Chicca Maralfa: è ritornato il luogotenente Ravidà

Chicca Maralfa è la graditissima ospite di oggi nel nostro  spazio  dedicato alle interviste.

 Chicca Maralfa è nata e vive a Bari. Giornalista professionista, è responsabile dell’ufficio stampa di Unioncamere Puglia.

Appassionata di musica indipendente e rock d’autore, ha collaborato per La Gazzetta del Mezzogiorno, Ciao 2001 e Music, Antenna Sud e Rete 4. Ha esordito in narrativa nel 2018 con il racconto  L’amore non è un luogo comune, partecipando alla raccolta “L’amore non si interpreta” (L’Erudita).     

Nell’ottobre del 2018 ha pubblicato la black comedy “Festa al trullo” (Les Flaneurs Edizioni) che è diventata una best practice di lancio editoriale sul web e i social.

Il segreto di Mr Willer è il suo primo romanzo giallo.

Nel 2022 Chicca Maralfa ha pubblicato, per Newton Compton, Lo strano delitto delle sorelle Bedin, recensito Qui da Claudia Pieri, ambientato sull’altopiano di Asiago, dove fa la sua prima apparizione come protagonista il luogotenente Ravidà, che ritroviamo ne Il delitto della montagna (gennaio 2024):

In questa seconda indagine, il luogotenente Gaetano Ravidà è impegnato nell’operazione “Terra di nessuno”.

Anche lui si sente un po’ in quella condizione: vive da tempo lontano dalla sua Bari e, anche se in quei luoghi si è in parte ambientato, continua a provare la sensazione di essere in una terra di nessuno.

Percezione accentuata anche a causa della sua relazione clandestina con il medico legale Maria Antonietta Malerba.

In questo secondo romanzo, Chicca Maralfa è riuscita a legare le tematiche ambientali con i luoghi della Grande Guerra. Si parla di sostenibilità, di smaltimento di rifiuti pericolosi e di azioni intimidatorie.

L’operazione in corso si complica quando viene rinvenuto un cadavere mummificato in una cava. Tanti segreti emergono da quel ritrovamento.

Chicca Maralfa ha gentilmente risposto alle nostre domande:

Thriller Life: Il delitto della montagna è il secondo romanzo con protagonista il luogotenente barese Gaetano Ravidà. Ormai sembra essersi ambientato ad Asiago. La natura delle Prealpi vicentine è una co-protagonista della storia.

Hai avuto modo di visitare quei luoghi, oppure hai fatto ricerche specifiche?

Chicca Maralfa: Frequento l’Altopiano dei 7 Comuni da una decina d’anni, grazie a una cara amica di Padova che ha lì la casa delle vacanze.

 La decisione di ambientare proprio ad Asiago una nuova storia è maturata in me nel corso del tempo, visita dopo visita e in varie stagioni dell’anno.

Sono rimasta affascinata da subito dal connubio natura-Storia.

Quella non è una montagna qualunque, perché proprio lì si sono combattute le battaglie più cruente della Grande Guerra.

Ancora oggi è disseminata di tracce e testimonianze, dalle trincee, ai cimiteri di guerra, al sacrario del Leiten dove sono seppelliti più di 50mila caduti, di cui oltre 33mila ignoti.

Passeggiare in quei posti è una splendida esperienza di immersione nella natura, ma anche di grande impatto emotivo.

Si cammina sull’erba verde dove tantissimi ragazzi, molti del Sud, hanno sacrificato la propria vita inseguendo un’idea di Nazione.

Quindi poi, ai fini letterari, lo studio c’è stato e pure doppio: dell’ambiente naturale e della storia della Grande Guerra.

Uno studio che continua, viaggio dopo viaggio, visitando i luoghi e parlando con le persone.

T.L.: Come hai delineato il carattere del luogotenente Ravidà?

Ti sei ispirata a qualcuno che conosci? Quanto e come si è evoluto il personaggio rispetto al primo libro?

C.M.: Mi sono ispirata a me stessa. Molte caratteristiche, di sensibilità e di carattere dell’investigatore, mi appartengono.

Ѐ un uomo che crede nella necessità che la verità si affermi, costi quel che costi, e con essa la giustizia.

Sono cresciuta in una famiglia di magistrati, mio fratello lo è tutt’oggi, e il senso del dovere di Ravidà è quello che ho respirato fra i muri di casa sin da bambina.

Sono partita da un cognome che mi piaceva, Ravidà, siciliano e molto musicale, di lì ho dovuto imbastire una trama che in qualche modo legasse il personaggio, barese, a quel posto.

E così gli ho dato un nonno morto combattendo durante la Grande Guerra proprio su quelle montagne.

Elemento che da subito lo rende non estraneo ai luoghi e gli fa vivere un processo di riposizionamento individuale – ha un matrimonio fallito alle spalle – con il conforto ideale di questa figura, cui lui spera di dare una più degna sepoltura, essendo il nonno suo omonimo un milite ignoto.

Grazie a questo espediente la storia personale del protagonista acquisisce un respiro collettivo, perché comune a quella di tante altre famiglie italiane agli inizi del Novecento.

Alla fine delle presentazioni, nel momento del firmacopie, tanti uomini e tante donne vengono a raccontarmi le vicende dei loro cari periti durante la Grande Guerra e con una storia molto simile a quella del nonno di Ravidà.

Questa è per me la soddisfazione più importante, al di là del giallo in sé.

Riportare l’attenzione dei lettori su una vicenda storica, sulla madre di tutte le guerre, che non bisogna dimenticare.

Oggi Ravidà è un uomo fedele alla sua natura, un po’ malinconica e crepuscolare, ma meno sofferente, più consapevole e meglio integrato nella comunità asiaghese.

T.L.: Quando hai scritto il primo libro, avevi già in mente di farne un secondo e quindi di creare un personaggio seriale?

C.M.: In realtà all’inizio no. Ho pensato a un romanzo compiuto.

Ma poi vedi le reazioni dei lettori e capisci, da come il personaggio è stato accolto, che avrebbe tanto altro da fare lassù, mantenendo lo sfondo storico così denso di altre storie e di tanta umanità.

 Ci sarà un Ravidà tre, ma non so quando. La scrittura richiede molta attenzione, soprattutto in questi casi dove giochi fuori casa e con un materiale storico rilevante, che non contempla errori. E io, purtroppo, non ho molto tempo, al momento.

T.L.: Tante sono le figure femminili protagoniste del romanzo: il medico legale Maria Antonietta Malerba, la giovane attivista Angelica Benedini, la signora Pertile e Bice Zanotta.

A quale ti senti più legata e perché? Quale è stata più difficile da caratterizzare?

C.M.:Il personaggio femminile cui sono più legata è Angela Pertile, che tutti chiamano Lilli, una donna stramba piena di interessi culturali e anche naturalistici. Una figura fuori luogo e fuori dal tempo in quella piccola comunità.

Ѐ lei a offrirmi la nota giusta per fare passi indietro nel tempo, per agganciare nella narrazione grandi uomini come Mario Rigoni Stern, fra i più importanti scrittori del Novecento che ad Asiago è vissuto, raccontando non solo l’ambiente dell’Altopiano ma anche la sua dimensione di spazio interiore, profondamente segnato dagli eventi bellici.

Lilli è per Ravidà la memoria storica, ma anche un’interprete eccellente di usi e costumi che hanno molto da comunicare, ben oltre le usanze, della vera natura delle persone, che qui sembrano essere sempre sulla difensiva, perché un secolo fa sono stati profughi nella loro stessa terra e questo spiega molte cose.

T.L.: Introducendo il personaggio di Angelica, tratti il tema della sostenibilità ambientale. Come sei riuscita a legare i luoghi della Grande Guerra con le tematiche ambientali inerenti al territorio montano?

 C.M.:  Senza presunzione, lì ci sono le capacità d’inventiva e di collegamento.

L’Altopiano durante la Grande Guerra ha visto i suoi boschi rasi al suolo ed è stato al centro di un’opera di riforestazione importantissima.

Qualche anno fa il ciclone Vaia ha ributtato giù i boschi e nel confronto fra le immagini dei primi del Novecento e quelle del 2018, quando la tempesta si è abbattuta sul Nord Est, gli scenari sono pressoché identici. Una disfatta “vichiana”, fra corsi e ricorsi.

 La questione ambientale dell’Altopiano ha più  fronti che sono diventati di attualità, oltre alla distruzione del Vaia.

Il problema delle cave usate per depositare rifiuti tossici, con il conseguente inquinamento della falda acquifera sottostante, negli anni scorsi è diventata una grossa operazione di polizia giudiziaria, che ha coinvolto esponenti riconducibili alla mala del Brenta.

Come anche la questione della tutela della salamandra Atra Aurorae, un piccolo anfibio che vive in pochi ettari di bosco solo qui, è problema ambientale molto sentito, perché legato al recupero degli schianti del ciclone.

Con la legna ci si riscalda d’inverno e bloccare gli esboschi, per non distruggere le tane dell’anfibio, ha provocato un dibattito locale finito al ministero dell’Ambiente.

Prima di essere scrittrice sono giornalista e l’inchiesta nella mia finzione narrativa attinge a fatti veri, che in questa seconda indagine di Ravidà ruotano intorno alla questione ambientale, a largo raggio. 

 T.L.: Hai inserito fra i personaggi Isidoro, che è albino. Quali  sono i motivi alla base di questa scelta che pone all’attenzione del lettore l’albinismo?

C.M.: Semplicemente perché l’albino Isidoro va in parallelo con la pernice bianca, un volatile direi mitologico, come la salamandra che si dice resista alle fiamme.

L’apparizione della pernice bianca, tributo a Mario Rigoni Stern, è una suggestione che conduce dritto a Isidoro.

T.L.: Ha già in mente una nuova indagine per il luogotenente Ravidà?

C.M.: Sì, un’idea di tema ce l’ho, ed è sempre molto legata al territorio, questa volta in particolare all’economia, ma credo di non poterci mettere mano prima di un anno.

Nel mentre, fra una presentazione e l’altra, e il lavoro di tutti i giorni, sono impegnata a rivedere un altro romanzo che avevo già nel cassetto, un noir-sliding-door che mi piacerebbe pubblicare.

T.L.:  Prima di salutarci, quale messaggio o augurio vorrebbe lasciare ai nostri lettori?

C.M.: Leggete romanzi che, oltre a intrattenervi, vi arricchiscano con riflessioni, sulla vita, sul mondo, sul cercare di essere persone migliori. E magari anche migliorino la vostra capacità di scrittura e tecnica narrativa, se avete intenzione di scrivere.

Thriller Life ringrazia Chicca Maralfa per la sua disponibilità.

A cura di  Alessia Chierico e Claudia Pieri

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