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Morire ti fa bella di Stefania Crepaldi

Morire...

Morire ti fa bella

Fortunata aveva altri progetti per sé stessa, ma si è trovata per tradizione familiare a fare la tanato-esteta, ovvero si prende cura dei defunti nell’impresa funebre gestita dal padre, che lei chiama affettuosamente “il Signor Morte”.

Di giorno sta a contatto con il dolore altrui, mentre di notte si rifugia nel laboratorio di Mario, un vecchio pasticciere che le insegna i segreti della sua arte.

Tuttavia, Fortunata non riesce a stare a lungo lontana dalla morte, anzi è la morte che non riesce a stare lontana da lei.

Il rampollo di una dinastia di gioiellieri cade dalle scale di un palazzo veneziano.

Un incidente? Un suicidio?

La polizia archivia il caso, ma quando il corpo arriva sul tavolo di Fortunata, un dettaglio che nessun altro avrebbe notato le suggerisce che si tratta di omicidio.

Suo malgrado finirà per essere coinvolta nel caso, anche se le ferite più dolorose che dovrà affrontare saranno quelle provocate dall’amore.

RECENSIONE

Se cercate qualcosa di godibile, un giallo con una buona dose di black humor, dove non ci sono morti ammazzati con sangue abbondante in mezzo alle pagine, Morire ti fa bella è il libro giusto!

Protagonista è Fortunata di nome, un po’ meno di fatto, che si sente combattuta e in bilico tra quello che vorrebbe fare e che le piace, ovvero la pasticcera, e quello che suo padre si aspetta da lei e che comunque le riesce bene, la tanatoesteta.

Detto banalmente, è la persona che trucca i morti prima del funerale, ma in realtà è più complesso e la Crepaldi è molto chiara nello spiegarlo:

La morte lascia segni difficili da cancellare. Se è violenta, sgrana gli occhi, se è improvvisa, lascia delle rughe attorno allo sguardo, se è lieta, lascia un sorriso lieve…per cancellare o mitigare queste tracce interviene la tanatoesteta, che poi sarei io.

È la persona che cura i nostri cari, che li riporta esteticamente più vicini al ricordo che avevamo di loro in vita, ma tra soluzioni, creme ossidanti e un po’ di trucco la nostra Fortunata ha le mani a pezzi, a furia di usare questi composti chimici.

Fare la tanatoesteta le pesa, oltre al fatto di essere ‘obbligata’ a seguire gli affari di famiglia e non poter uscire tranquillamente per le strade di Chioggia, famosa in tutto il mondo come “la piccola Venezia”, perché tutti la conoscono solo come ‘la figlia del becchino’ e la evitano.

C’è questa forte vena di struggente malinconia che accompagna la nostra protagonista per tutto il libro, a causa della superstizione e dei pettegolezzi che tutti gli abitanti di Chioggia, caricano sulle sue spalle.

Certo, se poi tuo padre, il signor M. come ironicamente lo chiama Fortunata, ti accompagna a scuola con il carro funebre, direi che un po’ è anche “cercata”.

È uno spaccato tipico della vita in provincia quello che viene descritto, perché, se è vero che da una parte ci si conosce tutti e se possibile ci si aiuta, dall’altra basta un pettegolezzo, una sciocchezza e ti ritrovi sulla bocca di tutti.

Quando Fortunata sente il bisogno di evadere, si rifugia dal suo amico Mario che ha una pasticceria, dove l’accoglie ogni tanto e le lascia preparare i pasticcini, in modo da poter riequilibrare la sua soffocante realtà.

All’inizio del romanzo troviamo il colonnello Dante Braghin, amico di famiglia e suo padrino, che le fornisce l’occasione giusta per “evadere” momentaneamente dall’impresa di pompe funebri.

Dante ha bisogno del suo aiuto: sta seguendo il caso di apparente suicidio di Gregorio Chiodoro, figlio di una delle famiglie più ricche della città, ma non è convinto.

Troppe cose non tornano ed inoltre questo rampollo non aveva nessun motivo apparente per compiere un tale gesto.

Ha bisogno che Fortunata dia un’occhiata al corpo perché

sai renderti invisibile. Ho bisogno che sia tu. Tu e nessun altro

Per questo motivo deve andare a Venezia e lei accetta entusiasta:

il bello di Venezia è che bastano pochi chilometri per rendermi una totale estranea, libera di essere chi voglio. Ed è proprio su questa certezza che punta Dante, oltre alla mia naturale e necessaria discrezione, maturata nell’azienda di famiglia.

Sebbene questa meravigliosa città non abbia bisogno di alcuna presentazione, l’ambientazione proposta in questo romanzo è quello di una Venezia intima, delle calli e quartieri sconosciuti, nascosti al “turismo di massa”, come

la Scala Contarini del Bovolo, un esponente architettonico del Quattrocento di grande bellezza. Non smetto mai di stupirmi per il modo in cui, imboccando una calle stretta, ci si trovi al cospetto di questa torre svettante che si attorciglia su di sé

mi ha veramente incuriosita e ho preso nota di questi posti magici, che andrò sicuramente a visitare.

Questo è il secondo libro con protagonista Fortunata che proprio in apertura si trova in un sobborgo malfamato, perché ha bisogno di stare da sola per riprendersi dalle ferite di un amore finito male con Vito, un agente sotto copertura, avvenuto nel romanzo precedente.

Avrei preferito che l’autrice avesse speso qualche pagina in più per spiegare cosa fosse successo e che ruolo aveva avuto Vito nella vita sentimentale della nostra protagonista, perché in questo libro è solo abbozzato; una trama del genere messa in apertura crea della suspense ma alla lunga provoca solo confusione.

Bella e scorrevole la scrittura, sicuramente frutto del know-how di Stefania Crepaldi che è un’ottima editor; mi ha ricordato nei modi e nella protagonista Alessia Gazzola con la sua Alice Allevi.

Con un’ambientazione come Venezia e una Fortunata simpatica e contagiosa, scommetto che la vedremo presto declinata in serie Tv!

Editore: Salani – Le Stanze
Pagine: 272
Anno pubblicazione:2023

AUTORE

Stefania Crepaldi è editor di narrativa e consulente editoriale.

Dirige l’agenzia editoriale Editor Romanzi e ha seguito autori che hanno pubblicato con varie case editrici, tra cui Mondadori, Fanucci, Giunti, Sperling&Kupfer, Bollati Boringhieri, Newton Compton.

Nel 2020 ha pubblicato Lezioni di narrativa. Regole e tecniche per scrivere un romanzo per Dino Audino Editore.

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