Ichijō Harumi ha venticinque anni e sogna di fare la drammaturga; per mantenersi, dà lezioni private di inglese a Mako, giovane ereditiera della potente famiglia Watsuji, magnati dell’industria farmaceutica giapponese.
Invitata a trascorrere con loro le festività del Nuovo Anno per aiutare Mako a terminare la sua tesi, Harumi diventa testimone di un fatto sconvolgente: la sua allieva sostiene di aver ucciso Yohē, il capofamiglia.
Il vecchio patriarca, impenitente seduttore, avrebbe cercato di violentare la nipote e, nel tentativo di difendersi, la ragazza lo avrebbe pugnalato a morte con un coltello da frutta.
Subito i Watsuji decidono di insabbiare la verità per proteggere Mako e soprattutto l’onore della famiglia; Harumi è suo malgrado coinvolta nelle loro macchinazioni.
Il caso è affidato ai detective Nakazato Ukyō e Tsurumi Saburō, per i quali gli interrogativi si infittiscono ogni giorno, senza che si profili nessuna risposta.
A mano a mano che le indagini della polizia procedono, però, Harumi si rende conto che le cose non stanno esattamente come i Watsuji vogliono farle apparire, e si trova davanti un tremendo dilemma.
RECENSIONE
Ho sempre pensato che un giallo non fosse per nulla avvincente se fin da subito si capisce chi è l’assassino, beh mi sbagliavo di grosso.
In questo romanzo l’assassino si accusa da solo: Mako, per difendersi da un tentativo di violenza, sostiene di aver pugnalato e ucciso il prozio Yohē, capofamiglia della famiglia Watsuji e proprietario di una delle più grandi industrie farmaceutiche del Giappone.
Il cadavere c’è, il colpevole pure, quindi si potrebbe pensare che già dall’inizio il romanzo possa perdere fascino e portare il lettore alla noia, e invece gli intrighi si susseguono uno dietro l’altro senza sosta fino al grand finale.
La famiglia infatti, adora talmente tanto Mako che farà di tutto per intralciare le indagini della polizia e fare in modo che venga accusato e ricercato un fantomatico ladro che in realtà non esiste.
La trama quindi si dipana su due binari paralleli: da una parte i familiari che cercano di salvare la ragazza, dall’altra la polizia che non è pienamente convinta dalle dichiarazioni della famiglia e continua le indagini.
Ho apprezzato tantissimo questo giallo.
Mi è piaciuto tantissimo il sovrapporsi dei due punti di vista; da una parte la famiglia Watsuji che con grandissimo ingegno, cerca di insabbiare la colpevolezza di Mako, dall’altra la squadra di polizia che con attenzione e dedizione, a poco a poco trova vari indizi che porteranno a galla la verità.
Una caccia fra gatto e topo che mi ha tenuta incollata alle pagine e che mai mi ha annoiata, anzi ero sempre curiosa di capire da una parte come la famiglia avrebbe risposto agli attacchi della polizia e dall’altra come la polizia avrebbe trovato la verità.
In più, quando si arriva alle ultime pagine, ci si trova difronte ad un finale avvincente costruito con grandissima maestria. E’ un finale che non mi ha stupito fino in fondo, visto che avevo già intuito che la storia potesse muoversi in quella direzione, ma questo non mi ha assolutamente tolto il piacere di portare a termine la lettura.
E’ un giallo che ricorda un po’ le indagini alla Ercule Poirot, con il Monte Fuji che fa da sfondo ad un gruppo di persone che cerca di nascondere e celare la verità, ma purtroppo, o per fortuna, questa viene sempre a galla.
Traduzione: Laura Testaverde
Editore: Mondadori
Pagine: 324
Anno pubblicazione: 2022
AUTORE
Shizuko Natsuki (Tōkyō 1938 – Fukuoka 2016), considerata l’“Agatha Christie giapponese”, ha pubblicato circa cento romanzi polizieschi, di cui una decina hanno avuto adattamenti televisivi di successo.
Con Daisan no onna (1978), tradotto in Francia come La Promesse de l’ombre nel 1989, ha vinto il Prix du roman d’aventures.
Omicidio al monte Fuji (1982) è la sua opera più celebre, da cui sono state tratte diverse trasposizioni cinematografiche.