Alessandra Acciai e la sua Assenza da giustificare

Alessandra Acciai autrice

Intervista ad Alessandra Acciai

Spazio a cura di: Claudia Pieri e Samuela Moro

Intervista di: Alessia Chierico

Alessandra Acciai è la graditissima ospite di oggi nel nostro spazio dedicato alle interviste.

Alessandra Acciai è attrice, sceneggiatrice e produttrice cinematografica italiana – laureata in Discipline dello spettacolo – che esordisce cinematograficamente quando ancora è una studentessa dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, grazie al film di Enrico Coletti Supysaua (1988) con Daniela Poggi.

Successivamente, prende parte a numerosi film tv e negli Anni Novanta, la sua carriera si arricchisce di interpretazioni teatrali.

Tra i film più importanti della sua carriera cinematografica ricordiamo titoli come: La vera vita di Antonio H. (1994) con Federico Fellini e Vittorio Gassman; Albergo Roma (1996) con Alessandro Benvenuti e La terza luna (1997) di Matteo Ballinelli con Omero Antonutti e Roberto Citran; Lupo mannaro (2000), thriller tratto da un libro di Carlo Lucarelli; Poco più di un anno fa (2003); Il grande sogno (2009) dell’amico Michele Placido; Il figlio più piccolo (2010) di Pupi Avati; e Amici miei – Come tutto ebbe inizio (2011). Recentemente ha lavorato soprattutto sul piccolo schermo.

Assenza da giustificare di Alessandra Acciai, copertina

Il libro Assenza da giustificare. La prima indagine di Alina Mari, edito da Piemme è il suo esordio nella narrativa ed è stato letto e recensito per Thriller Life da Alessia Chierico, trovate la recensione QUI

Alessandra Acciai ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande.

In questa sua prima indagine la protagonista Alina Mari è chiamata ad indagare sulla morte di Elena Cantini, professoressa di italiano del prestigioso Liceo Parini di Roma. L’ispettrice viene richiamata con urgenza per le indagini, mentre sta vivendo una scelta importante per il suo futuro personale.

Thriller Life: Conosciamo Alina Mari in una clinica per l’inseminazione artificiale, nonostante sia single. Come mai hai scelto di iniziare focalizzando l’attenzione sulla tematica della riproduzione assistita per una donna sola, tema di certo attualissimo ma anche molto dibattuto?

    Alessandra Acciai: Perché la connota immediatamente.  E la mette subito di fronte a una decisione importante. E la scelta che Alina prenderà la costringerà ad approfondire e a mettere in discussione il suo desiderio di maternità, e a rimandare quel momento per viverlo, forse, in futuro, con maggiore consapevolezza.

    Fare un figlio, in coppia o da soli, è una grande responsabilità.

    TL: Nel libro tratti anche un altro importante tema sociale, cioè la possibilità per una donna di riuscire a conciliare lavoro, carriera e famiglia. È possibile trovare un equilibrio tra queste sfere personali, soprattutto quando la donna, moglie e madre riveste ruoli manageriali? È una problematica che anche tu hai dovuto affrontare in prima persona?

    A.A.: Penso che oggi sia possibile, ma anche molto faticoso e penso che sia possibile, ma non per tutte. Penso che le donne dovrebbero essere aiutate molto di più dalle istituzioni: ricevere salari più alti, avere più tempo a disposizione per poter continuare ad approfondire le loro specialità lavorative, un’organizzazione che sostituisca la loro presenza per le necessità dei figli, uguali opportunità degli uomini, uguali diritti, uguali doveri.

    Queste sono domande che agli uomini non si fanno mai, quando non si faranno più alle donne vorrà dire che è cambiato realmente qualcosa.

    Non ho dovuto affrontare questo problema. Non ho figli. 

    TL: Alina Mari, la tua protagonista, è una donna che ama la solitudine, intuitiva, tenace e rigorosa. Quanto ti assomiglia? A chi ti sei ispirata per caratterizzarla nelle sue manie e fobie?

    A.A: Alina Mari è una giovane donna che piano piano inizia a desiderare la solitudine o meglio smette di avere un bisogno nevrotico delle persone. È una conquista. Perché è una scelta. Non smette di amare le persone che ha scelto come famiglia, anzi le ama meglio proprio perché smette di averne bisogno, cresce.

    Intuitiva, tenace e rigorosa: sì, mi somiglia.

    Non so rispondere alla domanda a chi mi sono ispirata forse a tante persone incontrate, forse a me. Anche se io sono apparentemente lontanissima da Alina, forse, divido con lei un certo disagio interiore che non mi fa sentire mai completamente rilassata con le persone.

    Ma da un po’ di tempo va molto meglio.

    TL: Alina non ha il tempo di portare a termine il suo ciclo di inseminazione artificiale, che le avrebbe potuto permettere di realizzare il suo desiderio di non essere più sola. Proprio durante l’indagine che la interrompe, però, trova e adotta un cane. Ritieni che la compagnia di un animale domestico o la pet therapy, possano aiutare a superare certi ostacoli e, in senso più ampio insegnare a gestire le proprie emozioni?

    A.A.: Penso che un animale domestico sia un’esperienza d’amore intensa e meravigliosa.

    Ma credo che nulla possa essere di sostituzione a un problema né un cane né un figlio, penso che gli ostacoli vadano affrontati alla radice e superati con un altro tipo di terapia.

    E’ un meraviglioso palliativo, ma nessun’altra creatura può essere la soluzione a un disagio.

    TL: Alina Mari ed Elena Cantini si assomigliano. Sono entrambe donne sole che trovano la propria realizzazione nel lavoro. Come mai hai scelto di caratterizzare entrambe, ispettrice e vittima, con uno stile di vita appartato ed un carattere introverso?

    A.A.: Non trovo che si somiglino. Alina deve fare i conti con una storia personale molto dolorosa che non è dipesa da lei, e il lavoro la connota in maniera precisa, la identifica in modo rassicurante mentre il resto, la sfera emotiva, sentimentale, è un groviglio da sistemare che le provoca dolore, ma piano piano trova il coraggio di lasciarsi andare o di lasciare andare. Elena Cantini ha avuto una delusione, è stata tradita dall’uomo che amava e ha scelto di prendere una distanza, non si è più innamorata, non si è più fidata, probabilmente ha sublimato questo sentimento con l’insegnamento che nel migliore dei casi, quando ben fatto lo considero un grande atto d’amore.

    TL: Alina vive in un camper, in un veicolo ricreazionale. Leggendo il libro si capisce il perché di questa scelta. È un mezzo di trasporto che conosci e che utilizzi abitualmente?

    A.A.: No, non ci ho mai dormito neppure una notte. Però mi affascina il pensiero del movimento senza fare la valigia, ma disponendo di tutte le mie cose.

    TL: Assenza da giustificare richiama alla mente il mondo della scuola di cui faceva parte la vittima, che era una professoressa. Evoca però anche l’idea di solitudine che accomuna le due donne protagoniste, il titolo è il primo richiamo per un lettore verso un libro, cosa hai voluto comunicare attraverso questa scelta?

    A.A.: Ripeto non penso che siano donne sole, sono single, ma non sole. Alina ha una famiglia disfunzionale che si è scelta, a cui tiene e poi si innamora e chissà, non raccontiamo troppo. Elena ha i suoi allievi la sua vicina e la preside con cui divide la maggior parte del suo tempo. Sono donne che scelgono, non subiscono. Non sempre una relazione sentimentale o una convivenza o un matrimonio sono una compagnia soddisfacente.

    Il titolo si riferisce alla vittima che è una professoressa e ad Alina che nel corso dell’indagine, viene a capo anche dell’assenza più dolorosa della sua vita che è l’assenza di sua madre. Ed è stato deciso insieme alla casa editrice.

    TL: Prima di salutarci, quale messaggio o augurio vorresti lasciare ai nostri lettori?

    Alessandra Acciai: Di perdersi e di ritrovarsi nelle storie, di non smettere mai di rinunciare a realizzare i propri sogni. Di essere gentili.

    Thriller Life ringrazia Alessandra Acciai per la sua disponibilità.

    A cura di Alessia Chierico e Claudia Pieri.

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