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Dolce da morire di Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori

Dolce da morire

Dolce da morire

Olga Cazzaniga Peroni è una brianzola ironica e pungente. Il timore che il fidanzato della nipote possa rivelarsi un cacciatore di dote la spinge ad assumere l’investigatore privato Franco Reali. Quello che inizia come un incarico di routine non solo porterà a risvolti inaspettati, ma stravolgerà la vita di Reali.

Alle prese con usurai, criminalità organizzata, una bionda femme fatale e le continue interferenze di Olga, Reali dovrà dar fondo a tutte le sue risorse per sventare un pericoloso disegno criminale e salvaguardare l’incolumità di tutte le persone coinvolte.

RECENSIONE

Un gangster cozy per il brillante esordio di una nuova coppia di scrittori crime, nuova ma già del tutto convincente: Cristina Aicardi, caporedattore della testata specializzata MilanoNera, qui al suo debutto come autrice, e Ferdinando Pastori, scrittore e critico che ha invece al suo attivo sei romanzi e molti racconti.

Un’unica voce, ben amalgamata e coerente, per raccontare con brio la prima indagine di Olga Cazzaniga Peroni e Franco Reali.

Cliente lei, in ansia per l’improvvida attrazione dell’amatissima nipote Olivia verso un attempato seppur fascinoso antiquario meneghino, titolare di un’agenzia investigativa lui.

Cinquantenne curvy lei, bionda e aggressiva, eppure fragile e maldestra.

Prestante quarantacinquenne lui, cortese e professionale, distaccato ma non quanto vorrebbe.

Fortunati rampolli, entrambi, della dorata imprenditoria lombarda.

Il loro incontro in agenzia – lei reduce da una rovinosa caduta, lui che vorrebbe sentirsi dire di essere stato scelto perché la fama della sua agenzia è inoppugnabile e non, come invece accade, in seguito a una scelta casuale – è degno del più indiavolato vaudeville: Olga si mostra dissacrante, alternando l’esposizione del suo caso a commenti taglienti che non risparmiano il carattere di Reali e neppure l’arredamento del suo studio.

Per poi spalmargli su una poltrona di design, come estremo insulto, quel che resta di un bombolone alla crema che lei stava divorando, poco prima di capitombolare dalle scale.

Golosa di dolci Olga lo è senz’altro, e già in questo si legge il primo ammiccamento del titolo. Male di famiglia potremmo dire, visto che la nipote Olivia, quella che si è invaghita dell’antiquario, è titolare di una rinomata pasticceria, “Le tentazioni d’O”, e sforna con indubbio successo ricercate delizie per il bel mondo milanese.

Ereditiera e pure imprenditrice affermata, ingenua e affettuosa, insomma la vittima ideale di un attempato dongiovanni.

Il dubbio attanaglia Olga, che ritiene insincero il sentimento dell’antiquario, anzi lo crede proprio un cacciatore di dote, visto poi che nemmeno la sua galleria d’arte gliela conta giusta.

Firma dunque l’incarico all’agenzia Reali e gli sgancia un bell’assegno da quattromila euro, a titolo di anticipo spese.

E con soddisfazione reciproca.

Sua perché, dopo un avvio rissoso, si è accorta della professionalità di Franco Reali.

E pure del detective, che già pregusta l’indagine come remunerativa e priva di ostacoli.

Nulla di più sbagliato, dal momento che Olivia correrà rischi ben maggiori dell’essere concupita per il suo denaro.

Seguita a ruota dalla zia che, dotata di un certo fiuto ma ostinandosi a pretendere un ruolo attivo nelle indagini, finirà per incrociare il cammino di loschi figuri.

Non i ladruncoli della ligéra milanese d’antan, ma i colletti bianchi della criminalità organizzata, ripuliti fuori e magari con tanto di maggiordomo, ma cinici e spietati come non mai.

Aicardi e Pastori firmano un piccolo gioiello di ritmo e umorismo, in cui personaggi, ambientazione e scrittura frizzante concorrono a impreziosire una vicenda che appartiene alla nostra attualità.

Olga è travolgente, impossibile non innamorarsene.

La sua lingua tagliente e l’intelligenza non comune vanno di pari passo con fragilità e senso di solitudine, più spesso ricacciato, ma che quando affiora lascia spazio ai «fantasmi che ogni tanto le fanno compagnia, ma che a volte la fanno sentire ancora più sola».

Attorno a lei, un irresistibile gineceo famigliare: due sorelle – Olimpia e Ottavia, che con la nipote Olivia e Olga stessa formano il “quartetto delle O”, medesima iniziale dei componenti della famiglia di Orietta Berti – e una madre, Irma, soprannominata Frau per le indiscutibili doti militaresche che però si accompagnano a una tenerezza insospettata dai più.

Dal canto suo Franco Reali, ribelle ai desideri paterni che lo avrebbero voluto impiegato nell’azienda di famiglia, è orgoglioso della sua indipendenza professionale, scrupoloso e brillante ma non distaccato come vorrebbe.

Somiglia più a un investigatore alla Marlowe, e Olga infatti se ne accorge, che finisce per lasciarsi coinvolgere nei casi dei suoi clienti ben oltre il dovere professionale.

Un Marlowe moderno, vestito alla moda e, diciamolo, molto figo ma con una vena sentimentale che lo rende gradito ben oltre gli stereotipi di genere.

E infatti i suoi collaboratori – Giona Bandiera, laureato in psicologia e hacker autodidatta, e il Nero, formidabile trait d’union tra legalità e universo criminale – gli sono legati da solida amicizia.

Non conosco di persona Ferdinando Pastori e quindi non so dire quanto Franco gli somigli, ma Cristina Aicardi sì che la conosco.

E Olga me la ricorda tanto: dalla frangetta sbarazzina alla passione per la narrativa, dall’umorismo brillante e pungente fino al delizioso miciomolle che nel romanzo risponde al nome di Oscar.

Per non parlare dello spazio dedicato a quelle incantevoli protoscimmie che sono i lemuri e al gustoso cameo con Enrico Radeschi, il giornalista hacker di Paolo Roversi, guarda caso qui cronista proprio della testata MilanoNera.

Ovvero, una bella parte del mondo di Cristina.

Milano stessa è personaggio non secondario del racconto, disegnata con realismo e tenerezza: Milano «che soffre d’insonnia ed è sempre sul pezzo» eppure capace, allo spegnersi della luce del giorno di «trovare una manciata di stelle e un avanzo di luna».

Milano di sushi e sashimi, ma anche di osterie in cui si servono i cibi della tradizione, tovaglie a quadri, credenze di legno, nervetti e cotolette di vitello con l’osso.

Insomma, attualità e nostalgia, ritmo e riflessioni, umorismo e sentimenti, in un’opera prima per la quale non posso che unirmi ai ben più autorevoli voti formulati nello strillo dal grande Antonio Manzini: Olga e Franco devono diventare seriali.

E al più presto!

Editore: Laurana Editore (Collana Calibro 9)
Pagine: 245
Anno pubblicazione: 2023 (febbraio)

AUTORI

Cristina Aicardi vive e lavora in Brianza. Leggere e viaggiare sono le sue passioni. Da dieci anni è caporedattore del web magazine letterario MilanoNera, per il quale scrive articoli e recensioni. Dolce da morire è il suo primo romanzo.
Ferdinando Pastori, piemontese di nascita e milanese d’adozione, ha pubblicato due raccolte di racconti, Piccole storie di nessuno e Vanishing Point, e i romanzi No Way Out, Euthanasia, Nero imperfetto, Il vizio di Caino, Rosso bastardo e L’ultimo respiro della notte. Suoi racconti sono presenti in diverse antologie e collabora con MilanoNera.
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