Diego Di Dio

Diego Di Dio

 Diego Di Dio è nato nel 1985. Scrittore, editor, agente letterario e docente, Laurea in Giurisprudenza e corso per redattori editoriali alla scuola Oblique di Roma. Ha vissuto a Procida, Napoli, Roma, Formia. Nel 2015 ha fondato l’agenzia letteraria Saper Scrivere.  Amante del giallo e del thriller, è anche direttore della collana Spettri (Alter Ego Edizioni). Tiene corsi di scrittura creativa, di editing e di correzione di bozza. 

Con Giallo Mondadori ha pubblicato i racconti I dodici apostoli, Il canto dei gabbiani (menzione d’onore al Gran Giallo Città di Cattolica) e Luomo dei cani. Per due volte ha vinto il premio Writers Magazine Italia, con i racconti C’è ancora tempo e Il trampolino. Ha vinto, inoltre, il Nero Premio e il premio Mario Casacci (Orme Gialle). Ha pubblicato, con la Delos Digital, i racconti thriller Scala reale e La  bambina della pioggia. Fore morra è il suo primo romanzo, un thriller dalle tinte noir in cui compaiono per la prima volta i due sicari della camorra, Alisa e Buba.

Spietati e affidabili, i personaggi creati dalla penna di Diego Di Dio sanno coinvolgere ed avvolgere il lettore nelle loro tragiche esistenze; inevitabile attenderli con ansia, in tutta la loro potenza emotiva, nel recentissimo Ultimo Sangue, edito La Corte Editore nel Maggio 2022.

Pulp, vendicativo, cattivo, ma puntellato da grandissima umanità, questo romanzo riesce a lasciare senza fiato il lettore, che si ritrova disarmato di fronte alla più ancestrale forma di dicotomia emotiva. 

La nostra Recensione la potete leggere QUI.

Diego Di Dio ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande.

  1. Uno dei temi centrali del libro è l’amore, l’amore materno: malato, ossessivo, disperato, speranzoso; è la nascita della tua bimba ad aver tirato fuori questa tenerezza riversata poi nei personaggi in tutte le loro sfaccettature? Una sorta di omaggio a Nicole?

Be’, sì. 

Ti dirò che stavo finendo di scrivere il romanzo quando ho scoperto che sarei diventato padre. Questo non significa che la mia scrittura si sia “ammorbidita”, ma semplicemente che qualcosa è cambiato: ho avuto un altro sentimento personale  cui attingere a piene mani. Un sentimento che prima di allora, ovviamente, non esisteva: l’amore totalitario e smisurato di un genitore. 

Alla mia piccola Nicole ho dedicato il romanzo e l’ultimo ringraziamento, quello più importante.

  1. Buba e Alisa sono due personaggi molto forti, dal potente impatto emotivo, inevitabilmente il lettore si affeziona a loro. Ti è capitato di riscontrare nei lettori un affetto maggiore verso l’uno o l’altra? Hai mai pensato di concentrarti solo su uno dei due?

Francamente non pensavo che Alì e Buba avrebbero raccolto un tale affetto da parte dei lettori. D’altronde non sono due personaggi positivi: sono due sicari, assassini a pagamento; eppure i lettori si sono affezionati a loro, perché li hanno capiti: Alì e Buba non sono “cattivi”, nel senso stretto del termine. 

Sono due anime spezzate, deluse, maltrattate dalla vita, che alla fine si sono ritrovate. 

Li amo entrambi; anche se, ovviamente, Alisa ha un peso narrativo maggiore. Anche per questo non escludo la possibilità, un giorno, di scrivere un romanzo solo su Buba. 

Alcuni mi hanno chiesto di raccontare chi fosse Buba prima di conoscere Alisa. Chissà.

  1. Quando hai scritto Fore Morra avevi ben chiaro un progetto di serie o sono stati i lettori a farti capire che Alisa e Buba erano due personaggi che avrebbero voluto trovare spazio?

Fore Morra (Fanucci, 2017) nacque come romanzo autoconclusivo, anche se il finale lasciava la porta aperta a un possibile sequel.

Se i lettori avessero risposto bene, allora avrei scritto un altro romanzo, che in realtà già avevo in mente; ma, come puoi immaginare, molto dipende dalla risposta di chi legge.

E dato che, dopo Fore Morra, tantissimi lettori mi hanno chiesto a gran voce un’altra storia, ecco che ho scritto Ultimo Sangue (La Corte, 2022); che può essere letto anche da solo: è una storia autonoma che non richiede per forza una lettura pregressa.

4. Legge e giustizia sono due concetti che spesso non riescono ad andare d’accordo. Purtroppo i risultati di questa incomunicabilità li ritroviamo sui giornali, tra le notizie di cronaca nera. Pensi che ci sia una soluzione a questo gap istituzionale e sociale?

È chiaro che il romanzo noir, per definizione, affronta proprio quegli anfratti bui della società, nei quali spesso legge e giustizia sono due concetti deformati, a volte anche antitetici. E il noir, per me, più di ogni altro genere, dovrebbe servire non solo a regalare una bella storia, ma anche a dipingere uno spaccato sociale; magari parlando di contesti, ambienti e spazi vuoti che poco si conoscono.

Nelle zone in cui è ambientato Ultimo Sangue la legge dello Stato quasi non esiste: esiste un’altra legge, che è quella del branco, della criminalità organizzata, dei giochi di potere. Non è stato facile comprendere le radici e le evoluzioni del gap istituzionale di cui parli. Francamente, non so se possa esserci una soluzione.

Vorrei saperlo, ma, ahimè, non è così.

  1. Ultimamente la narrativa sta subendo una piccola, ma sostanziale, rimodulazione; i confini dei vari generi letterari stanno sfumando e si riscontra un notevole numero di romanzi che mescolano thriller, noir, distopico, fantasy, horror…da docente di scrittura, trovi che sia una formula vincente? È possibile che in questo modo si conquistino un numero maggiore di lettori reticenti?

Be’, sai, oggi si suol dire che, per scrivere un testo di successo (anche se la parola “successo”, in Italia, è molto relativa) occorra mescolare almeno 2-3 generi.

Frase che va presa con le pinze, ma non è sbagliata: un lettore che legge un thriller, per esempio, non vuole solo un thriller puro e assoluto, ma vuole anche altro; una storia d’amore, magari; un romanzo drammatico, sociale; personaggi forti.

Insomma, qualcosa che lo faccia emozionare oltre la trama investigativa in sé.

Questo perché i generi letterari, sì, esistono, ma non vanno concepiti come compartimenti stagni: possono sfiorarsi, mescolarsi, intersecarsi. Non c’è niente di più bello di un genere letterario usato come pretesto per dire altro, per affrontare altri temi e altre situazioni.

È così che concepisco i noir che scrivo: come pretesti.

  1. Nel tuo romanzo alcuni personaggi vivono nei quartieri di Napoli, microcosmi umani totalizzanti che spesso plasmano in modo irreversibile i suoi componenti. Quanto influisce il contesto sociale e familiare nelle scelte di un ragazzo? Buba e suo fratello, uno killer, l’altro sbirro; cosa ha fatto pendere la bilancia da un lato in un caso e dall’altra nell’altro?

Per scrivere Ultimo Sangue ho dovuto parlare di interi territori abbandonati dalle istituzioni; microcosmi sociali che sopravvivono da anni al di fuori delle regole che noi conosciamo.

Per farlo, mi sono documentato per anni; sono andati nei luoghi, ho fatto interviste, ho scattato fotografie e girato video; ho raccolto articoli, dossier, servizi. Ho cercato di capire a fondo, nei limiti del possibile, la natura e le regole di interi territori che vivono secondo leggi diverse dalla nostra.

Sarebbe facile dire che in questi ambienti nascono solo criminali, ma non è così.

Ognuno reagisce a modo proprio, ognuno si costruisce la propria armatura e si evolve in maniera diversa. La differenza la fanno il carattere, la predisposizione, la forza d’animo.

Ed ecco che, nello stesso contesto sociale, crescano due personaggi agli antipodi, Buba e suo fratello: uno sicario, l’altro poliziotto.

Evidentemente il secondo è stato più forte del primo.

7. Se dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sarebbero?

Never give up: non arrendersi mai.

Può sembrare scontato, ma io sono fatto così, nel bene e nel male: deporre le armi non fa parte della mia forma mentis; abbandonare un progetto, mollare, perdersi d’animo sono cose che mi risultano estranee. E questo può essere un bene, sì, ma anche un male: l’ostinazione non sempre premia.

  1. Se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti mai fare a meno, ovviamente escludendo la scrittura, quali sarebbero? 

Hai detto “tre cose”, non “tre persone”, giusto? Ovviamente, se fossero persone, sceglierei quelle della mia famiglia. Dovendo scegliere “cose” – esclusi i libri e la scrittura – potrei menzionare: film e serie tv; il buon vino; la mia palestra domestica.

  1. Prima di salutarci e anzi, proprio per inaugurare un saluto di eccezione, che messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?

Quello di leggere, ovviamente. E soprattutto di leggere quello che ci piace, senza farsi influenzare per forza dai fenomeni del momento, dai casi editoriali strillati ai quattro venti o cose simili: un lettore che sceglie è un lettore consapevole.

ThrillerLife ringrazia Diego Di Dio

a cura di Patty Pici e Katia Fortunato 

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