“Falso indaco”: dove il cielo ha il colore dell’asfalto, raccontato da Federico Anelli

Federico Anelli

Spazio a cura di: Sharon Lattanzi

Domande a cura di: Alessandra Boschini

Falso indaco

Falso indaco

Autore: Federico Anelli, classe ‘88, è di Milano. Cresciuto nel quartiere Niguarda, è un copywriter e nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo: “Stai lontano dai pozzi”.

ThrillerLife: ciao Federico, grazie per aver accettato questa intervista. Siamo veramente felici! La prima domanda che sorge, leggendo “Falso indaco”, è riferita all’ambientazione: come mai hai scelto di ambientare la storia in un posto dove “il cielo ha lo stesso colore dell’asfalto” e che definisci “il buco del culo più umido d’Italia”?

Federico Anelli: Ho sempre subito il fascino del Delta del Po, ci sono stato diverse volte. Lo considero un luogo molto suggestivo e per certi versi avulso dal resto d’Italia. La prima volta che l’ho visitato mi ha immediatamente richiamato alla mente il Mississippi, la Louisiana, le Everglades della Florida, tutti luoghi dai quali sono in qualche modo ossessionato perché hanno formato il mio immaginario attraverso i libri, il cinema e la musica. Ho pensato subito potesse essere l’ambientazione giusta per il romanzo. Anzi, possiamo proprio dire che il romanzo è stato costruito attorno a questo luogo che in qualche modo funge da “protagonista”.

ThrillerLife: Astor Benassi è un ex poliziotto, dilaniato dal dolore per la perdita della moglie e angosciato dai fatti del G8 di Genova; infatti “ogni lenzuolo da piegare al B&B erano due dita chiuse attorno alla gola”.

La moglie Claretta gli appare, sotto forma di allucinazione, quando strofina i cerini ed in particolari condizioni emotive. Ricorda molto il personaggio di Manzini, ti sei ispirato a Schiavone?

Federico Anelli: Non ho mai avuto l’occasione di leggere i romanzi di Manzini né di guardare la serie con Rocco Schiavone quindi non so come il fantasma della moglie venga rappresentato lì né come interagisca col protagonista. In “Falso indaco”, come dici tu, si tratta più che altro di un’allucinazione. Lui parla con un vecchio pacchetto di fiammiferi anzi con l’illustrazione di una cow-girl sopra raffigurata. È qualcosa a metà tra un’illusione a cui cerca di restare aggrappato e il frutto di una sorta di costante delirium tremens dovuto al suo abuso di alcol. Se ci sono delle somiglianze, sinceramente non sono volute.

ThrillerLife: il commissario Mino Fortuna “tono pacato ed elegante col quale si sforzava di mitigare forte accento del sud, senza troppo successo” spicca per il suo vizietto: l’attrazione verso le donne mature. “Amazzoni della sregolatezza, guerriere del vizio” e “gli piace la carne frollata”. Con espressioni del genere, non temi una ripercussione?

Federico Anelli: Onestamente non colgo nulla di problematico. Quelle che citi sono frasi tratte da dialoghi o pensieri dei protagonisti che mi sembrano assolutamente coerenti con la loro psicologia e il loro carattere.

ThrillerLife: Lucinda, la figlia di Astor, è un personaggio di grande rilievo nella storia perché funge da “controllore” del padre: lo tiene d’occhio e lo sostiene nella gestione del B&B.

Quando suona musica country nei locali, si fa chiamare Dolly B. e adora preparare torte perché la rilassa ma, al tempo stesso, “non si possono risolvere gli strascichi di un’adolescenza faticosa solo con uova e farina”.

Hai posto su di lei il tuo amore per il western?

Federico Anelli: Eva è un personaggio a cui tengo molto e che ha sicuramente anche una sorta di ruolo salvifico nei confronti del padre. È l’unica, forse anche per l’età, a non essere ancora stata del tutto “corrotta” dall’esistenza. Suona musica country, quindi di certo rappresenta uno dei legami più diretti con quell’immaginario western di cui parli, anche se credo ci siano altri elementi che contribuiscono ad alimentarlo: dall’indole di alcuni personaggi ai luoghi raccontati.

ThrillerLife: Bialetti, Zeno, Klondike, Nando… personaggi davvero strani, fortemente caratterizzati, quasi macchiette. Ognuno di loro nasconde perversioni, ossessioni e manie. Nella creazione dei personaggi c’è una ricerca oppure ti lasci ispirare dalle persone che ti circondano?

Federico Anelli: Non li definirei delle macchiette, quanto più dei personaggi ferini, selvatici. Sono un po’ quegli animali di provincia che capita di incontrare se si frequentano certi luoghi. Personaggi in cui i “buoni sentimenti” difficilmente trovano spazio, ma che anche per questo trovo interessante e divertente raccontare. All’inizio del romanzo ho proprio inserito una citazione tratta da una raccolta di racconti di Flannery O’Connor che amo molto: “Un brav’uomo è difficile da trovare”. Mi sembra riassuma bene l’umanità presente in “Falso indaco”.

ThrillerLife: la storia d’amore tra Giada e Pietro ha il sapore shakespeariano di Romeo e Giulietta: un amore travagliato e osteggiato da famiglie rivali, acerrime nemiche. Tutto è nato per una ricetta e dalla contesa di un locale. Sembra che le tragedie d’amore non passino mai di moda, è così?

Federico Anelli: Sicuramente gli amori osteggiati sono un tema sempre fertile. Qui in particolare ne ho voluto raccontare uno partendo da un elemento per cui noi italiani siamo più che mai disposti a uccidere: la cucina.

ThrillerLife: hai tre libri del cuore?

Federico Anelli: Difficilissimo sceglierne tre, ma ci provo! “Moby Dick”, “Furore” e “i Racconti di Cheever”.

ThrillerLife: prima di ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato e salutarti, ti chiediamo se vuoi dare qualche consiglio ai lettori di TL.

Federico Anelli: Grazie a voi! Ho letto da poco “Colpo di spugna” di Jim Thompson e mi ha folgorato. Sembra un noir dei fratelli Cohen, ma è del ’64. Scritto tra l’altro dallo sceneggiatore di “Rapina a mano armata” e “Orizzonti di gloria” di Kubrick. Consigliatissimo. E poi, ovviamente, tutti i romanzi di Edward Bunker, probabilmente il mio scrittore noir preferito.

La redazione di Thriller Life ringrazia Federico Anelli per la disponibilità.

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