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Rischio tempesta di Kristina Ohlsson

Rischio tempesta

Rischio tempesta di Kristina Ohlsson

August Strindberg si trasferisce a Hovenäset, un tranquillo paesino di poche centinaia di anime sulla costa ovest della Svezia sferzato dal vento salmastro e da un clima capriccioso che tormenta i suoi abitanti.

Si è lasciato alle spalle una logorante carriera nella finanza e una vita frenetica in città per realizzare il suo sogno: aprire un negozio di mobili vintage e ritirarsi in un luogo in cui aveva sempre desiderato tornare.

L’idillio della piccola comunità dura ben poco. Quella stessa notte Agnes, un’insegnante del posto, scompare senza lasciare traccia.

Ad aspettare invano il suo ritorno a casa ci sono il marito e il figlio adolescente increduli e disorientati. Partono le indagini e al comando della squadra c’è Maria Martinsson, una brillante e appassionata detective tanto innamorata del proprio lavoro quanto frustrata nella vita privata, cha la vede da anni incastrata in un matrimonio infelice a cui non ha il coraggio di sottrarsi.

Con il passare dei giorni le speranze di trovare viva Agnes si assottigliano e i sospetti che sembravano prendere corpo svaniscono nell’aria sempre più elettrica come prima di una tempesta. Mentre le storie degli abitanti di Hovenäset si intrecciano in una fitta trama di dettagli, rimandi e coincidenze come rivoli che confluiscono in un mare gonfio e tumultuoso, August non riesce a scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione di avere da qualche parte, molto vicino, la chiave per risolvere il mistero…

RECENSIONE

Ho appena terminato la lettura di Rischio tempesta.

Sono seduto in poltrona, il libro poggiato sulle ginocchia, lo sguardo fisso sugli scaffali della libreria in cerca di un posto dove collocarlo. Per certe cose ho il mio metodo. Non seguo un ordine prestabilito e può capitare che libri dello stesso autore giacciano in punti completamente differenti.

Immagino che un osservatore pignolo potrebbe suggerirmi di seguire almeno l’alfabeto o magari di affidarmi alle dimensioni dei formati, al tipo di edizione, il genere e così via.

Ma non fa per me.

Dal mio punto di vista ogni libro merita il proprio posto in funzione di ciò che mi ha lasciato, delle emozioni che in qualche modo sono passate attraverso le pagine per giungere fino a me, talvolta sfiorandomi appena, altre volte travolgendomi in una vera e propria tempesta di sensazioni e idee.

A quanto pare il termine “tempesta” è destinato a ricorrere spesso in questa recensione. L’ho usato inconsciamente e credo che questo sia un primo risultato che la Ohlsoon potrà vantare, se mai un giorno dovesse considerarmi un lettore degno di attenzione.

Perché in effetti il suo ultimo romanzo è davvero qualcosa che ricorda un vento impetuoso, capace di crescere quasi in sordina, fomentandosi mentre attraversa le fredde montagne svedesi prima di piombare con inaudita violenza su una piccola isola, un frammento di terra sul quale l’esistenza dei suoi pochi abitanti sembra destinata a passare inosservata.

Ma c’è una storia a Hovenäsetk, oscura e inquietante, che merita di essere conosciuta e Kristina Ohlsoon è la voce perfetta per raccontarla.

L’aspetto forse più sorprendente del romanzo è la sua capacità di essere profondamente credibile, tanto che alla fine ti aspetti che l’autrice da qualche parte confermi che è tutto vero, che i fatti seppur romanzati sono ispirati a qualcosa di reale.

Troppe volte i thriller contemporanei hanno la pessima abitudine di osare, quasi vi fosse il bisogno inconscio degli autori di stupire il lettore ad ogni costo con dei colpi di scena che il più delle volte finiscono per essere bollati come mere “trovate” poco credibili che, invece di far sobbalzare dalla sedia, producono l’effetto opposto di sgonfiare l’entusiasmo.

Ma nella Tempesta della Olhsoon l’unico rischio che si corre è quello di restare (felicemente) coinvolti in una trama che sa di vero, di esperienze vissute sulla propria pelle e di personaggi per i quali si finisce per parteggiare, mentre per altri si nutrirà un autentico sentimento di odio, tanto sono perfettamente caratterizzati.

La storia raccontata in Rischio tempesta è quella descritta nella sinossi, ma non solo.

Potremmo dire che quello è solo il filo principale, quello da cui si dipanano linee più sottili ma non per questo meno significative.

Se il tema centrale è quello della sparizione di una donna e le conseguenti indagini per venire a capo del mistero, la Ohlsoon fa quello che solo i grandi giallisti sono in grado di fare: mette in scena una serie di personaggi attraverso i quali raccontare altre vicende, storie nate dal medesimo vento di tempesta, quello di una passione corrotta, come fosse un acido che col tempo ha finito con il corrodere tutto quanto di buono può esserci in un sentimento potente come l’amore.

Del resto ciò che dà origine ai delitti è quasi sempre l’amore, inteso nella sua versione più malsana, peccaminosa, violenta.

Mentre ci si addentra nella lettura del romanzo, la sensazione sempre più netta è che la Ohlsoon voglia raccontare non tanto il mistero in sé, che pure esiste e funziona come una sorta di energia catalizzatrice degli eventi, quanto piuttosto la natura dei protagonisti, che smettono fin dalle prime pagine di essere mere figure monodimensionali e acquisiscono durante la narrazione uno spessore sempre maggiore, tanto che alla fine è inevitabile nutrire dei sentimenti nei loro confronti, quasi fossero persone in carne e ossa con le quali si è avuto a che fare durante il soggiorno forzato nella piccola isola a largo della Svezia.

E le emozioni che restano addosso al lettore sono le più svariate.

Si va dall’apprensione per la sorte di Agnes, perfetta rappresentazione della donna dalla vita apparentemente banale e che in realtà cela qualcosa di tumultuoso e indicibile, all’odio profondo per quelle figure (una maschile in particolare, di cui scelgo di non dire nulla) che sembrano incapaci di andare oltre se stessi, il proprio lavoro e la piccola dimensione borghese nella quale sono arroccati per difendere la falsa egemonia che credono di poter esercitare sul prossimo.

E se questo non vi basta, allora sappiate che Rischio tempesta è anche un viaggio nell’imperscrutabile  (almeno per noi adulti) mondo degli adolescenti, con i loro piccoli segreti e quel bisogno mai sazio di sentirsi capaci di dominare un mondo che, in realtà, non fa che sfuggirgli di mano, negando loro quella chiave di lettura grazie alla quale potrebbero essere spiriti ben meno tormentati.

La scomparsa di Agnes è anche questo, la scossa tellurica che impedirà ad adulti e giovani di tenere nascoste le zone d’ombra nelle quali solitamente si rifugiano.

Di fronte all’orrore di un delitto, poco importa che si tratti di un allontanamento volontario o meno, nessuno può dirsi immune dalle onde di tsunami che finiranno con l’impattare con la mite esistenza di Hovenäset, scenario idilliaco destinato ad essere irrimediabilmente sconquassato.

Infine la storia in sé, il meccanismo del giallo o del thriller se preferite, anche questo perfettamente congeniato da una scrittrice che possiede saldamente la propria penna e la adopera per raccontare con vero talento una trama complessa, intrecciata non solo con delle vicende umane spesso dolorosissime, ma che anche con un crimine terrificante avvenuto in passato e la cui ombra pesante grava ancora sulle case e le coscienze del paese.

Inevitabile prendere le parti di chi indaga, la poliziotta Maria Martinsson (cui finirete col volere un bene immenso, desiderando di abbracciarla con tenerezza) e il mite August, un ex speculatore di borsa che ha deciso di cambiare completamente vita per darsi alla rivendita di vecchi oggetti d’antiquariato, il classico pesce fuor d’acqua, senza alcuna velleità dell’eroe, ma talmente vicino ai misteri che gravano su Hovenäset da non poter rinunciare a farsene coinvolgere.

La capacità di Rischio tempesta di somigliare ad una storia vera emerge anche dalla totale assenza di improbabili eroi che così spesso abbondano nella letteratura di genere.

Tra le pagine del romanzo non troverete poliziotti in grado di maneggiare qualsiasi tipo di arma, né soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Non ci saranno scontri fisici epocali o inseguimenti a perdifiato. Nulla di tutto questo sarebbe congeniale ad una storia così profondamente umana come quella raccontata da Kristina Ohlsoon.

Agnes meritava molto di più, anche se è solo un personaggio immaginario. A lei andava tributato l’omaggio della ricerca della verità affinché, come si suol dire, i buoni possano trionfare sui cattivi, mentre a noi lettori appassionati resta la gioia di aver trascorso qualche ora in compagnia di un’autrice che nella nostra personale libreria si è certamente meritata un posto d’onore.

Traduzione: Andrea Berardini
Editore: Salani Editore
Pagine: 428
Anno pubblicazione: 2022

AUTORE

Kristina Ohlsson è tra le più importanti autrici svedesi per adulti e ragazzi. Prima di diventare una scrittrice a tempo pieno, ha lavorato per l’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), per i Servizi segreti e per il Ministero per gli affari esteri svedesi. I suoi thriller sono sempre in vetta alle classifiche e hanno vinto numerosi premi. Per Salani ha pubblicato, oltre ad alcuni gialli per ragazzi, la fortunata serie di Martin Benner: Bugie sepolte e Verità occulte.

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