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L’eredità’ di villa Freiberg di Romina Casagrande

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L’eredità di villa Freiberg

Emma ricorda ogni pietra di Villa Freiberg: a volte, le sembra ancora di rivedere l’imponente facciata di finestre e cornici di marmo.

È il luogo che ha dato rifugio a lei e al fratellino Benjamin quando, rimasti orfani, hanno seguito le ultime volontà del padre morto al fronte.

Ma il risveglio da illusioni e sogni di salvezza è una porta che si chiude all’improvviso il giorno in cui Benjamin scompare per non tornare più. Benjamin, il bambino taciturno che amava la solitudine e disegnava con incredibile maestria.

Benjamin, che è stato portato in una clinica insieme a molti altri come lui, considerati fragili e inadatti, per essere sottoposto agli esperimenti di scienziati nazisti disposti a sacrificare vite per inseguire un folle ideale di perfezione.

Vittima di una delle operazioni più controverse della storia che, in silenzio, ha preparato il terreno all’orrore dei campi di sterminio. Da allora sono passati anni ed Emma non ha mai saputo cosa sia accaduto a Benjamin.

Ma ora la villa è passata in eredità a una donna che, tra gli oggetti risparmiati dal tempo, ha trovato un vecchio anello e un plico di fotografie ingiallite. Forse sono indizi che conducono a Benjamin. Emma deve decidere se riaprire lo scrigno dei ricordi nascosti nella sua anima, anche se ciò vuol dire affrontare il dolore delle scelte e degli errori commessi.

Perché forse non è troppo tardi per tenere fede alla promessa di prendersi cura e proteggere quel fratello troppo indifeso.

Romina Casagrande torna con un romanzo potente che fa riaffiorare uno degli orrori del secondo conflitto mondiale: le cliniche in cui venivano rinchiusi e torturati coloro che per qualsiasi ragione erano considerati diversi. Perché la tragedia non si ripeta non si deve dimenticare. E perché tutti possano ricordare, la letteratura dà voce a chi una voce non l’ha avuta

L’eredità di Villa Freiberg è un romanzo potente, uno di quei romanzi che ti entrano dentro e scavano, scavano perché devo indurre una riflessione nel lettore.

Il tema affrontato dalla Casagrande è quello dell’Aktion T4, il progetto di eugenetica nazista, che mirava a eliminare tutte le persone ritenute non idonee agli standard della razza germanica: disabili fisici e psichici, persone affette da malattie genetiche inguaribili, ma anche alcolisti, prostitute, ossia tutte quelle vite ritenute “indegne di essere vissute”.

Il romanzo si snoda su due piani temporali: l’oggi e il 1943-44 ed è in questa successione temporale che la storia prende vita e lega il passato con il presente, ma anche con il futuro.

Nell’oggi abbiamo Bess, un architetto che si imbatte casualmente in Villa Freiberg e nella sua stravagante proprietaria Kiki: una mamma single che cerca di non far deragliare la sua vita.

Albert, è un ex alcolista che invece, ha visto la sua vita deragliare e cerca di riportarla sui giusti binari, ma soprattutto di recuperare il suo rapporto con la figlia Alice.

L’elemento di collegamento tra presente e passato è Flora: una eccentrica signora, amica di Kiki, che ha vissuto per qualche tempo a Villa Freiberg durante la guerra, quando gli aristocratici dovevano aprire le loro ville a chi aveva perso tutto.

Ed è Flora a raccontare quello che era Villa Freiberg durante gli anni della Seconda guerra mondiale: una villa che ospitava feste sfarzose a cui partecipavano generali e persone di spicco del regime nazista.

La mamma di Kiki, Anna era la perfetta padrona di casa: bellissima, educata, ricca ma profondamente insoddisfatta.

Suo marito, il generale, in bilico tra la fedeltà e l’infedeltà al partito nazista perché aveva servito la patria italiana fino al giorno dell’armistizio e… su consiglio della moglie – ma grazie soprattutto alla sua influenza – era riuscito ad arruolarsi nell’esercito tedesco e a farsi accettare, nonostante il suo passato e la sua nazionalità.

Ed è in questo quadro che si inseriscono Emma e Benjamin: due orfani, figli di un commilitone del generale a cui ha affidato i suoi figli prima di morire.

Emma è una bambina già cresciuta per la sua età, abituata a prendersi cura del suo fratellino, un fratellino speciale.

Benjamin non parla, ma ha un talento nel disegnare perché riesce a cogliere tutte le sfumature e le particolarità di ciò che vede, soprattutto di insetti e animali microscopici che ama osservare e riprodurre.

È facile capire come andrà avanti il romanzo e, infatti, non voglio spoilerare nulla… vi anticipo solo che il tutto inizierà dal ritrovamento di una foto e di un anello, ma principalmente dalla caparbietà di Bess e dall’intuizione di Albert.

L’eredità di Villa Freiberg rappresenta un’ulteriore testimonianza importante su ciò che è avvenuto durante il secondo conflitto mondiale e su una pagina zeppa di orrori che devono ancora venire alla luce.

L’ambientazione del romanzo è in Trentino-Alto Adige e apre su un altro capitolo storico che ci riguarda: le discriminazioni subite dai suoi abitanti prima da Mussolini e poi da Hitler.

Il primo ha cercato di cancellare le tradizioni germaniche che appartengono a questo posto di confine, il secondo ha deportato e ucciso ebrei, disabili e gente ostile alla sua idea di “Regno Germanico”.

il risentimento, il timore di essere derubati del passato, di vedere cancellate le impronte di chi ci ha preceduto. Perché se perdo la direzione e guardandomi indietro non trovo la strada, come posso ritornare a casa?

Questo è un romanzo sul filo che lega passato e presente, sui ricordi:

i ricordi, soprattutto quelli che nascondi insieme all’immondizia, non ti tengono mai buona compagnia. E a volte, se non sei abbastanza forte, ti seppelliscono sotto il cumulo di macerie in cui si sono trasformate le tue vite precedenti.

Sull’importanza di tenere sempre un piede nel passato, ma lo sguardo dritto e fiero nel futuro.

Fino a poco tempo fa, si abusava l’uso della parola “resilienza”.

Con questo romanzo la Casagrande ci descrive cosa sia davvero la resilienza, ma anche come si vivono i grandi sentimenti: l’amore fraterno, la nostalgia, la forza di lottare, la speranza.

Non voleva ammettere che a volte le storie finiscono così. Le storie della gente semplice, delle persone a cui hanno strappato la voce, si confondono con il vento fino a diventare vento. Non possiamo sentirne che l’eco, la carezza che ci fa rabbrividire.

La Casagrande, ha restituito la voce di tutte quelle persone a cui è stata tolta.

La loro storia deve essere un’esortazione a non girare più la testa dall’altra parte di fronte alle ingiustizie.

L’eredità di Villa Freiberg è anche un inno al “ricominciare”.

Riconoscere le deviazioni che la vita ci presenta e imboccarle con fermezza perché ogni cambiamento, deviazione dipende da noi.

È, infine, un romanzo che decanta lo stare insieme, inteso come comunità:

siamo tutti circondati da un campo magnetico che attrae naturalmente stelle con la stessa pulsazione e che hanno viaggiato tanto, anche più di noi, oppure nate da poco, ma hanno seguito traiettorie diverse per essere esattamente dove si trovano, circondate dalla stessa luce a cui sono destinate.

Stelle che si sono perse attraverso le galassie, ma che era destino si incontrassero per condividere una parte del viaggio.

L’eredità di Villa Freiberg è un romanzo da leggere non solo per la storia in sé, ma anche per la minuziosa ricerca storica che vi è dietro.

È una storia che deve essere conosciuta, perché la voce di Benjamin deve arrivare a quante più persone possibili.

Editore: Garzanti
Pagine: 352
Anno pubblicazione: 2023

Romina Casagrande vive e insegna a Merano, in provincia di Bolzano.

Laureata in lettere classiche e appassionata di storia, ha collaborato con alcuni musei, realizzando percorsi didattici interdisciplinari.

Ama la natura, la montagna e condivide la sua casa con tre pappagalli, due cani e un marito. I bambini di Svevia è il suo romanzo d’esordio (Garzanti, 2020).

A questo titolo segue: I bambini del bosco (Garzanti, 2021).

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