Il veleno perfetto
Il professor Kalitin è un chimico spietato e narcisista, ma anche geniale.
Mentre lavorava in una località segreta su un’isola nell’estremo oriente russo ha sviluppato un veleno irrintracciabile ed estremamente letale che hanno battezzato col nome di “Debuttante”.
Quando l’Unione Sovietica crolla, diserta e ripara in Germania dove gli viene data una nuova identità.
Tutto sembra scorrere pacificamente sui binari di una nuova normalità, ma quando un banchiere viene assassinato con il veleno di Kalitin, la sua copertura salta ed è coinvolto nelle indagini sulla morte dalla polizia tedesca.
Nel frattempo due assassini delle forze speciali con le mani sporche di molto sangue ceceno vengono mandati per farlo tacere, usando il suo stesso veleno…
Uno straordinario e impetuoso thriller letterario sui veleni di ogni tipo: fisici, morali e politici.
Sergej Lebedev affascina con intuizioni vertiginose sugli abissi della storia recente e sul fascino senza tempo per il veleno perfetto, quello che non solo uccide ma diffonde anche la paura che è molto più tossica di qualsivoglia sostanza chimica creata in un laboratorio segreto.
RECENSIONE
Il veleno perfetto è un thriller elegante in cui non scorre una goccia di sangue.
La vicenda ruota intorno al Professor Kalitin
maestro di veleni, ricercatore e signore delle sostanze più tossiche al mondo
uno dei maggiori chimici dell’ex URSS, “lavorante dell’inferno”, ideatore del Debuttante – micidiale veleno letale da lui creato in un oscuro laboratorio nella vecchia Unione Sovietica.
Scappato in Germania quando l’URSS si sgretola, Kalitin vive appartato evitando qualsiasi contatto con gli abitanti della cittadina in cui si è segretamente trasferito.
Non è stato condannato a morte dal suo paese natale ma non può rivelare la propria identità, pena l’essere circondato dai giornalisti e dalle loro indagini sul Debuttante.
Conosce gli uomini – ma in un’ottica specifica e limitata, perché nel corso della sua carriera si è dedicato ad avvicinarli con il solo scopo di studiare come uccidere un corpo.
Alla morte di un noto banchiere, che è stato avvelenato forse proprio dal Debuttante, le indagini della polizia tedesca mettono a rischio l’identità segreta di Kalitin.
Nel frattempo due oscuri agenti – il comadante Sersnev ed il suo assistente Grebenjuk – si mettono sulle sue tracce.
Kalitin conosce lo stile investigativo della “vecchia Russia” e sa dell’esistenza di un fascicolo che lo riguarda.
Il fascicolo contiene informazioni e tracce che i migliori investigatori sapranno interpretare per scovare il suo nascondiglio.
In tale situazione, accanto al protagonista, viviamo la continua tensione dell’essere raggiunto e fatto prigioniero.
Tra i numerosi flashback in cui Kalitin bambino cresceva con i genitori in una struttura protetta riservata a medici e scienziati (il Terzo Ingresso ai Laboratori dell’Isola), nonché molti riferimenti alla Russia staliniana, la spy story di Il veleno perfetto si sviluppa in modo elegante e sobrio.
Non ci sono inseguimenti vertiginosi né spargimento di sangue, ma il fascino disturbante della paura del veleno in sé.
Le sensazioni di cui si compongono le pagine (in un continuo alternarsi di capitoli sulla vita attuale di Kalitin, ricordi della moglie morta, il viaggio dei sicari che sono sulle sue tracce, e la singolare figura di un prete che lo avvicina – o lo sta forse tenendo d’occhio?) sono inquietudine via via crescente, tensione, ambiguità dei personaggi descritti, sconforto.
L’ontologia della morte e le reazioni a catena che il Male suscita sono il reale veleno della vicenda.
La possibilità di creare un “veleno perfetto” sta in definitiva proprio nella paura dell’esistenza di una tale potentissima arma, ben prima che nella sua realizzazione:
Kalitin era consapevole di non avere inventato semplicemente dei particolari strumenti di morte confezionati nelle ampolle. Aveva creato la paura. Gli piaceva l’idea semplice ma paradossale che il veleno migliore sia la paura.
Kalitin racconta degli anni di studio per creare in laboratorio il Debuttante, e degli esperimenti per testare via via il prodotto su quelli che vengono definiti Manichini
Età. Peso. Malattie. Reazione al preparato. I manichini lo eccitavano oltremodo: avrebbe voluto penetrare più a fondo nel mistero della morte umana, riteneva che non ci fossero due morti identiche. Costituzione fisica simile, stessa età, eppure gli ultimi minuti si prolungavano in maniera differente
L’attenta costruzione dei personaggi, e tutti i risvolti psicologici che l’autore definisce, meritano un plauso .
In particolare il personaggio del prete che avvicina Kalitin (per salvarlo o per tradirlo vendendolo ai sicari?), essendo anche lui una vittima del regime che vigeva nella madrepatria
Sono vissuto sotto sorveglianza per diciannove anni in quel Paese che grazie a Dio non esiste più. Ogni giorno. In chiesa. Per strada. Al negozio. Conosco troppo bene la loro razza. L’aspetto. I metodi. L’atteggiamento
La Russia descritta appare come un condensato di
stelle, falci, martelli, baionette, strumenti di guerra saldati insieme
un paese in definitiva dedito alla guerra, da cui Kalitin è riuscito a fuggire e la cui descrizione è uno dei punti di forza del romanzo.
Oltre a questo, fra i punti di forza del romanzo cito la narrazione quasi interamente in forma indiretta: attenta ai particolari, sobria, essenziale.
Traduzione: Rosa Mauro
Editore: Keller Editore
Pagine: 271
Anno pubblicazione: 2023
AUTORE
Poeta, saggista e giornalista, Sergej Lebedev è nato a Mosca nel 1981.
Ha lavorato per sette anni in spedizioni geologiche nella Russia Settentrionale e in Asia Centrale.
Oggi è una delle voci più importanti della nuova letteratura russa.
Per Keller Editore sono stati pubblicati i romanzi Il confine dell’oblio (2018) e Gente d’agosto (2022).