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Il serial killer venuto dal freddo di Ross Greenwood

il serial killer

Il serial killer venuto dal freddo

Un anziano detenuto viene trovato morto nella sua cella e la direzione del carcere è obbligata ad avviare un indagine nonostante si pensi ad una morte naturale. Sul posto viene chiamato il detective John Barton che deve interrogare i compagni di cella e di quel braccio particolare dove si trovano reclusi per aver commesso alcuni tra i crimini peggiori che un essere umano possa perpetrare, ma nessuno di loro sembra avere a che fare con quanto accaduto.

Barton cerca di mettersi in contatto con la vedova ma sul posto trovano la casa saccheggiata ed un vano sul retro dato alle fiamme, della donna nessuna traccia, sembra sparita nel nulla. Non solo: tutte le persone con cui il detective ha bisogno di parlare scompaiono una dopo l’altra. E quel che è peggio riceve messaggi anonimi che lo minacciano di fare la stessa fine.

Certo non è stata una morte naturale, un serial killer è entrato in azione, determinato a portare a termine una sanguinosa vendetta. Il detective Barton dovrà mettere in campo tutte le sue capacità per fermare l’assassino prima che uccida di nuovo.

Ross Greenwood parte subito svelandoci l’identità del serial killer, ce lo fa conoscere, ce ne presenta le caratteristiche psicologiche, capiamo sin dalle prime pagine cosa lo spinge ad uccidere.

La struttura narrativa de Il serial killer venuto dal freddo vede capitoli alternati tra il “il killer spietato” e “l’ispettore Barton” che procedono parallelamente guidandoci nello svolgere della trama.

Si evince l’esperienza dell’autore come guardia carceraria per cui molte pagine ci presentano la vita del carcere e le soffocanti giornate dei detenuti, ma non riusciamo certo ad empatizzare con chi è recluso in quella parte di galera perchè lì ci sono quelli che hanno commesso crimini contro i bambini.

I pedofili vengono rinchiusi in un braccio a parte, li segregano fra di loro perché in un’altra ala rischierebbero la vita.

Depravazioni e pedofilia non sono ben visti dai carcerati “normali”, in carcere vige la legge del più forte, la legge di Darwin sulla sopravvivenza, in cella si sentono tra loro simili, ma ci sono uomini che non cambiano.

Come cantava Johnny Cash, i miei pugni sono diventati duri e la mia mente acuta

Il carcere è spietato e quando le porte si aprono verso la libertà le cose non cambiano molto: burocrazia e scogli da superare e trovare un tetto e un lavoro non è certo facile.

Partono già col piede sbagliato, pochi soldi, zero sostegno e tanta rabbia.

Si ritrovano in un mondo che non li accetta e senza prospettive per il futuro.

All’esterno mi sento obbligato a vivere mentre qui dentro ci si aspetta solo che sopravviva

Per i criminali sessuali e i pedofili è ancora peggio perché il loro comportamento è innato per cui una condanna non può far provare rimorso, sono senza speranza.

L’ ispettore Barton ha una forma di grande rispetto verso i detenuti, non è mai violento, né aggressivo né brutale

Siamo poliziotti e siamo solo dei poveri stronzi che seguono le regole

È un uomo che ama la sua famiglia, una persona comune con le sue fragilità e debolezze e nelle indagini cerca di andare a fondo identificandosi con il killer per capirne il comportamento.

Non si impone mai anche se è difficile rimanere lucidi quando si indaga su casi che riguardano i bambini.

Il caso che gli viene sottoposto ha radici nel passato: trent’anni prima tre ragazzini vivevano una vita difficile, avevano famiglie problematiche e l’unica certezza era il loro legame.

Ma quando uno di loro si suicida le loro menti cambiano, in uno di loro si insidia il seme dell’ossessione di vendetta, di punizione, perché conosce il motivo di quel gesto estremo.

Così, quando trent’anni dopo, il padre di quel ragazzino viene trovato morto nella sua cella dove stava scontando una pena per reati sessuali, di pedopornografia e si scarta l’ipotesi di morte naturale e poi altre morti si susseguono diventa chiaro il movente del killer, equo come il suo giudizio: eliminare chi aveva commesso uno sbaglio.

C’è una logica nei suoi gesti, una rabbia covata e inasprita negli anni.

Un folle che massacrava dei criminali sessuali era roba da prima pagina e qualcuno lo avrebbe considerato un eroe

Ma anche il serial killer ha un anima, una donna che ama (a modo suo) e quando scopre di avere dei figli sente che chiudere il cerchio ha ancora più senso perché forse così il futuro può regalare qualche nuova speranza.

Il tema centrale dell’abuso sui minori e delle condizioni carcerarie dei criminali sessuali, le depravazioni delle loro menti malate, sono trattate con profonda conoscenza e molto tatto nonostante la crudezza della storia.

Ne Il serial killer venuto dal freddo, l’autore è riuscito a darci un’immagine forte, ma senza cadere nella volgarità e nemmeno in immagini splatter truculente per cui la lettura scorre veloce grazie soprattutto ai capitoli brevi e a un linguaggio semplice, ricco di dialoghi.

Traduzione: Laura Miccoli
Editore: Newton Compton
Pagine: 376
Anno di pubblicazione: 2023

Ross Greenwood, nato nel 1973 a Peterborough, Inghilterra, è autore di numerosi best seller dalle atmosfere crime.

Ha lavorato come secondino per quattro anni. Newton Compton ha pubblicato Il killer di ghiaccio, La morte non aspetta e Il killer della neve.

Avendo lavorato come guardia carceraria si è occupato del reinserimento dei detenuti, uomini che hanno bruciato i ponti col passato e da questa esperienza ha tratto ispirazione per i suoi romanzi.

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