: dalla bionda frangetta sbarazzina alla passione per la narrativa, dall’umorismo brillante e pungente fino al delizioso miciomolle che nel romanzo risponde al nome di Oscar, per non parlare dello spazio dedicato a quelle incantevoli protoscimmie che sono i lemuri. Non conosco Ferdinando quanto Cristina, ma sospetto che anche Franco Reali per certi versi gli somigli. Dunque, vi chiedo: quanto di voi avete trasmesso ai due protagonisti?

CA4. Sicuramente le ho dato il mio senso dell’umorismo, la mia propensione alla battuta, anche cattivella. E poi sì, le ho noleggiato Miciomolle, il mio gatto. Per il resto, nonostante ci accomuni il colore dei capelli, entrambe bionde di ritorno,  Olga non sono io. Lei è pure parecchio più giovane…Poi, certo, qua e là, ho inserito qualcosa di mio, come i lemuri, che è il soprannome con cui mi riferisco ai miei figli. 

FP 4 Con questo romanzo ho cambiato parecchio il mio modo di scrivere affrontando una storia meno cupa e noir. Mi sono lasciato andare e affrontando il processo di scrittura con più leggerezza. Di conseguenza ho voluto anche staccarmi dai soliti personaggi che ero solito utilizzare e quindi non ho messo niente di mio nell’investigatore.

Attorno a Olga e Franco prende vita una irresistibile galleria di personaggi, tutti realisticamente plasmati in chiaroscuro: dall’eccentrica famiglia di lei, capeggiata dalla matriarca Irma e animata dal gineceo di sorelle e nipote, al pool investigativo di Reali, formato (basti questo!) da uno psicologo poi divenuto hacker autodidatta e da un possente individuo che si muove tra legalità e universo criminale, lungo un confine quanto mai ambiguo e sottile.  Frutto tutti di fantasia o ispirati a qualche conoscenza reale? 

CA5. Fantasia, sono tutti personaggi inventati. La famiglia di Olga è nata con lei. L’unico personaggio a cui ho dato qualcosa di reale è Irma, la madre, che ha la stessa iniziale del nome della mia e la sua stessa passione per le parole crociate. Anche con solo una parola, con un riferimento che solo io conosco, ho voluto omaggiare le persone cui voglio bene. 

FP 5 Tutti i personaggi sono talmente assurdi che potrebbero essere reali, ma sinceramente per quanto mi riguarda non mi sono ispirato a nessuno in particolare.

Nel romanzo, Milano è personaggio altrettanto incisivo: da Brera a San Marco, dai ristoranti di tendenza nippo style alle storiche osterie con tovaglie a quadri e credenze di legno, la città meneghina è declinata con realismo e tenerezza. Curioso per una brianzola e un piemontese…

CA6. Beh, scrivere una storia crime ambientata in Brianza avrebbe richiesto più pagine solo per gli spostamenti in auto: qui è difficile trovare nello stesso paese un investigatore privato, un negozio di antiquariato, una pasticceria e tutte le altre cose di cui parliamo nel libro. Milano, invece, è perfetta. Lo sfondo ideale per la nostra storia. 

FP 6 È vero, sono piemontese si nascita, ma ormai vivo a Milano da più di venticinque anni e la città mi ha adottato e non credo di poter vivere da nessun’altra parte. Quindi per me è stato facile raccontarla per come sono solito viverla e con il solito sguardo affettuoso che ho utilizzato anche nei miei precedenti romanzi.

Al centro dell’indagine, e di più non si può dire, si snocciola una vicenda che prende le mosse da una sospetta ludopatia per finire tra le grinfie di una mafia dei “colletti bianchi”, criminali che si fanno varco tra professionisti, imprenditori, amministratori pubblici, esponenti della politica e della finanza, collusi o corruttibili.  Un tema, dunque, di schiacciante attualità…

CA7 Raccontiamo il presente, quello che ci accade intorno. Solo che abbiamo deciso di farlo con un voce diversa, quella della commedia e dell’ironia, voce che è la mia. L’unica, a differenza di Ferdinando, che ha più registri, con cui credo di poter scrivere.

FP 7 Anche se con un registro più leggero, rimane comunque un giallo che racconta una storia dove si intrecciano diversi aspetti della criminalità che  sono continua fonte di ispirazione per chi scrive letteratura di genere. 

Insomma, un esordio brillante e quanto mai promettente che al grande Antonio Manzini ha fatto desiderare un prossimo sequel. Non posso, quindi, lasciarvi senza la domanda di rito: Olga e Franco diventeranno seriali?

CA8 Credo che oggi questo sia il desiderio di ogni scrittore perché vuol dire che la gente ha apprezzato e si è affezionata ai personaggi. La serialità non è mai una scelta, ma una conseguenza dell’affetto dei lettori.
Per il momento stiamo scrivendo il secondo. Poi, non dipende da noi.
Certo, Olga di cose da dire e fare ne ha ancora tante… e poi mi piacerebbe tanto accontentare Manzini.

FP 8 I personaggi seriali, per tutti gli scrittori, rappresentano una opportunità, ma anche un limite… Per quanto ci riguarda, ben vengano. E poi, in questo primo romanzo Reali è stato vittima di Olga in più di un’occasione e chissà che nel prossimo non riesca a vendicarsi.

Un grazie speciale a Cristina e Ferdinando, e soprattutto a Olga e Franco, per l’intelligente divertimento che la lettura di Dolce da morire mi ha procurato e per aver reso chiaro che cozy non significa banale, ma piuttosto acuto, brioso, graffiante.

GLI AUTORI

Cristina Aicardi vive e lavora in Brianza. Leggere e viaggiare sono le sue passioni. Da dieci anni è caporedattore del web magazine letterario MilanoNera, per il quale scrive articoli e recensioni. Dolce da morire è il suo primo romanzo. 

Ferdinando Pastori, piemontese di nascita e milanese d’adozione, ha pubblicato due raccolte di racconti, Piccole storie di nessuno e Vanishing Point, e i romanzi No Way Out, Euthanasia, Nero imperfetto, Il vizio di Caino, Rosso bastardo e L’ultimo respiro della notte. Suoi racconti sono presenti in diverse antologie e collabora con MilanoNera.

a cura di Giusy Giulianini

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