Intervista ad Alvise Trisciuzzi che ci svela “Il delitto della Madonna di Fossalto”

Alvise Trisciuzzi

Il delitto della Madonna di Fossalto

DOMANDE A CURA DI: Alessandra Boschini

SPAZIO A CURA DI: Sharon Lattanzi

Il delitto della Madonna di Fossalto

Alvise Trisciuzzi è di Padova, classe ‘74, ma vive a Torreglia. È un avvocato, un volontario AVIS e un grande appassionato di sport. Adora particolarmente le storie in giallo: gli piace ascoltarle, leggerle e a volte scriverle. Il delitto della Madonna di Fossalto è il suo primo romanzo pubblicato con la Newton Compton (QUI la recensione di ThrillerLife).

ThrillerLife: Ciao Alvise, grazie per aver accettato l’intervista! Chi o cosa ti hanno ispirato a scrivere “Il delitto della Madonna di Fossalto”? Com’è nata questa storia particolare legata ad un passato ben preciso?

Alvise Trisciuzzi: Credo sia tutto legato alle mie letture. Mi piace la storia e mi piace leggere. Adoro leggere. Credo sia anche piuttosto ovvio, per uno che vuole scrivere. E tra i vari autori che mi piacciono e che evito di elencare, perché di solito quando inizio non mi fermo più, ho una predilezione speciale per i giallisti, soprattutto, i classici inglesi e l’hard boiled americano; d’altra parte, però, mi piacciono anche gli scrittori come Wodehouse e Guareschi, capaci con ironia di creare microcosmi pieni di personaggi affascinanti e divertenti.

E a questo proposito come non citare Perec con La vita, istruzioni per l’uso? E Calvino? Ecco, scusami, sto già partendo con gli elenchi, nemmeno fosse un libro di Nick Hornby. Comunque, tornando alla domanda, per gioco e per te stesso ti metti a inventare storie che soddisfino queste passioni, poi qualcuna la metti anche per iscritto. E da lì ad arrivare a un giallo con una spolverata di storia, per me il passo è stato breve.

Lo ambienti in Italia perché sei italiano e non americano o inglese. L’investigatore privato con trench e whisky diventa un maresciallo dei carabinieri con divisa e vino, il piccolo villaggio inglese di Miss Marple (o della Beaton) diventa un paese della Bassa, pieno di personaggi secondari, perché sono i personaggi secondari che fanno le belle storie: l’oste, il medico, il prete, il commerciante, il sindaco, il commesso viaggiatore e così via. Poi resta solo sperare che il risultato piaccia agli altri come piace a te.

ThrillerLife: La storia è ambientata alla fine degli anni ’60, perché proprio questo momento storico?

Alvise Trisciuzzi: In un certo senso ero obbligato. Raccontando anche fatti accaduti alla fine della seconda guerra mondiale – il libro corre su due binari temporali che si intersecano nei ricordi dei protagonisti – non potevo andare troppo avanti nel tempo, per non avere personaggi troppo vecchi e, quindi, poco plausibili nel ruolo che dovevano interpretare. Così ho scelto i sessanta, lontani ma non lontanissimi, fermo restando che la dimensione temporale in un piccolo paese di campagna è diversa da quelle della città, dove il tempo e la società hanno un passo diverso.

Certe dinamiche di paese sono uguali a prescindere dagli anni in cui si svolgono e questo mi piaceva. Inoltre, gli anni sessanta avevano il vantaggio di poter evitare di parlare di DNA, celle telefoniche e altre modernità. Volevo una storia che si concentrasse sulle persone più che sulle mere tecniche investigative, anche se con il dottore del paese più di qualcosa mi è scappato, lo confesso.

ThrillerLife: La “Madonna di Fossalto” è una delle tante edicole votive presenti in ogni piccolo paese, sorte come ex voto o come luogo di preghiera per viandanti e pellegrini. Ma il paese della Bassa, dove hai deciso di svolgere la storia, non ha un nome, né vero e neppure fittizio. La ricostruzione geografica è vaga. Come mai questa scelta?

Alvise Trisciuzzi: È stata un scelta istintiva. Desideravo che fosse un luogo a cui più persone possibili potessero sentirsi vicine e, quindi, ho volutamente evitato di dare indicazioni geografiche precise. A volte ho messo persino caratteristiche leggermente contraddittorie. Così può essere un qualsiasi posto della Pianura Padana in Emilia o in Veneto, dove sono cresciuto, o in Lombardia.

È un paese come centinaia d’altri, con la sua chiesa e l’immancabile campanile, la sua stazione dei carabinieri, la piazza e l’osteria in mezzo. D’altra parte leggendo si scoprirà che ho indicato nel dettaglio le vie principali. Ho descritto i monumenti caratteristici, i luoghi di interesse, la posizione delle case dei protagonisti e molti negozietti. Volevo essere vago e, nel contempo, creare un luogo che il lettore senta anche suo; un luogo che può percorrere con la fantasia come se lo conoscesse da sempre. Quindi, anche per quello nessun nome preciso. È il paese di tutti i lettori che vorranno visitarlo.

ThrillerLife: Ci sono personaggi che vengono caratterizzati in modo tale che il lettore ne assapori appieno la forza e la rilevanza, come il dottor Peruzzi. Anche il Lambrusco ha il suo peso nella storia e non solo perché ne è il protagonista. C’è qualche personaggio a cui sei particolarmente affezionato?

Alvise Trisciuzzi: Ci devo pensare su, perché i personaggi, come detto, sono tanti e ho l’abitudine di creare per ognuno una sua storia completa, non tutti i dettagli di queste chiamiamole biografie, sono finiti nel libro, ma rimangono lì magari per il futuro chissà, per cui ci sono dettagli a cui sono legato, che il lettore non può conoscere, ma nel complesso per questo libro direi la mucca Guendalina. Sì, nel libro c’è anche la storia di una mucca e di cosa le è successo.

Non posso dire che è il mio personaggio preferito in assoluto, perché non ha le sfaccettature e la profondità di un personaggio umano, ma di certo è quello a cui sono più affezionato. Come ho detto, a furia di leggere mi sono messo a inventare storie per me e una delle prime, e l’embrione di questo libro, parlava della mucca Guendalina e di un maresciallo di nome Bonomi. Per questo le sono molto affezionato: in un certo senso è nato tutto da lei ed è stato un piacere darle un ruolo anche in questo libro. Aiuta a spiegare la personalità di Bonomi, senza il bisogno di descriverla.

ThrillerLife: Antonio Bellei, il Lambrusco, è il vero protagonista del tuo romanzo: colto e sensibile, gentile ed ironico. La sua è stata una vita costellata da molto dolore, ad iniziare dalla sua menomazione fisica che, però, non gli ha impedito di farsi partigiano e dare un contributo al suo paese. Poteva essere finalmente felice con Beatrice (l’amore della sua vita) ma il destino gli ha riservato un futuro diverso. Quanto sei legato al Lambrusco?

Alvise Trisciuzzi: Non ti nascondo che è il mio personaggio preferito e, quando mi hai chiesto a quale ero più affezionato, ero indeciso se dire lui. E qui viene un po’ da ridere. Il preferito e lo fai morire nel primo libro in cui appare, complimenti. In effetti suona strano, eppure è andata proprio così.

Mi piace perché è molto umano con le sue contraddizioni e debolezze, ma soprattutto con una sua etica personale a cui rimane sempre fedele, anche se lo porta ad autodistruggersi. Come hai detto giustamente, è il vero protagonista del romanzo. Per quanto venga ucciso all’inizio, non scompare. Rimane sempre presente e si impara a conoscerlo attraverso i ricordi di Bonomi e di tutti gli altri personaggi che vengono coinvolti nelle indagini.

ThrillerLife: Hai tre libri del cuore che vorresti consigliare ai nostri lettori?

Alvise Trisciuzzi: Questa è veramente una domanda impossibile. Ce ne è una di riserva? Ne ho tanti e come si è visto, se inizio a dirne uno, non mi fermo più, e a mettere un libro al posto di un altro, mi sembra di compiere un’ingiustizia. Avrei difficoltà pure a consigliare solo i miei tre autori di gialli preferiti, figurati… Comunque provo a dire tre gialli, per rimanere in tema, sapendo già di sbagliare, però. Innanzitutto, Raymond Chandler, qualsiasi cosa va bene. Che sia «Il lungo addio» «La signora nel lago» o i racconti (delle perle) si va sul sicuro. Per me è uno scrittore a tutto tondo, forse il migliore che si è prestato al genere.

Di Agatha Christie, perché non puoi non citare la regina del genere, la testa direbbe «Dieci piccoli indiani», una trama perfetta, ma proprio perché mi piacciono i libri corali ricchi di personaggi, vado con «Assassinio sull’Orient Express», ma anche con lei difficile imbroccarne uno sbagliato. Il terzo è il più ostico, perché dà il via all’elenco degli esclusi, ma vado con un giallo che ho proprio nel cuore e che probabilmente mi ha spinto a buttare su carta le mie idee: Macaronì di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli.

Credo anzi sono certo piacerà a chi ancora non l’ha letto. Costruito bene, con una trama molto bella, ottimi personaggi e una spolverata di storia che fa sempre bene. Consigliatissimo. E adesso già penso che non ho citato i miei amati Hammett, Stout, Malet, Kaminsky, Craig Rice, Robert Crais, Harris, Camilleri… no, la tua è veramente una domanda impossibile.

ThrillerLife: Che messaggio vorresti lasciare a chi ci sta leggendo?

Alvise Trisciuzzi: Di continuare a leggere. Cosa non è importante, l’importante è farlo. Quindi non vi preoccupate, quando vi prendono in giro perché vi piace un certo genere o un certo autore. È una scemenza. Voi leggete perché è un modo per prendersi cura di se stessi. Aiuta a staccare, a trovare un proprio spazio e, al contrario di altre attività che sono solo una fuga mediante spegnimento del cervello, ti arricchisce e ti riposa veramente. Poi ogni tanto, se avete voglia, date un’occasione a un autore che non avete mai sentito prima o provate anche un libro diverso dal solito. Potrebbe stupirvi e regalarvi nuovi amici con cui passare il tempo in compagnia.

La redazione di Thriller Life ringrazia Alvise Trisciuzzi per la disponibilità.

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