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Antonio Boggio: quello che non accade fuori sicuramente accade dentro

Antonio Boggio

Antonio Boggio, nato nel 1982, è cresciuto a Carloforte, nell’isola di San Pietro, una piccola isola a sud-ovest della Sardegna. Attualmente vive e lavora a Cagliari. Alcuni suoi racconti sono apparsi in antologie pubblicate da piccole case editrici: Paranoie (Cenacolo di Ares, 2014). Ogni luogo ha la sua voce (Palabanda edizioni, 2019). Insieme ad altri autori ha partecipato alla stesura del Repertorio dei matti della città di Cagliari (Marcos Y Marcos, 2016) curata da Paolo Nori. Omicidio a Carloforte, romanzo d’esordio di Antonio Boggio, è stato uno dei successi letterari dell’ano scorso (Piemme, 2022).

Tre parole che ti descrivono e perché?
Passione, curiosità e introspezione.
La passione è quel combustibile che ogni mattina mi fa svegliare presto, rinunciando ad alcune ore di sonno prima di andare al lavoro, per prendermi cura delle mie storie.
La curiosità mi aiuta a guardare le cose diversamente e non di rado mi fa meravigliare per qualcosa che ho sempre avuto sotto il naso.
L’introspezione: c’è un luogo dove passo la maggior parte del tempo, un luogo che alcune volte è ospitale, altre volte meno; quel luogo è proprio dentro di me.

Quali sono i tuoi tre libri del cuore?
Servirebbe un cuore enorme per contenerli tutti, per questo ho avuto difficoltà a selezionarne tre. Tuttavia, per ragioni diverse e periodi di vita lontanissimi tra loro ho scelto:
La ballata del carcere di Reading di Oscar Wilde;
I fiori del male di Charles Baudelaire;
Il senso del dolore di Maurizio de Giovanni.

L’ambientazione a Carloforte, è senza ombra di dubbio uno degli elementi che hanno contribuito al successo dei tuoi libri. In cosa risiede, secondo te, il fascino di questo posto e perché ha così tanta presa sul pubblico?
L’isola di San Pietro, che accoglie come unico centro abitato Carloforte, è un pezzetto di terra in mezzo al Mediterraneo e nel suo piccolo racchiude tutte le peculiarità dei popoli che si affacciano su questo mare.
Nelle mie storie, il luogo non ha solo la funzione di sfondo ma diventa protagonista.
Gli elementi di forza, oltre al palcoscenico naturalistico incredibile, per cui gli scorci mozzafiato e il mare cristallino, sono la storia e la cultura.
Infatti, l’Isola di San Pietro è un’enclave ligure in Sardegna che conserva lingua e cultura dei fondatori: famiglie di pescatori di corallo liguri (Pegli) provenienti da Tabarka, un’isola tunisina.
E la lingua, il Tabarkinio, è la lingua della quotidianità, parlata ovunque e da tutti.

Terranova è un vero cane da tartufo. Un talento sprecato per un’isola tranquilla come Carloforte. Oltretutto, sebbene piena di fascino, un’isola di seimila abitanti è un’ambientazione con dei limiti, per un romanziere. Il Commissario Terranova non ambisce a partire dalla sua isola? E dove potrebbe andare?
Ho vissuto a Carloforte fino all’età di diciotto anni, abituato alle persone che lasciavano la porta di casa aperta e le chiavi inserite nell’automobile; mi sono spesso chiesto il perché sentissi il bisogno di ambientare un giallo a Carloforte, un luogo in cui non succede mai nulla.
Non avrei mai potuto adattare un giallo nella mia isola mettendo in scena situazioni tipiche di un’ambientazione metropolitana perché non sarebbe stato credibile, ed io, fin da quando ho deciso di scrivere su Carloforte, mi sono impegnato perché tutto fosse verosimile.
Per cui, ho cominciato a guardarmi intorno con più attenzione e ho capito che quello che non accade “fuori”, diciamo “pubblicamente”, quello che non è degno di finire sulle prime pagine di cronaca, accade “dentro”, dentro le persone. Quando vivi in una piccola comunità, dove il controllo sociale è molto forte, per nascondere certi sentimenti occorre essere più bravi. Ed è proprio qui che ho imparato a osservare, a scovare gli angoli bui delle persone: angoli custoditi con gelosia e molta cura. Ed è proprio da questi angoli bui che cerco di tirare fuori le mie storie.
Alvise è un poliziotto che potrebbe dare tanto nella lotta contro il crimine, quello vero; tanto è bravo nel suo lavoro quanto “pasticcione” nella sua vita privata. E proprio perché è così difficile nelle piccole realtà scovare gli angoli bui della gente che serve uno come lui. A Carloforte ha trovato la sua dimensione, una dimensione di nostalgia e di riflessione, nella quale può toccare la parte più profonda di sé e magari comporre delle poesie struggenti.
Chissà, magari un giorno potrebbe partire di nuovo e doversi ricostruire una vita, ma oggi non saprei ancora dove potrebbe approdare.

Parliamo della vita amorosa del Commissario. In questo nuovo episodio vediamo un raffreddamento della relazione con Elisabetta. In parte si evince, da parte di Terranova, una paura del legame affettivo. Ma dall’altro sembra che Elisabetta, seppur piena di premure e gentilezze, sia forse una donna troppo semplice per il Commissario. Cosa unisce questi due personaggi? Cosa li divide?
Alvise ha serie difficoltà a lasciarsi andare in amore perché è reduce da una storia finita male nella quale aveva investito tutto se stesso, amando senza riserve. Con Chiara si dovevano sposare a Carloforte, luogo in cui Alvise aveva chiesto il trasferimento poiché sua terra natale. Ma poche settimane prima della partenza, Chiara lo lascia e lui si ritrova da solo, ferito e nostalgico a dover ricostruire una vita. Qui rincontra Elisabetta, sua ex compagna di classe alle Medie. Si incontrano in un momento di fragilità ed è questo che li unisce: anche lei è stata lasciata dal suo fidanzato prima del matrimonio a seguito della perdita di un bambino. E spesso due fragilità quando si incontrano non fanno una forza, anzi. E, secondo me, è questo stesso fragile equilibrio emotivo che talvolta li divide.

Il male suscita sempre più “interesse”. Secondo te, come mai c’è questa curiosità quasi
morbosa per le storie ad alta intensità thriller?

Credo il male, nei libri o nei film, in qualche modo ci rassicuri. Un po’ come quando fuori piove e guardiamo la pioggia dalla finestra, magari davanti al camino. Rivediamo le nostre paure, le nostre contraddizioni, entriamo in contatto con la precaria condizione della vita umana, proviamo emozioni forti restando in poltrona, sicuri che non ci potrà accadere nulla di male.

Il tuo primo romanzo, Omicidio a Carloforte, è stato uno dei casi letterari del 2022. Un esordio col botto, per un autore fino ad allora sconosciuto dal largo pubblico. Com’è cambiata la tua vita da quando è uscito il tuo primo libro?
Prima che uscisse il mio libro d’esordio avevo il terrore di incontrare i lettori, di fare presentazioni
e dover parlare in pubblico. Invece, ho capito che incontrare i lettori è una delle esperienze più belle per uno scrittore; dagli incontri ne esco arricchito, i lettori mi trasmettono una forza che non
sarei in grado di trovare da solo. Per cui, dopo Omicidio a Carloforte è cambiato qualcosa dentro
di me. Credo di essere cresciuto e ne sono davvero felice.

Un esordio come il tuo, crea grandi attese e, probabilmente, alcune gelosie. Questo secondo romanzo è un po’ la prova del nove… Come ti sei preparato a questa nuova sfida? Hai deciso di giocare in difesa o ti sei lasciato andare?
Quando ho iniziato a scrivere Delitto alla Baia d’Argento non sapevo ancora che il mio romanzo d’esordio sarebbe andato così bene, ho iniziato semplicemente a scrivere perché volevo ritrovare
i luoghi, i profumi, i suoni della mia isola e quei personaggi con cui avevo viaggiato emotivamente
durante la scrittura. Certo, poi, poco prima della pubblicazione del secondo romanzo, dopo aver saputo com’era andato il primo, avevo un po’ di timore. Spesso sono io il mio peggiore nemico. E la verità è che non ho avuto pressioni dall’editore, né dai lettori, né da nessuno se non da me stesso. Nonostante tutto, ho cercato di viverla serenamente lasciandomi andare senza giocare in difesa. E ora sono molto contento della risposta dei lettori, che in questo romanzo si sono innamorati ancora di più di Alvise Terranova.

Come dicevamo, il tuo è stato uno degli esordi letterari più lampanti degli ultimi anni. Cosa consiglieresti a un autore emergente?
Consiglio di essere determinati, umili e di leggere molto. La lettura è la migliore palestra per diventare scrittori. Spesso, a causa dei mille impegni che la vita ci mette davanti, pensiamo di non avere il tempo per leggere. Ma il tempo occorre trovarlo. Io, spesso, preferisco rinunciare a una giornata di scrittura che a un’ora di lettura.

Delitto alla baia d’argento di Antonio Boggio

Edizioni Piemme

A un anno dall’uscita di Omicidio a Carloforte, il fortunatissimo romanzo d’esordio di Antonio Boggio, ritroviamo il Commissario Alvise Terranova in una seconda, avvincente indagine.
Delitto alla baia d’Argento si presenta come un romanzo giallo classico, perfetta lettura sotto l’ombrellone, che regala un reale svago e una lettura molto piacevole, grazie al suo stile semplice e
pulito.
Nel suo secondo romanzo, Antonio Boggio rinnova l’affascinante ambientazione sull’Isola di San Pietro, fatta di luci, odori, ricordi e puntellata da riferimenti enogastronomici. Il dialetto locale, il Tabarchino, ritorna continuamente nei dialoghi e diventa un vero e proprio protagonista della vicenda.
L’origine della lingua in cui parlano i personaggi del libro è molto interessante, perché mostra la ricchezza degli incroci che per secoli hanno caratterizzato le popolazioni del Mediterraneo. “Tabarchino” fa riferimento alla città di Tabarca, nell’odierna Tunisia, che fu colonia della Repubblica di Genova fino al 1741. Scacciati dal Bey di Tunisi, i coloni genovesi trovarono rifugio in Spagna, dove Re Carlo III mise a loro disposizione l’isola di San Paolo, poi ribattezzata “Nuova Tabarca” a partire dal 1770. Questo fazzoletto di terra, la più piccola isola abitata di Spagna, che oggi annovera solo 68 residenti, si trova nei pressi di Alicante, nella Comunità Valenziana, ed è gemellata proprio con Carloforte.
L’ambientazione, come dicevamo, è un elemento centrale del costrutto narrativo, non solo perché
fornisce uno sfondo di colori e suoni, ma anche perché l’essere isolani e isolati crea dei legami particolari tra i personaggi e un ambiente da villaggio in cui ciascuno sa, o pensa di sapere, tutto di tutti.
Questa nuova indagine è l’occasione di approfondire alcuni aspetti del protagonista, del quale il lettore scopre, a poco a poco, l’oscura storia familiare, lasciando così intuire le ragioni delle tante fragilità di Terranova e della sua paura ad abbassare le proprie difese e ad amare.
L’indagine si mostra complessa e con alcuni piccoli colpi di scena, anche se il lettore attento riesce,
abbastanza facilmente, a individuare le incongruenze e gli elementi chiave che permetteranno a
Terranova di risolvere il mistero. Infatti, il punto di svolta è abbastanza visibile, anche se Antonio Boggio imbroglia poi le carte, dribblando l’ovvio sospettato per puntare su un personaggio relativamente secondario.
Un romanzo molto piacevole, che invita a rilassarsi e a lasciarsi cullare dal sciabordio del mare.

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